L’Europa, al risveglio dalla catastrofe umana rappresentata dalla Seconda guerra mondiale, è un continente profondamente lacerato e segnato a livello economico e sociale. Continua però a essergli riconosciuta una certa “vitalità” popolare, una certa voglia di riscatto politico e umano che si manifesta in buona parte del continente e anche nella nostra Italia.
C’è un fermento ideologico che prende la propria linfa vitale dai vari movimenti di liberazione dall’oppressione nazifascista, un fermento che si concretizza in quell’Italia del Sud “governata” da Pietro Badoglio (ma con il pesante controllo del governo d’occupazione imposto e gestito dagli “alleati” angloamericani), che al contrario del Nord del paese, nel quale le forze di resistenza riescono a creare una concreta forma organizzativa come il Cln (Comitato di liberazione nazionale), non ha, inizialmente, la stessa forza di reagire alla caduta della dittatura fascista e di Mussolini. E così le immagini del film di Luigi Comencini Tutti a casa (1960) sembrano sintetizzare molto bene e in modo efficace lo smarrimento dei soldati, e aggiungeremmo noi, del popolo stesso, nell’Italia dopo l’armistizio del 1943.
La situazione italiana
Ma tra il gennaio 1944 e il febbraio dello stesso anno, nell’attesa “internazionale” che si concretizzasse l’idea di Winston Churchill di conquistare Roma prima di instaurare un governo che potesse traghettare l’Italia nella fase immediatamente successiva al conflitto, le forze di liberazione nazionale e i partiti antifascisti cominciarono pian piano a raccogliere un crescente appoggio e molti consensi.
Il Congresso di Bari del 28 e 29 gennaio del 1944, prima assemblea libera dell’Italia e dell’Europa liberata dalle dittature fasciste e naziste, si colloca in questo delicato momento storico. Un evento che ci viene raccontato attraverso gli atti ufficiali in Il congresso di Bari (28/29 gennaio 1944). La prima libera assemblea dell’Italia e dell’Europa liberata, primo numero della collana L’Italia libera (Sapere 2000, 1994, pp. 122, £ 8.000) a cura dei due giornalisti che furono scelti per raccontare l’evento, Ciro Buonanno e Oronzo Valentini, i quali raccolsero il testo stenografico che venne poi approvato dal Comitato provinciale di liberazione di Bari organizzatore dell’evento. Un congresso che ebbe nella forza e nel desiderio di tracciare una nuova strada verso la democrazia dell’Italia liberata la propria ragione di essere. Si cercarono di far confluire verso il capoluogo pugliese tutte le forze di qualsiasi estrazione sociale, culturale e politica, provenienti da tutte le parti del paese. Un sentimento che emerge anche dalle parole del segretario del Comitato organizzatore Michele Cifarelli: «Quale segretario del Comitato provinciale di liberazione di Bari, assolvo con commozione l’incarico di porgere il saluto ai congressisti dell’Italia liberata, ai fratelli che qua rappresentano gli antifascisti dell’esilio e rappresentano gli antifascisti della Italia centrale e settentrionale. Commozione profonda è in tutti noi perché questa è la prima assemblea dell’Italia che risorge, della nostra Patria, che, pure attraverso infinite rovine e lutti e devastazioni e tutta una tragedia senza nome, riappare oggi alla ribalta della storia, riprendendo il cammino luminoso della libertà dalla quale essa non si è lasciata mai sviare».
Un congresso che, grazie alla Giunta esecutiva nominata alla fine dei lavori, avrebbe dovuto riuscire a giocare un ruolo fondamentale nella creazione del primo governo di unità nazionale, ma pressioni internazionali e crisi interne alle varie forze politiche non gli permisero di compiere questo importante passo.
La svolta di Salerno
Della stessa collana (il settimo numero), il libro Togliatti e CLN del Sud. La svolta di Salerno dai verbali della Giunta Esecutiva Permanente (Sapere 2000, 1996, pp. 192, £ 28.000) a cura di Mario Spagnoletti, riesce a dare ancora meglio una visione particolare di alcuni elementi destabilizzanti che incisero profondamente sulla “linea d’esecuzione” che si era delineata nel Congresso di Bari.
Due gli elementi che essenzialmente contraddistinguono questo scritto. Il primo è caratterizzato da un’analisi degli atti congressuali, attraverso i verbali della giunta, per ricreare il momento storico che sfocerà poi con la “Svolta di Salerno” nell’aprile 1944: un’assemblea che decise, sotto la “spinta” sovietica e di conseguenza sotto quella di Togliatti, di provare a ridare consenso e credibilità a Badoglio e alla monarchia con lo scopo di poter creare un governo d’unità nazionale che fosse espressione di tutte le sfaccettature riunite nel Cln.
L’asse della politica italiana del tempo, si spostò da Milano e dal Settentrione d’Italia verso il Sud e precisamente a Roma, escludendo così dai giochi i partigiani ben organizzati e forti al Nord del paese. Una decisione che ebbe una grande rilevanza storica: questa fu presa, appunto, a Salerno che divenne, tra l’altro anche capitale d’Italia per circa sette mesi dello stesso anno.
Il secondo elemento è la ricostruzione, attraverso la trascrizione di documenti originali, della polemica scaturita tra Togliatti, Gaetano Salvemini e Vincenzo Calace, riferita, appunto, alla presa di posizione del primo nei confronti, come detto, della monarchia. Una polemica accesa, che riesce bene a sintetizzare il momento delicato di una delle pagine più difficili della vita politica italiana: Salvemini e Calace credevano in un piano d’azione che andasse diametralmente all’opposto delle decisioni che verranno prese di lì a poco a Salerno. Togliatti al contrario, sosteneva la necessità di formare un governo, sotto la spinta soprattutto di Churchill, con a capo il maresciallo Badoglio, azione peraltro sostenuta anche da personaggi come Benedetto Croce e il conte Carlo [OK]Sforza.
Vincenzo Calace: un protagonista dimenticato
Nel volume Testimone di libertà. Per una biografia di Vincenzo Calace (Prefazione di Mario Spagnoletti, Mezzina, 1994, pp. 506, s. p.) di Felice Pellegrini si ricorda appunto, un personaggio “dimenticato” di quegli anni, “dimenticato” perché troppe volte è stato messo da parte quando si scrive del momento cruciale dell’Italia appena liberata, scordando, appunto, che Calace rappresenta, a tutt’oggi, un esempio di onestà politica ma soprattutto civile e sociale.
Un libro di grande caratura storica: la ricerca delle fonti archivistiche e documentarie è elogiabile per precisione e cura. Pellegrini analizza molti aspetti della vita di questo personaggio, che ebbe la grande onestà intellettuale di dimettersi dalla Giunta esecutiva del Partito d’azione per le taglienti incomprensioni dovute al ruolo di Badoglio nel governo del paese, una prospettiva che Calace combatté fortemente.
Quest’ultimo assunse una posizione che risultò scomoda e che a suo parere poteva destabilizzare il prosieguo dei lavori del partito, perciò scelse di mettersi da parte.
La sua figura viene ben descritta nella Prefazione di Spagnoletti (lo stesso autore del libro che abbiamo presentato precedentemente) con le parole: «La personalità di Calace si erge con tutta la pietrosa fermezza dei propri convincimenti democratici, etici, sociali e repubblicani a rappresentare emblematicamente le scelte di una ragione che non vuole arrendersi all’irrazionalità, di una minoranza orgogliosa che si oppone sino agli estremi limiti ad un’opinione pubblica torpida e vischiosa che si lascia sin troppo rapidamente penetrare dal fascismo».
Il lavoro di Pellegrini così risulta essere un cammino lungo la vita del politico pugliese, soffermandosi sui momenti bui (la prigionia sotto il fascismo ne è l’esempio più evidente) che costituiscono il vero e proprio momento di formazione della forte personalità di Calace: un’individualità che si forma anche nelle esperienze repubblicane dell’adolescenza, in Giustizia e libertà e in quella, successiva, del Partito d’azione, tutte tappe fondamentali che segnano la nascita di un uomo politico troppe volte, purtroppo, ignorato. E allo stesso modo per non ignorare un passato storico non troppo remoto, abbiamo deciso, attraverso questi tre lavori, di dare una “rispolverata” all’immagine della storia d’Italia un po’ sbiadita dal tempo che passa e dal revisionismo storico minacciante degli ultimi anni, per dare lustro a chi ha creduto, prima di tutto col cuore, a un’Italia libera e democratica.
Carmine De Fazio
(direfarescrivere, anno III , n. 16 , giugno 2007) |