Anno XX, n. 226
dicembre 2024
 
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Parlare di eros è ancora un tabù in una società
come la nostra che si vuole definire “moderna”?
Un’opera, pubblicata da Rubbettino, dà una nuova interpretazione
ad un tema antico, sempre combattuto dalla morale e dalla religione
di Sonia Vazzano  
Il silenzio è da sempre calato sull’eros. Osteggiato forse perché mai davvero compreso; fatto proprio da tutta una tradizione di pensiero che gli ha opposto una dimensione differente, quasi a scinderlo all’interno delle sue rappresentazioni più prossime; venduto di fronte alle degenerazioni umane del desiderio di appartenenza dei corpi piuttosto che di quella delle menti. Il problema dell’eros è da sempre al centro della riflessione filosofico-teologica.
La condanna che se ne è fatta, ad esclusione del pensiero della grecità antica, è stata quella di averne per lo più imposto il silenzio; parlare di eros risultava difficile, così come parlare di amore e di sessualità, ad esso profondamente legate. Perché la sua condanna o approvazione finiva per passare proprio da tali rappresentazioni, in una sorta di identificazione dell’uno ora con il primo, ora con la seconda.
L’eros sembra invece mantenere una sua caratterizzazione propria che lo pone di diritto a metà strada tra la riflessione sull’amore e quella sulla sessualità intese anche come confini di una tradizione di pensiero che si caratterizza soprattutto per l’entrata in scena del Cristianesimo.

L’oblio del sé
Sono queste le strade che sembrano intersecarsi di continuo nelle pagine del volume curato da Salvatore Pricoco dal titolo L’Eros difficile. Amore e sessualità nell’antico cristianesimo (Rubbettino, pp. 290, £ 30.000). Sono passati, è vero, un po’ di anni dalla sua pubblicazione; eppure la prepotenza con la quale i temi dell’eros, dell’amore e della sessualità soprattutto, oggi si fanno molto pressanti, ci ha spronato a recuperare tali pagine al fine di utilizzarne le valide suggestioni nell’ottica dei nostri tempi.
Si tratta nello specifico di una raccolta di saggi che attraversano trasversalmente la questione interrogandosi su momenti o personaggi specifici di una tradizione di pensiero che ha messo al centro il tema dell’eros anteponendolo a tutto il resto e riconoscendosi a partire dalle sue specifiche modulazioni.
Nella sua Introduzione il curatore tiene ben saldi i casi di Foucault e Freud nel riconoscimento di una sorta di silenzio calato sull’argomento e nella considerazione della sessualità come fondamento della personalità. Il divieto o la semplice assenza di un discorso circa l’argomento impongono già di per sé la domanda sul perché si tenda a “dimenticarsi” dell’eros quasi che la sua analisi faccia paura. A questo si aggiunge l’importanza che deriva al soggetto umano nell’interrogarsi proprio su una tale questione, intesa come riconoscimento di un proprio sé a partire dalla sua dimensione sessuale e sessuata.
Non di un peccato si parla dunque, anche se spesso un’identificazione di questo tipo è stata prodotta, mentre fa da controaltare nella raccolta dei saggi curati da Pricoco la consapevolezza che una tradizione ascetica e monastica, facente capo al primo cristianesimo, aveva visto fiorire proprio una profonda letteratura sul tema della sessualità.

Tra eros e agape
Si doveva probabilmente riconoscere che il tema dell’eros finiva per mettere insieme tensioni e riflessioni molto più ampie. I temi della castità e della verginità, l’attenzione per il corpo umano e nello specifico per quello della donna, nonché del suo ruolo e valore, cui si legavano il tema della differenza dei sessi e della liceità o meno dell’eros stesso. E ancora il problema del matrimonio e del divorzio in cui veniva a definirsi una gerarchia di valori che quasi sempre aveva come legge morale di riferimento quella facente capo alla Sacra Scrittura. Ecco perché i più preoccupati dalla sessualità risultavano proprio i teologi, che finivano per legarla indissolubilmente alla nozione di peccato.
La religione entrava così prepotentemente non solo nel campo della morale, ma anche in quello dell’antropologia, imponendo divieti e tabù che andavano sempre più nella direzione di un’identificazione forte tra l’ambito della lussuria e quello del potere demoniaco.
I primi due saggi del volume, quello di Francesca Cocchini, Eros in Origene. Note su una dottrina dell’ardore ed Emanuela Prinzivalli, Desiderio di generazione e generazione del desiderio. Metodio di Olimpo e le polemiche sull’Eros fra III e IV secolo, analizzano momenti di una rappresentazione dell’eros che non risulta ancora «difficile». Da un lato questa nozione, nel caso di Origene, si lega alla dimensione della bellezza e a quella dello spirito o meglio dei sensi spirituali, esprimendosi in una manifestazione di tipo antropologico; dall’altro, in Metodio di Olimpo, l’analisi si fa maggiormente profetica. Si tratta dell’entrata in campo dei temi dell’eros e dell’agape che tanta strada faranno nel corso della riflessione filosofica e teologica.

Amor profano e amor celeste
I saggi che seguono esaminano tutti alcune rappresentazioni specifiche sulla difficoltà di dire eros. Giovanni Filoramo, ad esempio, nel suo Il controllo dell’Eros: la nudità rituale, unisce insieme i temi della vergogna, del pudore e del simbolo; mentre Rita Lizzi, nel suo Vergini di Dio-vergini di Vesta. Il sesso negato e la sacralità, contrappone la vergine cristiana alla vestale concentrandosi sul tema della castità; tema che Franca Ela Consolino, in Casti per amor di Dio: la ‘conversione’ dell’Eros, intreccia con gli ambiti del pubblico e del privato collegati alla dimensione della libertà.
Francesco Scorza Barcellona, invece, in Matrimonio, tentazioni e peccati della carne nella “Storia Lausiaca” di Palladio, si concentra su uno degli scritti più rilevanti di propaganda del primo monachesimo, facendo riferimento ad una precisa idea di matrimonio tesa tra vita ascetica e vita monacale. Sulla stessa scia, ma ancora più specifico, è il contributo di Teresa Sardella, dal titolo Eros rifiutato ed Eros proibito. Ascesi dei monaci e celibato dei clerici, incentrato sulla funzione del divieto sessuale nel caso degli ecclesiastici.
Concludono queste pagine Francesca Rizzo Nervo, con “Incidit in amorem filiae suae”. Rappresentazioni del rapporto incestuoso dal mito alla letteratura greca medievale, che scandisce il tema dell’incesto ponendo una differenza sostanziale tra la tradizione greca e quella occidentale, che, contrariamente alla prima, implica un’attenzione di tipo etico a tale problema; e Roberto Osculati, con “Il dolce appostolo Pavolo, vasello d’elezione”. Non una fine migliore per tali pagine era possibile, perché si tratta di un saggio incentrato sulla figura di Santa Caterina da Siena, definito da Pricoco nella sua Introduzione «un ritorno […] dopo i discorsi sull’amor profano, all’amor celeste».
Un ricorso che ci fa sempre ricordare come il tema dell’eros, volenti oppure no, va inteso secondo delle direttrici specifiche che necessariamente finiscono per condizionarlo in un senso o nell’altro o in entrambi: la morale e la religione, sia essa la prima appartenente alla seconda oppure no.

Sonia Vazzano

(direfarescrivere, anno III, n. 15, maggio 2007)
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