Quando la filosofia incontra il cristianesimo. È ormai all’ordine del giorno l’analisi di un tale faccia a faccia. Perfino nel recente dibattito sulle radici cristiane dell’Europa si può avere la prova del grande legame che tiene unite da sempre la riflessione filosofica e quella della fede. Solo che si è trattato per troppo tempo di una lotta impari che ha visto prevalere quasi sempre la prima sulla seconda.
È come se della fede nessuno avesse ormai bisogno; perché sarebbe come abdicare in favore di una certa debolezza che non dovrebbe essere propria di un uomo conquistatore supremo del mondo. Si tratterebbe di un richiamo talmente forte alla razionalità umana da sembrare in grado di ammutolire del tutto il detto del credente.
Eppure non sempre gli approdi risultano questi: così sembra che anche oggi, nonostante tutto, permanga una traccia delle voci di coloro i quali da sempre si battevano per una maggiore riscoperta della verità della fede che nulla aveva ed ha da invidiare a quella filosofica.
Non stiamo per l’ennesima volta piangendoci addosso, perché sembra davvero che accanto a coloro che proclamano la morte di Dio ci sia la possibilità di riscoprirne una presenza forte, indice di tutta una riflessione sull’esistenza, della quale l’uomo sembra farsi sempre più portavoce.
La disillusione e il senso di sconfitta innanzi alla quaestio su Dio
I giorni in cui viviamo ci insegnano la grande attenzione verso tali prospettive; ma questa volta la spinta a riflettere non arriva dal nostro presente più immediato, ma dal “passato”. È la necessità che ci sia ancora qualcosa da dire sulle orme del libro curato da Lorenzo Leuzzi dal titolo Ragione filosofica e fede cristiana nella realtà universitaria romana (Rubbettino, pp. 210, € 10,33). Si tratta di pagine che risalgono al 1995, epoca di un incontro su “Filosofia e Cristianesimo. Dialogo nella realtà universitaria romana”: un invito alla riscoperta della questione su Dio che si esprime al giorno d’oggi soprattutto in riferimento alla cultura cristiana.
Nella Presentazione Leuzzi precisa quanto l’uomo davanti alla domanda religiosa finisca con l’arretrare rimanendo “disilluso” e “sconfitto”; segno, questo, non solo dell’indifferenza religiosa del nostro tempo e di una sorta di disfatta della fede cristiana, «[…] ma della ragione stessa e, quindi, della dignità più profonda dell’uomo». È la riproposizione, sulle orme di Giovanni Paolo II, di un dettame agostiniano ripresentato nel Catechismo della Chiesa Cattolica per il quale «[…] il desiderio di Dio è inscritto nel cuore dell’uomo, perché l’uomo è stato creato da Dio e per Dio; e Dio non cessa di attirare a sé l’uomo, e soltanto in Dio l’uomo troverà la verità e la felicità che cerca senza posa…».
Le pagine curate da Leuzzi – che presentano un breve saggio del cardinale Paul Poupard e un altro di Armando Rigobello – si dividono in due parti che accolgono differenti contributi. La prima si apre nello specifico con l’intervento di Abelardo Lobato dal titolo Radici, possibilità e realtà del dialogo tra filosofia e cristianesimo, in cui viene posta al centro dell’attenzione la figura di Tommaso d’Aquino, esempio di introduzione alla filosofia come preparazione alla teologia, ma soprattutto di una prima riflessione di filosofia cristiana: è il richiamo alla razionalità e alla verità a partire dalla filosofia, ma per giungere al cristianesimo.
Lluís Clavell, con il suo La riflessione filosofica del cristiano, riflette invece sulla personalità del filosofo di fronte al mistero, perché «Ognuno forgia la propria esistenza soprattutto con le scelte di fondo che riguardano il proprio rapporto con Dio. Da questa relazione verso il Primo Principio dipende in grande misura la filosofia che si fa».
Con Dario Antiseri e il suo Contro gli assoluti terrestri, riscopriamo ancora una volta il contributo della riflessione di Popper, ma soprattutto i dettami kantiani che sembrano svelare la possibilità dell’esistenza di filosofie che non neghino la fede. Un’attenzione forte verso la problematicità della riflessione metafisica contemporanea, che finisce col mettere in discussione qualsiasi certezza, è invece opera di Antonio Livi nel suo intervento dal titolo Senso comune, filosofia e cristianesimo: sulle contraddizioni del “razionalismo critico” nella critica della metafisica.
Tra scienza, filosofia e cristianesimo
Al centro delle riflessioni di Marco M. Olivetti, Circa la compatibilità della professione di filosofo con la professione di fede cristiana, sta invece la consapevolezza dell’impossibilità di un’alternativa assoluta, sia sul piano teorico sia su quello pratico, tra filosofia e cristianesimo. A tal proposito sembra risultare chiaro che «[…] la fede del filosofo credente è viva ed egli ne coglie, in quanto filosofo, dal punto di vista del filosofo, il vero significato, ossia l’inesauribile significato di verità».
Sulla specificità del rapporto tra la scienza e la fede si concentrano poi due contributi di questa prima parte del libro: il primo, di Giuseppe Sermonti, dal titolo appunto Fede e Scienza e il secondo, di Angela Ales Bello, Scienze, filosofia e cristianesimo. Sermonti sottolinea innanzitutto la tendenza a far precedere la scienza alla fede, cui si oppone la considerazione secondo cui «Mentre la Scienza è fatta dall’uomo, la Fede fa l’uomo. Ed ecco perché la Fede deve essere considerata prioritaria alla Scienza».
La Ales Bello, invece, sottolinea l’eccessiva frantumazione del sapere che ha portato ad una messa in secondo piano della fede, proponendo una riscoperta della fecondità della riflessione fenomenologica. Quest’ultima potrebbe esprimersi come una sorta di fenomenologia della religione, in cui la filosofia occupa un ruolo preponderante nella mediazione tra scienze particolari all’interno di un codice antropologico ed etico.
L’ultimo contributo di questa prima parte ha per titolo Filosofia, Religione, Cristianesimo: ovvero pensieri inquieti. In esso Francesca Brezzi riassume un po’ il senso di tutte le pagine precedenti. Comprendiamo così innanzitutto, come ripensare la questione su Dio significhi anche farlo in relazione al problema del soggetto e dell’essere cercando «[…] di tradurre nel linguaggio concettuale della filosofia il messaggio religioso dopo Auschwitz». E in secondo luogo che la “tensione-scontro” tra filosofia e religione è la stessa che tiene insieme finito e infinito, uomo e Dio. La soluzione proposta dalla Brezzi è così la seguente: da un lato «[…] una fede come speranza e non possesso»; e dall’altro «[…] una filosofia come ricerca, in un rapporto di cercare e trovare, in uno scambio in cui mai l’uno sostituisce l’altro».
Credere e trasmettere
La seconda parte del libro non si discosta poi molto per intenti dalla prima, ma aggiunge suggestioni nuove al già variegato panorama messo in campo nelle sue prime pagine.
In particolare con Gaspare Mura e il suo Filosofia e cristianesimo nel contesto europeo, ci si interroga, ad esempio, sulla possibile esistenza di una filosofia cristiana che si distingua da ogni forma di fideismo filosofico, ma anche da ogni forma di teologia. È l’occasione per individuare alcuni particolari momenti della filosofia cristiana nel contesto europeo: il confronto con lo scientismo, l’ermeneutica e la filosofia del linguaggio, le filosofie del dialogo e della persona, la filosofia “trascendentale”, l’influsso della fenomenologia, della neoscolastica e di Heidegger.
Non ce ne voglia alcuno se in tal sede sottolineiamo il fascino particolare del contributo di Gianfranco Dalmasso su L’esperienza cristiana e la trasmissione del sapere. Pagine che si contraddistinguono innanzitutto per l’elevata teoreticità e poi per il “disvelamento” di un senso da sempre ricercato e, per i più fortunati, per sempre “trovato” nell’esperienza religiosa: l’umanità di Cristo. Si tratta di un invito, se così potrebbe essere definito, all’esperienza di un cristianesimo inteso come cifra da utilizzare anche nel percorso dell’insegnamento. Il che sembra di certo porre un discrimine tra quello della filosofia e quello del pensiero cristiano, perché «Nell’esperienza cristiana […] io che parlo e insegno sono coinvolto, nella tesi stessa che sostengo, nell’esperienza di una trasformazione». È il riconoscimento del filosofo come cristiano non per via di una concezione del mondo, ma per una «collocazione originaria rispetto alla realtà». Si tratta, in altri termini, del radicamento del «far filosofia» di cui Dalmasso parla all’inizio del suo contributo inteso come «[…] esperienza originaria di non riuscire a dominare completamente la coscienza di me stesso nel rapporto con le cose». Esperienza e trasmissione dunque: una sorta di ricerca della serenità, o meglio della felicità, che può giungere dalla sintesi di cristianesimo e filosofia.
La serenità di queste righe dura tuttavia poco e basta pensare al contributo seguente di Paolo Miccoli per rendersi conto della condizione attuale delle cose. In Problemi, possibilità e responsabilità odierne del pensiero cristiano, da un lato vi è una rivendicazione, all’interno della cultura contemporanea, dell’originalità del pensiero cristiano soprattutto in seno alla storiografia, alla filosofia della storia e all’estetica. E tuttavia si respira pure l’urgenza di una presa di posizione forte del pensiero cristiano stesso, affinché si muova, e presto, in direzione, ad esempio, della ricerca epistemologica e scientifica. Questo al fine di non allontanarsi troppo da quella filosofia che viene utilizzata da sempre come comprensione parziale del mondo.
Trascendenza: sinonimo di pluralismo e categoricità valoriale
La soluzione è forse quella proposta da Carlo Chenis in Camminare insieme verso la sapienza nelle Università e nella Chiesa mediante la scienza, la filosofia, la fede; pagine che volutamente cercano di unificare il “conosci te stesso” socratico nelle vie della filosofia, della scienza e della fede. Questo perché la conoscenza dell’umano passa, secondo l’autore, dalla sapienza del cuore, dalla verità delle cose e dalla rettitudine del cammino. Si tratta cioè di un processo di riconoscimento del percorso contraddittorio e plurale del cristianesimo, intesi però in senso costruttivo. Così: «Occorre riportare la scienza all’uomo, la filosofia al senso comune del reale, la teologia al Popolo di Dio, la fede ai credenti», convinti del fatto che «l’amore e la passione per la verità devono accomunare scienziati, filosofi, teologi», o più semplicemente credenti, appunto.
Su Pluralismo dottrinale e trascendenza, Salvino Biolo invita ad una forma di «tolleranza intelligente» all’interno del cosiddetto pluralismo filosofico e religioso. È la riscoperta dell’interiorità nella consapevolezza, però, del fatto che il nostro pensiero si connota come essenzialmente religioso in quanto «[…] la nostra esperienza resta oscura se non riesce a schiudersi al Trascendente».
Il nostro tempo ci insegna, però, che una trascendenza di questo tipo finisce sempre con l’oscillare continuamente tra due poli. Lo rileva Giuseppina Cardillo Azzaro, in Oriente e Occidente: «Far breve il tempo e lo spazio», nel suo auspicio verso un’unificazione che possa partire proprio dal Cristianesimo nella convinzione della possibilità effettiva di fare dei luoghi e del tempo delle «realtà morali», come le chiama l’autrice.
E su tali realtà, o meglio valori, concludono il libro due riflessioni più che mai attuali per il nostro tempo. La prima di Lorenzo Infantino su Libertà e libertà di scuola è un grido alla riscoperta dell’ignoto senza paura, una denuncia contro lo stato attuale che pretende una libertà politica senza quella economica e non dà la possibilità della libertà dell’educazione. La seconda di Dario Antiseri dal titolo La grande questione della solidarietà. L’economia di mercato è davvero insensibile ai più deboli? è un richiamo a tale valore che proviene tanto da destra quanto da sinistra e che non dovrebbe caratterizzarsi per l’accusa nei confronti del mercato anche e soprattutto sulla lezione di don Luigi Sturzo.
Insomma tanti e diversi contributi, che richiamano però tutti ad un invito verso un tipo di riflessione critica sulla ragione, da sempre e sempre più connotata in senso filosofico, e la fede, di certo maggiore espressione, checché oggigiorno se ne dica, del cristianesimo. Il risultato possibile non sarà, come del resto i grandi Padri della Chiesa già avevano insegnato, l’annullamento dell’una o dell’altra, ma una prolifica unificazione, senso di un’altrettanta positiva pluralità dell’uomo in questo mondo.
Sonia Vazzano
S. V. si occupa di Filosofia, tematica sulla quale ha scritto diversi articoli su varie testate culturali.
(direfarescrivere, anno II, n. 9, novembre 2006) |