Editoriale progetto 2000: far sviluppare
coi libri un grado di coscienza più alto
Che cosa vuol dire essere un editore oggi?
Ne parliamo con Demetrio Guzzardi
Mario Saccomanno
La casa editrice Editoriale progetto 2000 è stata fondata nel 1986 a Cosenza dai coniugi Albamaria Frontino e Demetrio Guzzardi.
Già in passato si è avuto modo di mettere in risalto diversi aspetti di questa realtà. In particolare, nell’articolo apparso sulla presente rivista, l’attenzione è stata riposta principalmente sul sito, sulle numerose iniziative e sul catalogo. Quest’ultimo risulta essere costellato di testi la cui riconoscibilità è espressa in primo luogo dalla cura riservata a qualunque dettaglio che dà forma a un libro.
Del resto, proprio il costante impegno è la cifra stilistica attorno a cui continuano a gravitare le numerose attività che contraddistinguono Editoriale progetto 2000. Così, sia la fitta produzione, sia il lavoro incessante svolto negli ultimi anni ci hanno spinti a tornare ad analizzare le peculiarità di questa casa editrice.
L’importanza dei libri, mezzi capaci di arginare la dimenticanza
Prima di riportare i contenuti della lunga intervista all’editore Guzzardi risulta proficuo riferire qualcosa anche in merito al luogo in cui è avvenuto questo scambio di battute: un palazzo in via Padolisi, nel seducente centro storico della città dei Bruzi. Si tratta della sede di rappresentanza di Editoriale progetto 2000. L’altra, quella legale e operativa, è situata in via degli Stadi, ben al di là del Busento, il fiume che, prima di sfociare nel Crati, taglia Cosenza in due parti.
La scelta del posto in cui svolgere l’intervista è emblematica e, metterne in risalto la fattezza, può aiutare a decifrare l’agire di Guzzardi e, va da sé, le peculiarità di Editoriale progetto 2000. Del resto, come trasparirà facilmente dalla lettura delle risposte date dall’editore, il suo amore per la storia e per i luoghi sono i due tasselli che alimentano da sempre la passione e l’energia che contraddistinguono questa realtà editoriale.
Il luogo è un palazzo storico del Seicento. All’interno vi hanno abitato, tra gli altri, il quadrumviro fascista Michele Bianchi e, all’ultimo piano, Gennaro Cassiani, ministro democristiano, nipote dell’avvocato Ambrogio Arabia, che venne eletto sindaco di Cosenza nel 1913. «Sono cenni storici che devono appartenere a chiunque», afferma Guzzardi, prima di ripromettersi di aggiungere all’ingresso del palazzo una targa in grado di rendere più accessibile la storia di quel posto a qualsiasi passante.
Proprio questa voglia di testimoniare, di mettere continuamente argini ai baratri della memoria è l’elemento che più connatura non solo la sua attività di editore ma, come si sarà notato anche soltanto da quanto riferito poc’anzi, la sua stessa natura. In questo, i libri sono la propaggine del suo modo d’essere.
All’interno del palazzo, gran parte delle stanze della sede sono inondate da pile di testi, giornali, riviste, locandine e mille altre testimonianze che hanno dato forma concreta alla casa editrice. Di conseguenza, attraversarle significa spesso percorrere viottoli ai cui bordi scorre a tutti gli effetti la storia di Editoriale progetto 2000. Se gli ambienti del piano inferiore possono essere considerati una sorta di stiva, salendo, si giunge alla plancia della casa editrice, una stanza accogliente, con un’ampia scrivania posta al centro e le mura, esclusa una finestra, completamente costellate da quel numero enorme di libri pubblicati in più di tre decenni: ottocento.
Per addentrarsi con più criterio in quanto segue occorre porre l’attenzione anche su un altro aspetto: durante il colloquio, proprio a quei testi che dimoravano sulle pareti Guzzardi ha chiesto ininterrotte conferme di tutte le sue articolate osservazioni. Così, nelle numerose risposte si deve pensare a un editore, che nel soffermarsi in dettaglio su ogni singolo aspetto, cerca sempre il sostegno di quei libri da lui stesso pubblicati, che continuamente apre, sfoglia fino a trovare il rigo esatto da mostrare all’interlocutore. Sono tutti gesti che rispecchiano quella fiducia posta nella cultura, considerata tassello imprescindibile, strumento atto a colmare quei molteplici vuoti che ogni vita umana prova costantemente a riempire.
Editoriale progetto 2000 ha raggiunto 37 anni dalla fondazione avvenuta nel 1986 e i libri che compongono il catalogo sono più di ottocento. Inevitabilmente, i campi di interesse della casa editrice sono svariati e un numero così corposo di testi, in cui oggi siamo immersi, rende difficile districarsi senza possedere alcuni appigli. Ecco, in tal senso vorrei che in primo luogo lei mi parlasse della sua realtà editoriale soffermandosi proprio sul catalogo, mettendo soprattutto in risalto la natura delle cinque collane in cui è diviso
Sì, tra l’altro questo è un elemento che, nel corso degli anni, mi ha meravigliato in positivo poiché i cinque grandi raggruppamenti sono rimasti gli stessi che erano sin dal primo momento in cui, con mia moglie, abbiamo dato vita a questa attività editoriale. Io non mi definisco un editore generalista e indubbiamente credo che sia giusto che qualunque produzione editoriale possa essere definita proprio a partire dai vari testi che vengono pubblicati. Per questo mi piace pensare al catalogo come a una sorta di collana di perle. Così, all’interno di una casa editrice devono esserci tanti aspetti, ma qualsiasi elemento deve sottostare a determinati criteri.
Di sicuro, ogni libro dato alle stampe nel corso degli anni da Editoriale progetto 2000 ha sempre risposto a specifiche esigenze. Non abbiamo mai pubblicato nemmeno un testo su argomenti di cui non ne conoscevamo la natura. Qualsiasi libro che si vede qui intorno è inquadrato nelle nostre collane, che sono cinque e che, a loro volta, presentano dei sottotitoli. Anche questi ultimi non sono variati nel corso del tempo.
I nomi delle collane sono Ecclesia, Percorsi Letterari, Tra le Pagine della Storia, Orizzonti e Sguardi. Quella che fa da battistrada, su cui vorrei concentrarmi, poiché indica in maniera più compiuta il lavoro che facciamo, è Ecclesia, la chiesa, o, per dirla meglio, le chiese, poiché Editoriale progetto 2000 non pubblica solo libri di argomenti di teologia cattolica.
Dunque, Ecclesia è in primo luogo il discorso intorno alle chiese, alla comunità dei credenti e, proprio a partire da questa collana, sono nati, per esempio, tutti quei libri sul magistero che arricchiscono il catalogo. In dettaglio, si tratta di atti dei convegni, di lettere dei papi, di encicliche, ecc. Inoltre, la collana Ecclesia rimanda anche a tutti i dizionari in cui, annualmente, abbiamo raccolto i documenti dei vescovi e, ancora, è il luogo in cui rientra pure quel numero corposo di volumi su S. Francesco di Paola che Editoriale progetto 2000 ha realizzato nel tempo.
Inoltre, aggiungo che in questa collana figurano i libri di uno degli autori più importanti che ho pubblicato, a cui sono particolarmente legato, Padre Maffeo Pretto, sacerdote scalabriniano, che mi ha introdotto proprio, non solo a me personalmente, ma anche alla mia casa editrice, in questo grande mondo che è la pietà popolare.
Da questo punto di vista, molteplici testi del catalogo mostrano con forza come la pietà popolare sia anche e forse soprattutto un qualcosa di ben diverso rispetto al folclore religioso e di come questo sentimento si rispecchi ampiamente in determinate figure valoriali. Può soffermarsi su questi aspetti?
Diciamo che la pietà popolare non è soltanto il folclore religioso, ma è il modo attraverso cui i cristiani amano il Signore, la Vergine Maria e i santi. Si tratta a tutti gli effetti di una grande branca della teologia. Di questo ramo specifico Editoriale progetto 2000 si è occupata a lungo e ha pubblicato un numero consistente di opere nel corso del tempo.
Infatti, proprio nella collana di cui stavamo discutendo poc’anzi, rientrano anche numerosi testi sui santi, calabresi e non solo. Credo che anche da un elemento come questo possa già emergere il ruolo principale che la mia casa editrice ha ricoperto sin dalla fondazione che è quello di far prendere coscienza al movimento intellettuale della chiesa, a partire da quello calabrese.
Del resto, proprio questo territorio è costellato da un grande patrimonio di santi, di quelle figure valoriali che reputo sia opportuno mostrare e far conoscere. Per esempio, è inevitabile che negli anni sia venuta fuori in modo sempre più definito la grande figura di S. Francesco di Paola. Eppure, è facile notare come i libri pubblicati da Editoriale progetto 2000 non si soffermino solo sull’eremita o sul monaco che fa i miracoli, ma anche su altri aspetti che lo rendono l’emblema di quella santità vicina agli ultimi, al popolo.
Nel catalogo si legge che anche la possibilità di promuovere «nuovi autori, formando una squadra, dove si incontrano le diverse appartenenze e culture, per conoscere e comprendere le multiformi realtà del mondo in cui tutti abitiamo». Può spiegarmi in concreto come può avvenire questo articolato processo di comprensione del mondo?
Il mio lavoro è rivolto in primo luogo, in modo territoriale, alla Calabria e alle altre zone dell’Italia meridionale. Analizzando questo specifico territorio si nota come non ci sia stata nel corso del tempo una stampa capace di far conoscere le figure più importanti. Vorrei fare un esempio: Paolo Antonio Foscarini. Di questo monaco carmelitano, che è entrato nel dibattito sul problema della cosmologia moderna non se ne è mai sentito parlare. Eppure, alcune pagine sono citate e riprodotte persino da Galileo Galilei.
È bastato che Luciano Romeo, con testi quali Per un nuovo dialogo tra scienza e fede alla luce del pensiero di Paolo Antonio Foscarini riprendesse questo discorso per far sì che si verificasse l’esplosione, per dirla così, del fenomeno Foscarini che ha portato diverse persone e studiosi ad approfondirne la figura. Si potrebbero fare molti altri esempi, come Niccolò Salerno o Marcello Cornelio, tante figure della storia mondiale che sono nate in quel territorio verso cui guardo con attenzione e che non hanno avuto una grande visibilità nel corso del tempo.
È la stessa cosa che è avvenuta per la santità in Calabria. Solo negli ultimi anni è rinato quello che si potrebbe definire il cantiere della santità. Per molto tempo non c’è stata alcuna ricerca e l’unica personalità di spicco era S. Francesco di Paola, in parte offuscata anche dall’omonimia con S. Francesco d’Assisi.
Per questo motivo, una casa editrice credo che debba aiutare a prendere consapevolezza, a sviluppare un grado di coscienza più alto. È proprio questo il processo di comprensione del mondo. Così è necessario che si parli continuamente di bellezza, di persone o di idee. Foscarini, per tornare sullo stesso autore citato poco fa, è in primo luogo un uomo di idee, che ha portato la sua visione in Calabria, ma proprio quel suo sguardo non era esclusività della Calabria, ma, al contrario, era saldamente legato al dibattito mondiale sulla cosmologia.
Mi sembra che sia anche l’unico modo attraverso cui ogni particolarità possa essere immessa in uno sguardo universale. Del resto è questo aspetto che più di qualunque altro connatura Editoriale progetto 2000, vero?
Certo. Le nostre storie sono sicuramente diverse, ma queste differenze devono essere propaggini interessanti da far conoscere a chiunque, poiché ognuno porta con sé la propria specificità. Così, nel campo dell’editoria calabrese credo che la mia presenza, il mio modo di fare, abbia portato all’interno della comunità degli intellettuali del territorio, questo spicchio di mondo, il mondo ecclesiale, religioso, cattolico tout court che in pochi conoscevano.
Allora, aver immesso nel mercato figure valoriali, principalmente di santità, ma non solo, significa aver dato la possibilità di comprendere che queste persone non sono state accidenti della storia. S. Francesco, per esempio, è quel grande riformatore cattolico del XV secolo proprio perché era calabrese, perché la Calabria di quel periodo viveva quel respiro a due polmoni tra mondo occidentale e mondo orientale. S. Francesco unifica questi due mondi e poi, in un secondo momento, li separa, diventando sempre di più un santo e un riformatore cattolico, tant’è che quando va in Francia la sua tomba viene assaltata dagli Ugonotti proprio perché aveva portato all’interno del dibattitto sul riformismo e sulla Riforma cattolica delle verità sostanziali, la sua Regola.
A questo punto vorrei che si soffermasse su quel “battesimo di fuoco”, come ha avuto modo di definirlo, cioè sulla presentazione del primo libro della casa editrice, avvenuta al teatro Rendano l’8 dicembre – non a caso una data mariana – del 1986. Il testo era Calabritudine del giornalista Rai Pino Nano.
Inoltre, vorrei facesse cenno al marchio stesso di Editoriale progetto 2000, il disegno del Vivarium di Flavio Magno Aurelio Cassiodoro, politico, nato a Squillace nel 485, che agì a favore della tolleranza religiosa tra Goti e Romani.
Oggigiorno, il racconto nell’editoria è un refrain che si sente spesso. Calabritudine. Fatti, personaggi, utopie e commenti visti da vicino da un cronista di provincia era proprio il racconto di persone viventi, ma che, al contempo, potevano essere esempi significativi di una Calabria diversa, in grado di cambiare. In merito a questo primo libro, ma il discorso potrebbe essere allargato a tutti i primi testi pubblicati, io ripeto spesso che non so il motivo che ha fatto sì che siano state queste le pubblicazioni che hanno cominciato a far conoscere la mia realtà editoriale. Sta di fatto che oltre a Calabritudine, tra i primi libri figurano Matrimonio e magistero da Pio XI a Giovanni Paolo II di Francesco Pala e La solitudine feconda: Cesare Pavese al confino di Brancaleone (1935-1936) dell’attuale vaticanista della Rai Enzo Romeo. A guardar bene già questi testi riassumono bene la visione della casa editrice, che, nel corso del tempo, come affermato in precedenza, è rimasta immutata.
Invece, in merito al marchio di Editoriale progetto 2000, posso dire che sintetizza pienamente quanto sin da subito abbiamo voluto fare. Di sicuro, la figura di Cassiodoro mi ha colpito già quando ho avuto modo di studiarlo a fondo all’università. La sua idea era quella di mettere insieme la nuova forza militare dei Goti alla cultura classica dei Romani e quando si verifica la sua sconfitta politica alla corte di Ravenna torna in Calabria, a Copanello e fonda il Vivarium, un luogo che anticipa sotto alcuni aspetti l’ora et labora di Benedetto da Norcia.
L’utilizzo di questo marchio mi permette di sottolineare come non ci siano separazioni nette nella mia visione. Ogni diversità non è mai una conflittualità poiché io credo fortemente che la bellezza sia un attributo di Dio e che tutti quanti la posseggano. Non c’è un solo cattolico o un solo ateo che presentano due tipi di bellezza differenti. Soprattutto, credo che laddove c’è il desiderio della conoscenza e dell’amore è sicuramente presente una scintilla divina e, da qui, la mia casa editrice mette sullo stesso piano il mondo religioso e il mondo che vuole studiare e ricercare la verità.
C’è da aggiungere che, proprio per ricalcare il tema della bellezza, il grafismo fatto da Cassiodoro è anche molto affascinante. Eppure, l’elemento cardine è questo suo sforzo di unire i due mondi. Così, la mia casa editrice, prettamente cattolica, ha sempre avuto uno sguardo anche sulle altre fedi religiose. Io mi sono avvicinato a grandi esperienze di umanità che ritenevo giusto approfondire pure con Editoriale progetto 2000.
La scelta del marchio e la figura di Cassiodoro è legata pure alla costituzione dell’Istituto Universitas Vivariensis che ha lo scopo di divulgare proprio il patrimonio culturale e ambientale?
Sì, Cassiodoro è diventato negli anni seguenti alla fondazione della casa editrice una figura che ci ha affascinato sempre più al punto che, con diversi scrittori e amici aventi questo desiderio di conoscenza e divulgazione, abbiamo deciso di dar vita all’Universitas Vivariensis, un istituto culturale. Io, da responsabile, insieme a tutte le altre persone che lo formano, organizzo diversi festival, incontri, manifestazioni. Sin dal nome emerge sempre quel tema dell’universalità a cui, come nel caso di Editoriale progetto 2000, anche in questo caso, ogni incontro, ogni tema sviluppato mira. È chiaro che poi all’interno c’è sempre il bisogno di guardare pure al territorio in cui si svolgono molteplici attività. Da qui sono nati, per esempio, il Premio Cassiodoro, la Settimana della cultura calabrese e un canale YouTube in cui è possibile rivedere gli incontri.
Editoriale progetto 2000 è una casa editrice presente in diversi eventi. Per esempio, io, da spettatore, ho preso parte di recente proprio al Festival del libro e delle culture che si è svolto a Rende e che l’ha visto protagonista, in veste da editore. In quel contesto ha raccontato la sua realtà editoriale e ha posto l’attenzione su uno degli ultimi testi pubblicati su cui, in seguito, vorrei che si soffermasse. A me ha colpito molto, tra i diversi aspetti, anche l’amore che traspariva dalle sue parole nei riguardi dell’oggetto libro, non solo dei contenuti che formano ogni singola pubblicazione. Da questo punto di vista, sia in generale, sia in riferimento ai testi pubblicati da Editoriale progetto 2000, si sente di affermare che i libri sono l’ultimo baluardo contro le barbarie della contemporaneità?
Ho letto in questi ultimi giorni un articolo molto interessante di Giuliano Vigini, uno dei massimi storici dell’editoria italiana, fondatore di Editrice bibliografica e di tante altre numerose iniziative, in cui richiama gli editori cattolici che parlano di una grande crisi del mondo del libro. Nel farlo, invita ad andare alla ricerca del lettore che non c’è. Io affermo che il lettore che non c’è occorre cercarlo tutti insieme. È indubbio che a scovarlo non può essere soltanto l’editore bravo che agisce in completa autonomia; si tratta di una sinergia da realizzare in cui i protagonisti sono svariati soggetti.
Una volta un pescatore a Cariati, il paese in cui sono nato, mi disse che quando il mare è pescoso, tutti mangiano pesce. Dunque, se intorno a noi c’è una società che vuole leggere, che vuole conoscere, che ama non tanto il libro, ma il sapere in generale, è chiaro che sarà semplice trovare testi da pubblicare e lettori, biblioteche e librerie da aprire. La drammaticità del tema è il fatto che il lettore forte, che mantiene la catena libraria, è identico al passato. Il vero problema è che negli ultimi tempi si incontrano un numero spropositato di libri accanto allo stesso numero di lettori forti, che non sono affatto aumentati, almeno non nella stessa proporzione con cui si pubblicano i testi.
Di chi sono le colpe di questo dislivello che si è formato e che cosa si può fare?
Di sicuro, in primo luogo occorre ribadire con forza che il libro merita di essere rivalutato. Da questo punto di vista mi permetto di dire che è la politica che nell’ultimo lasso di tempo non ha capito l’importanza di agire per i libri. Questo perché, in tutte le arti, in tutti i mondi della comunicazione, quello che aiuta di più la diffusione e la conoscenza è sicuramente il libro. Per esempio, in un film è il regista a scegliere per me, dalle inquadrature a ogni altro singolo aspetto, ma, nel momento in cui mi trovo a leggere, sono io ad animare con mille dettagli i personaggi che immagino. In questo, c’è uno sviluppo mentale della persona che è impegnata nella lettura che risulta essere fondamentale. Poi, il libro crea comunità; le persone che hanno letto gli stessi testi hanno delle sensazioni similari.
Per quanto riguarda le azioni da compiere posso dire che l’obiettivo è quello di far capire cosa si possa trovare in un determinato libro, farlo comprendere a quel lettore che non c’è. Solo in questo modo credo che si possano creare altri lettori forti. Di sicuro, questi ultimi ormai sono consolidati e non dobbiamo dirgli niente di particolare: chi è già lettore forte cerca qualsiasi titolo e porta a termine le sue ricerche in autonomia, anche qualora dovessero essere ostiche. Invece, dobbiamo necessariamente mirare a chi è vago e chi non si interessa. È a lui che occorre dare la possibilità di cogliere la bellezza di un libro. È chiaro che per farlo c’è bisogno di produrre testi di qualità, che siano curati in dettaglio.
Mi riallaccio proprio a queste sue ultime affermazioni e le chiedo di indicare alcuni dei testi pubblicati da Editoriale progetto 2000 ai quali si sente più legato e che magari possono essere proprio il primo passo da compiere per un lettore che vuole addentrarsi nella produzione della sua realtà editoriale
Io amo dire che i miei libri sono come figli e, per questo, li amo tutti di un amore infinito. Ancora oggi mi emoziono nel vedere un prodotto finito dopo averlo seguito passo passo in tutta la procedura che ha portato alla stampa e, da lì, alla distribuzione. Fatta questa premessa, è comunque vero che, tra gli ottocento testi pubblicati, ce ne sono alcuni che, in qualche modo, hanno segnato una crescita umana ed editoriale sotto molteplici punti di vista.
Tra questi figura il testo di cui ho venduto più copie, si chiama Gente di Calabria, scritto da un giornalista, Antonio Delfino, che non è più tra noi. È un libro che amo a dismisura perché, con una scrittura raffinata, racconta il mondo della Locride, che, tra i tanti mondi della Calabria, è davvero molto particolare.
Un altro libro a cui sono molto legato, che ha dato lustro alla mia casa editrice a livello nazionale è Oga Magoga, un testo di Giuseppe Occhiato. Questo romanzo dall’ampia mole è stato pubblicato in tre volumi e ha visto, nel corso tempo, ristampe anche di altri editori. Diversi giornali continuano a dare ampio spazio a questa pubblicazione. A me piace sempre ricordare la lettera che mi scrisse Occhiato in cui mi riferì che soltanto un editore come me avrebbe potuto capire quel libro. Effettivamente, credo che in pochi avrebbero pubblicato un testo così corposo. Eppure, mi sono convinto di procedere in tal senso non appena proprio l’autore un giorno mi disse: «Io ho scritto questo libro per il gusto di scrivere e cerco lettori che mi leggano per il gusto di leggere». Questa affermazione mi ha sempre colpito e mi ha spinto a pubblicare un libro così denso senza esitare in nessun momento.
È chiaro che Oga Magoga potrà leggerlo soltanto un lettore forte, però è una testimonianza palese di come proprio un lettore forte, nell’imbattersi in un libro importante, lo legge. La scrittura di Occhiato, molto simile a quella di Camilleri sotto diversi aspetti, è fatta di una lingua viva, pregnante. In merito, soffermandomi su Carasace. Il giorno che della carne cristiana si fece tonnina, l’altro testo pubblicato dalla casa editrice, che racconta delle bombe americane a Mileto, gli chiesi dell’utilizzo del dialetto nelle pagine del testo. Mi fece notare, prendendo come esempio un padre contadino che sta assistendo alla morte del proprio figlio di due anni a causa di una bomba, una delle figure che popolano il suo scritto, che la sua reazione avrebbe dovuto essere necessariamente quella, per forza di cose legata alla lingua che conosceva quel padre contadino.
È da qui che si può intendere la comunione affettiva con chi racconta una vicenda. In fin dei conti, anche Don Milani ha fatto questo, ha voluto smuovere la stanchezza di una lingua, dicendoci che un contadino conosce solo trecento parole. Occhiato, utilizzando le parole dei contadini, ha scritto un grande romanzo. È questo che io cerco: io voglio raccontare questa Calabria e prendo per mano i miei autori e voglio fare insieme a loro un percorso. Molte volte un libro è spropositato, è striminzito e il mio compito è aiutare le persone a realizzare un ottimo testo.
Da questo punto di vista, vorrei che si soffermasse ancora sui modi attraverso cui risulta possibile far conciliare l’aspetto particolare a quello universale. In altri termini, com’è possibile tenere insieme le vicende ristrette, legate a un determinato territorio, che è tipico di gran parte dei testi della sua produzione da editore, a un respiro più ampio, universale?
La prima cosa è fare dei buoni libri. Questo è il discrimine. Realizzare un testo di qualità significa che quel prodotto verrà letto dappertutto. Poi, per capire come superare facilmente questo aspetto, si può pensare a I promessi sposi. In quel celebre testo Manzoni ha parlato specificatamente di quel ramo del lago di Como, eppure, il suo romanzo lo leggono ovunque ancora oggi.
Nei libri pubblicati da Editoriale progetto 2000 c’è la capacità di raccontare il mondo a partire da un determinato territorio. In Oga Magoga Occhiato non ha raccontato la Calabria, ma si è soffermato sul suo piccolo paese, Mileto. Eppure, lo ha narrato con una pienezza tale, al punto che il suo testo è rivolto a chiunque, non solo ai calabresi o ai soli abitanti del luogo in cui prendono corpo le vicende.
In tal senso, quando parliamo di Gioacchino da Fiore ci troviamo dinanzi a un personaggio locale o universale? Così come nel parlare di Don Carlo De Cardona: le sue leghe del lavoro si rivolsero solo a Cosenza o a chiunque? Sta proprio nella mancanza di proiettare il particolare in una dimensione più ampia, universale, una delle problematiche più stringenti di questa terra.
Queste azioni le ha compiute in un mondo, quello editoriale, che nel corso dell’ultimo periodo ha subito diversi cambiamenti. In tal senso, quali sono le sfide più grandi che ha dovuto affrontare?
È vero, io ho visto questo mondo che stava mutando giorno dopo giorno, fino all’arrivo del digitale e a tutti quei cambiamenti che si notano con molta più semplicità oggigiorno. Sin dal primo momento in cui ho assistito alla dimostrazione di cosa significasse lavorare in digitale, con una macchina che in poco tempo riusciva a creare un libro finito, ho capito che si trattava di uno strumento rivoluzionario rispetto ai metodi usati fino a quel momento.
Infatti, così è stato, perché effettivamente ha cambiato molte cose, non solo in positivo. Di sicuro, a guardar bene, ha dato la possibilità di diventare editore anche a chi magari non presenta una struttura editoriale mentale. Inoltre, ha accentuato le pubblicazioni indipendenti.
Da parte mia posso dire che non sto mai sulla difensiva e ho sempre accettato di buon grado questi cambiamenti, queste sfide. Eppure, credo che oggigiorno sia facilmente riscontrabile come la grande quantità di testi che si immettono costantemente sul mercato, che non sono sorretti da quei lunghi processi che portavano alla creazione di un libro, fatti inevitabilmente di costante attenzione, abbia portato con sé anche un carico di sufficienza che spesso fa perdere molta qualità nei risultati.
Visto quanto ha affermato, che tipo di consiglio si sente di dare a uno scrittore?
In primo luogo, mi sento in dovere di dire che ci si può affidare alle agenzie letterarie, come Bottega editoriale, che perfezionano un testo. Di conseguenza, facendolo, in casa editrice arriva un libro già definito. Poi, un altro elemento importante è quello che occorrerebbe togliersi dalla testa l’idea che nell’editoria ogni cosa debba essere gratuita. Così come per qualsiasi altro tipo di attività, anche in questo mondo, per raggiungere i livelli più alti, per primeggiare, c’è bisogno di un lungo apprendistato, spesso costoso. Solo attraverso questi sforzi necessari si possono raggiungere risultati eccellenti anche in ambito editoriale.
È proprio per questo che ogni persona che si è affidata a me nel corso del tempo ha intrapreso un percorso, un’esperienza che l’ha resa cosciente rispetto a cosa significa pubblicare un libro. Del resto, una cosa è la scrittura, una cosa è scrivere libri, soprattutto libri interessanti, che possono essere apprezzati dai lettori.
Detto ciò, come in ogni altro contesto, i modi per fare le cose sono molteplici e non si tratta affatto di polemizzare con chi sceglie altre strade per raggiungere determinati risultati rispetto a quella che prediligo. Dal mio punto di vista posso dire che sento il bisogno di costruire un prodotto che rispetti determinate caratteristiche, che garantisca una cura massima sotto ogni punto di vista e, per farlo, ho bisogno di percorrere un lungo tragitto con l’autore. Volendo dare un piccolo esempio in merito, potrei far cenno all’aspetto grafico dei libri poetici che abbiamo pubblicato nel corso degli anni. È un elemento che si è sempre legato in modo imprescindibile ai versi contenuti nelle raccolte. Di sicuro, per riuscirci nel migliore dei modi, occorre sempre tenere in forte considerazione che ogni pubblicazione ha una costruzione a se stante.
Inoltre, va considerato che qualsiasi testo deve avere una struttura capace di dare già un’idea del contenuto. In merito posso soffermarmi sulla silloge La settima giara. Itinerario spirituale in versi del prete Pasquale Brizzi. Infatti, sfogliando il libro si nota come le poesie risultino essere accompagnate da un numero consistente di immagini che rispecchiano alcuni versi delle singole composizioni. Sono foto scattate da mia figlia, dallo stesso autore o che ho trovato io stesso, con accurate ricerche. È chiaro che agire in modo siffatto significa intraprendere un percorso, entrare nel mondo dell’autore e lavorare accuratamente su ogni singolo aspetto in modo tale da soddisfare sia chi ha scritto il testo, sia il futuro lettore.
Eppure, nonostante questi sforzi, i prezzi dei libri che vengono pubblicati da Editoriale progetto 2000 sono sempre contenuti. Come riesce a far conciliare questo bisogno di professionalità e di riconoscibilità, che sottende questo enorme sforzo e questa attenzione per ogni particolare, con il profitto?
Un libro è l’insieme di tante operazioni e ogni opera ha una sua storia. Non ci sono due testi identici e non c’è una ricetta precostituita. Di sicuro c’è chi vuole fare un’editoria pensata e chi meno. Io mi sforzo ancora di fare in modo che la mia casa editrice possa rientrare nella prima categoria. Del resto, con mia moglie, con cui abbiamo diviso sin dai primi momenti la creazione di questa realtà editoriale, ci siamo resi conto che il nostro modo di fare editoria è un racconto soggettivo che si nutre di una continua ricerca dell’attenzione nei riguardi di ogni singolo dettaglio per tutti i testi che pubblichiamo ogni anno.
Di sicuro, mi sento di dire che per noi un libro non può essere mai un prodotto superficiale. La nostra necessità è quella di offrire ai lettori un prodotto fatto bene, curato. Mi preme ribadire che questo nostro modo di fare editoria si basa sull’essere al servizio non solo dell’autore del testo, ma anche del lettore
Quali sono i prossimi eventi che vedranno protagonista la casa editrice?
Ci saranno diversi appuntamenti. Per esempio, uno tra i prossimi eventi, di cui sono particolarmente felice, sarà la presentazione di un testo teatrale nato dal libro Con la gente di Ferramonti. Mille giorni di una giovane ebrea in un campo di concentramento di Nina Weksler. Tra l’altro, questa grande scrittrice, prima di morire, mi ha donato un altro suo libro che pubblicherò tra non molto, durante quest’anno, che è il centesimo dalla sua nascita. Senza alcun dubbio, è bello notare come da una pubblicazione di Editoriale progetto 2000 ne stia per nascere una rappresentazione teatrale.
A questo punto vorrei soffermarmi anche sul libro 1943. Cosenza bombardata. …e la morte arrivò dal cielo di Roberta Fortino, un testo di recente pubblicazione. Io ho avuto modo di assistere alla prima presentazione e in quel contesto è trapelato il forte bisogno di pubblicare un libro per la città, per i cittadini, oltre che per il dovere di cercare il vero. Si tratta di quegli aspetti principali che credo l’abbiano spinta a pubblicare questo libro con Editoriale progetto 2000. È così?
Sì, il libro è proprio la testimonianza di cosa vuol dire compiere quel viaggio di cui parlavo in precedenza. Per scrivere i contenuti c’è stato il bisogno di districarsi tra le diverse opinioni riguardanti i bombardamenti che coinvolsero la città di Cosenza nel 1943.
Ho incontrato la professoressa Fortino, che ha collaborato molte volte con me realizzando diversi disegni che sono stati usati per le pubblicazioni di Editoriale progetto 2000, e mi ha raccontato l’episodio dell’ordigno inesploso che aveva trovato da piccola nei pressi della sua abitazione, il ricordo che si legge in apertura dell’opera. Abbiamo discusso della possibilità di costruire questo libro e lei se ne è occupata alla sua maniera, essendo anche una giornalista. Così, gradualmente, è nato il testo.
Ogni pubblicazione ha una sua logica e in questo caso si è trattato proprio di aiutare i cosentini a capire quei 150 giorni in cui si sono verificati i bombardamenti a Cosenza. Soprattutto, dare la possibilità a chiunque di comprendere, osservando gli eventi da diverse angolature. Ecco perché nel testo è presente anche un’Appendice antologica. Per realizzare i contenuti siamo andati di persona a trovare quanto fosse davvero disponibile, in modo da dare delle indicazioni. Così, l’importanza di un libro può essere anche e soprattutto quella di fare chiarezza.
Da questo punto di vista, in conclusione, si può dire che ogni libro ha anche e soprattutto l’obiettivo di colmare dei vuoti, delle lacune?
In merito al testo di cui stavamo parlando, la nostra intenzione è stata proprio questa, perché mi sono reso conto che la memoria di quegli eventi non era più così marcata o comunque stava scomparendo. Soprattutto, ho percepito l’urgenza di fare chiarezza. Del resto, io credo che i libri abbiano anche questa forza, che è quella di fare il punto. Capire gli eventi, raccontarli e contestualizzarli è un nostro bisogno poiché aiuta a comprendere che ogni cosa non è mai successa per caso. Di conseguenza, occorre mettere in risalto la storia, le bellezze di un luogo e sapere costruire a partire dalle diversità che ogni individuo presenta.