Difficile ma affascinante il lavoro svelato da la Bottega editoriale
di Francesco Mattia Arcuri
Si è appena conclusa anche la VI edizione della “Scuola di Redattore di casa editrice”, organizzata da la Bottega editoriale e svoltasi tra Cosenza e Rende dal 4 ottobre 2010 al 31 gennaio 2011, per un totale di 84 ore di corso. La gestione non è stata certo semplice, ma il direttore del corso, Fulvio Mazza, coadiuvato dal suo staff, è riuscito a portare avanti il difficile compito di affrontare due volte a settimana il pubblico dei corsisti. La “sfida” è derivata dalle caratteristiche stesse del corso, che da una parte ha promesso ciò che l’attuale crisi dell’editoria sembrerebbe scoraggiare e dall’altra ha raccolto una passione lavorativa ben presente sul territorio.
Il desiderio di lavorare è indubbiamente vivo nei giovani calabresi e non potrebbe essere altrimenti: ragazzi laureati, preparati e specializzati che incontrano molti ostacoli al loro inserimento nel mondo del lavoro e non si lasciano sfuggire nessuna occasione per superare una ormai abituale situazione di stallo. Nonostante gli entusiasmi iniziali, però, sarebbe stato molto probabile che si perdesse ogni stimolo se non si avesse avuto chiaro l’obiettivo finale da raggiungere.
Inizialmente la maggior parte dei corsisti non era in grado di definire con esattezza che percorso stesse intraprendendo e dove questo avrebbe portato, lasciando ampio spazio al rischio di dispersione, termine con cui oggi le “persone di un certo livello” indicano la disaffezione allo studio. Questa probabile debolezza è stata invece trasformata nel punto di forza dal bando del corso, che apre con queste parole: «Redattori si diventa: ma chi è il Redattore?». Vi è stata, insomma, fin dall’inizio la capacità di capire la reale situazione di partenza dei corsisti e quindi di definire l’obiettivo finale, cioè diventare dei validi membri di una casa editrice. Questa chiarezza, che ha tenuto sempre viva la tensione di tutti i partecipanti, è stata alimentata, durante le lezioni, dalle attività teoriche e pratiche.
Il piacere della qualità e dell’onestà intellettuale
Le prime informazioni trasmesse ai corsisti sono state quelle relative all’organigramma tipo di una casa editrice; superata questa fase iniziale si è passati alle attività svolte in essa. Il primo confronto è stato quello con la figura dell’editor, causa di grandi interrogativi esistenziali, fra i quali il principale è: «Ma forse l’uomo ha bisogno di farsi del male per gustare meglio i suoi momenti di serenità?».
Se diamo un altro sguardo al bando, infatti, possiamo leggere queste parole: «Il Redattore interviene sul testo prima che vada in stampa per controllare il rispetto delle norme ortoredazionali (si scrive “Mulino” oppure “Il Mulino” oppure “il Mulino”? “Papa” o “papa”? “San Francesco” o “S. Francesco”? “ONU” oppure “O.N.U.” o ancora “Onu”?)». Ora, prima di dare l’impressione che sia semplice chiamarsene fuori, è opportuno sottolineare che le virgolette alte che racchiudono «O.N.U.» sono un’aggiunta di chi scrive, appena reduce egli stesso da questa esperienza. Due mesi fa questa enorme svista – e qui mi preparo a difendermi dalla censura della redazione de la Bottega editoriale – non sarebbe mai balzata ai miei occhi in tutta la sua gravità. Ma ancor più importante, non avrei sentito il bisogno di dichiarare il mio intervento per evitare di rendere quasi falso il testo citato.
Insomma, se solo leggendo il bando qualcuno poteva porsi alcuni dubbi sulla tipologia delle questioni trattate, si guardi come si riesce a diventare parte integrante di questa “follia” alla fine dei 28 incontri programmati. Addentrandosi nelle problematiche comunemente riscontrabili in un testo da revisionare, i corsisti hanno cominciato a domandarsi che bisogno c’era di avere nella lingua italiana due tipi di accento, acuto o grave, e i diversi tipi di virgolette, alte, basse, singole o doppie. Ancora, potremmo parlare delle discussioni sull’uso di maiuscole e minuscole, ma la verità è che, nonostante le facili accuse di esagerata pignoleria, è evidente in tutti un sottile piacere nel cimentarsi in simili dettagli e nell’intervenire conseguentemente sui testi. Semplice uso smodato dello status di semidivinità redazionale in grado di avere l’ultima parola su tutto? Beh, questo non è da escludere, pur tuttavia dietro la forma, c’è una sostanza: la convinzione che sia giusto e dovuto realizzare un prodotto, il libro, qualitativamente alto e con un’indiscussa valenza culturale.
Si tratta di una convinzione riconducibile a una riconosciuta necessità di onestà intellettuale, che a volte ha condotto lo svolgimento del corso a deviare dalla tematica principale – la casa editrice – per sfociare nel giornalismo. Si è infatti affrontata una questione spesso sottovalutata, quale l’etica giornalistica e il funzionamento del mondo del giornalismo. I corsisti sono stati coinvolti in una discussione su differenti ipotesi, rispetto alla prassi attuale, per entrare e rimanere nell’ordine dei giornalisti; ma soprattutto si è cercato di rivelare tutti quei “soprusi” rappresentati non dalle pubblicità occulte, bensì da quelle “travestite” da articoli.
La “Scuola” si è posta, quindi, anche come un baluardo difensivo dalla mercificazione culturale, sempre più priva di scrupoli, verso cui sta correndo a gran velocità la società attuale.
Agevolezza? No, grazie!
Esiste un’altra consapevolezza diffusa in molte delle nostre attività quotidiane e alla quale neanche l’editoria sfugge: anche l’occhio vuole la sua parte. E così nel prosieguo delle lezioni i corsisti hanno potuto apprendere che un libro, per quanto ben scritto, deve pure essere ben vestito se vuole vendersi. Per questo aspetto del lavoro editoriale l’attenzione si è concentrata sul paratesto, cioè tutto ciò che riguarda ma non è il testo. È chiaramente inutile sottolineare, ma lo facciamo ugualmente, che sarebbe stato troppo elementare limitarsi alla definizione di Paratesto e si sono quindi introdotti i concetti di Peritesto ed Epitesto (cfr. Dentro il Paratesto, stile e funzionalità e Paratesto: il “vestito” che completa il libro, entrambi di Fulvio Mazza ed Elisa Calabrò), anche per vedere fino a che punto arriva la pazienza degli aspiranti redattori!
Il nocciolo della questione è comunque comprendere le modalità con cui il libro viene introdotto nei circuiti di vendita. È infatti vero che precedentemente si è parlato della consapevolezza di una missione culturale, ma ciò che consente a una casa editrice di condurre il proprio lavoro è l’entità dei guadagni. Per avere un riscontro pratico di questa problematica c’è stata anche l’opportunità di avere un incontro con alcuni editori calabresi, i quali hanno esposto la loro storia e provato a condividere la loro esperienza. Purtroppo non si può nascondere che in questo modo si sono messe in chiaro le difficoltà a cui si va incontro in quest’ambito lavorativo, ma è ormai evidente che la semplicità non appartiene al mondo editoriale e i corsisti hanno, anzi, tratto indicazioni costruttive da questa lezione/dibattito.
Se Maometto non va alla montagna...
Una caratteristica della Scuola è pure stata la mobilità e certo non ci si poteva accontentare di un dibattito in aula per conoscere l’editoria calabrese, quindi un allegro gruppo di aspiranti redattori ha cercato di portare un po’ di scompiglio in giro per la Calabria, e oltre. La prima casa editrice ad accoglierci è stata la messinese Gem di Ugo Magno, la quale ha colpito per la sua storia – iniziata alla fine del XIX secolo – e che tutti noi ricorderemo, in quanto ha rappresentato il “battesimo” per l’ingresso nel mondo editoriale.
Ancora in riva allo Stretto, questa volta però in territorio reggino, abbiamo avuto la possibilità di “entrare” in Città del sole e Falzea. La prima ha colpito per la veloce crescita e per l’organizzazione interna – e a essere onesti anche grazie ai deliziosi prodotti di pasticceria gentilmente offerti nel corso della visita dall’editore Franco Arcidiaco –, mentre della seconda si è osservata la capacità di essere presente, senza timori reverenziali di chicchessia, sul mercato nazionale. Proprio durante la permanenza nei locali di Falzea, teoria e pratica hanno trovato una fusione perfetta e, ammirando i bei lavori di copertina dei libri della casa editrice reggina guidata da Paolo Falzea, si è affrontata nuovamente la tematica del Paratesto.
In territorio cosentino, invece, hanno dovuto subire la pacifica “invasione bottegaia”: Editoriale progetto 2000 e Pellegrini. In Editoriale progetto 2000 si è imparata una lezione davvero importante, ossia che si può decidere di rimanere editori, potremmo dire, di nicchia – nella fattispecie vi è una specializzazione in tematica religiosa – e di limitare il numero delle pubblicazioni annuali, per non rischiare mai di tradire se stessi e i principi che ci accompagnano in una simile attività. Assai gradito, anche qui, il tocco di eleganza rappresentato dall’offerta del panettone natalizio da parte dell’editore Demetrio Guzzardi.
Walter Pellegrini, dall’altra parte, e Silvana Venneri, hanno reso partecipi i corsisti di una storia ormai sessantennale. Luigi Pellegrini è infatti partito, a Cleto negli anni Cinquanta, dall’edizione “casalinga” di un quotidiano, con il quale ha un po’ aperto la strada al mercato editoriale calabrese.
I “giri” della Scuola si sono conclusi presso la sede di Rubbettino, dove tutti noi abbiamo potuto vivere, anche grazie al nostro “Cicerone” Cesare Silipo e ai responsabili della struttura redazionale (Daniele Caimi) e di quella commerciale (Antonio Cavallaro), l’atmosfera di una casa editrice di livello nazionale.
Sempre per permettere che la “pratica” desse il suo supporto ai pomeriggi teorici di lezione, i futuri redattori dell’“armata Mazza” hanno marcato presenza anche alla Fiera del libro di Lamezia Terme (un po’ scarna in verità) e alla Fiera nazionale della piccola e media editoria di Roma, “Più libri più liberi”, dove si è presentata l’occasione di vivere il fermento che ruota intorno al mondo dei libri, collaborando attivamente allo stand de la Bottega editoriale. È proprio questo fermento che permette tutt’oggi all’economia libraria di resistere all’onnipresente crisi e di dare speranza ai corsisti della Scuola di entrare in un mondo che si presenta, così, difficile, ma non certo impossibile.
C’è stato infine spazio per momenti affascinanti, nei quali è stato possibile mettere in pratica e rendere operative le conoscenze acquisite durante le lezioni. Un esempio tangibile di ciò è il numero della rivista in cui state “navigando”, realizzato interamente dai corsisti sotto la guida dei “bottegai”. Ognuno di noi ha avuto la facoltà di essere autore, editor e impaginatore fino alla messa on line di queste pagine per essere pronti a farci leggere.
Consapevolezza e motivazione
Cervellotiche discussioni su una virgola mancante, innegabili difficoltà lavorative, eppure col passare delle lezioni l’entusiasmo dei partecipanti alla “Scuola” non ha accennato a scemare. I motivi possono essere tanti, ma di uno possiamo essere pressoché certi: la trasparenza del corso. Non si sono distribuite facili illusioni, né ci si è resi colpevoli di omissioni di verità; come detto, fin dall’inizio ai corsisti è stata chiarita quella che veramente è la figura del redattore e i riscontri con la realtà lavorativa – le visite presso le case editrici, la conversazione con gli editori durante le lezioni e la realizzazione di un intero numero di una delle due riviste edite da la Bottega editoriale – hanno reso evidenti le problematicità, ma anche il fascino di questa professione.
Una scuola di redattore, insomma, ma anche di vita, nel momento in cui ha tirato fuori il meglio da ogni “studente” e con il meglio intendiamo la forte volontà di riuscire a dispetto di – anzi, potremmo dire, motivati da – qualsiasi ostacolo.
Conclusione: siamo on line!
Ps: come si sta concludendo questa nostra Scuola di Redattore? Ovvio: con la pubblicazione on line, effettuata da tutti i corsisti, tramite le “mani fatate” della collega Mariacristiana Guglielmelli, di questo numero di Direfarescrivere! Clic. La rivista è on line!
Francesco Mattia Arcuri
(direfarescrivere, anno VII, n. 62, febbraio 2011)