In un manuale edito da Apogeo temi per la scrittura professionale
di Luciana Rossi
«Andate a lavorare!... – dissero gli oggetti alle parole – siamo stanchi di dover fare tutto da soli!». Le parole lo fecero... e da allora non hanno più smesso. Materializzandosi sulla carta, nelle forme più diverse, poi sullo schermo di un computer e viaggiando sempre più lontano, sempre più veloci, le parole scritte sono entrate a pieno titolo nel mondo del lavoro. Etichette, elenchi, manifesti, depliant, guide, annunci e poi ancora notizie, informazioni, sempre più ricche di concetti, sempre più abbondanti, che quasi quasi ci si dimenticava che dietro di loro c’erano pure gli oggetti.
Man mano che il contesto produttivo aumentava di complessità, la scrittura si intrufolava tra le sue maglie, diventando un potente volano di governo dei processi e assumendo sempre nuove vesti: direttive, istruzioni, presentazioni, pubblicazioni istituzionali, atti di convegni, brochure, rapporti, fino alle Intranet aziendali, ai blog e ai siti Internet, su cui si gioca gran parte dell’immagine di un ente o di un’azienda e delle sue potenzialità di sviluppo. Così si sono delineati i tratti di nuovi professionisti, quelli a cui il libro di Luisa Carrada, Il mestiere di scrivere. Le parole al lavoro, tra carta e web (Apogeo, pp. 218, € 13,00), è dedicato.
Oggi, le stesse parole, e altre nuove che sorgono per descrivere situazioni emergenti, si calano – in crescente “confidenza” con le immagini – in un mondo fatto sempre meno di oggetti e sempre più di idee e di relazioni: creano nessi e agganci, descrivono, puntualizzano, diffondono, e a volte aiutano e uniscono. Per non dimenticare che dietro le parole, e dietro gli oggetti, ci sono sempre le persone.
Gli obiettivi di questo libro
Più un racconto o un dialogo, nella forma, che un vero e proprio manuale, questo libro insegue i segreti della scrittura laddove essa si fa strumento operativo, con l’obiettivo di fornire, attraverso un’ampia rassegna di esempi e situazioni e un’osservazione acuta delle varie realizzazioni, spunti utili per scrivere in modo consapevole, efficace e creativo. L’autrice è esperta di scrittura professionale e si è occupata per diversi anni di comunicazione scritta in un’azienda leader di servizi informatici. Attualmente, tiene docenze e consulenze sulla materia presso istituti privati, università e per la pubblica amministrazione. Il suo stile semplice, chiaro e immediato, inconfondibile per chi abbia avuto modo di entrarci a contatto, riesce a coniugare la vivacità e la passione con la precisione, l’ordine e il rigore che il tema della scrittura esige.
Non è certo un caso che il titolo del libro ricalchi quello del sito che la stessa Carrada anima e gestisce dal 1999 (www.mestierediscrivere.com), un sito ben noto a chiunque si occupi di business writing e web writing, dal 2003 affiancato anche da un blog (mestierediscrivere.splinder.com/), in cui presenta una ricchezza inesauribile di materiali, organizzati anche in forma di “dispense” a tema (i quaderni del Mds, www.mestierediscrivere.com/testi/quaderni.htm), e di riferimenti ad altre pubblicazioni “utili”, ma anche a numerose informazioni presenti in rete, con l’inevitabile tentazione di spaziare oltre in tutte le direzioni che contraddistingue il web. Nel sito trova posto, ad esempio, anche un’originale testimonianza di come la pratica yoga entri in una relazione sinergica con le esigenze di chi, ogni giorno, e non solo quando arriva magicamente l’ispirazione, si trova a “scrivere per mestiere” e con la disciplina e gli espedienti mentali che questo richiede (Yoga e scrittura: scoperte ed emozioni della pratica, www.mestierediscrivere.com/pdf/yoga_scrittura.pdf). Insomma, molti gli aspetti e i temi, ma una cosa è certa: quando uscite dal sito vi viene voglia di mettervi a scrivere e a sperimentare quello che avete letto.
Questo libro, per stessa ammissione dell’autrice, inevitabilmente risente della contaminazione con la consuetudine a comunicare in rete, il che lo porta però a scavalcare, arricchire e superare i suoi stessi obiettivi. Ma lasciamolo esprimere alla stessa voce della Carrada:
«Sono partita con una precisa scaletta davanti e alcune idee in mente: rivisitare la scrittura professionale oggi, dopo le piccole e grandi rivoluzioni che internet ha portato nella quotidianità del nostro lavoro; superare la dicotomia tra carta e web per mostrare invece come questi due media non facciano altro che influenzarsi a vicenda; raccontare i nuovi strumenti di comunicazione così come le metamorfosi e la rinascita di quelli tradizionali; far uscire la scrittura professionale dalla gabbia delle regole e aprirla verso la libertà e la molteplicità delle scelte; dare consigli utili e indicazioni concrete per scrivere e comunicare meglio.
In realtà, la mia anima di blogger ogni tanto mi ha preso la mano, e io ho ceduto volentieri perché so che il solo fatto di scrivere fa emergere nuove idee e associazioni. Così in quello che era stato pensato come un manuale di scrittura professionale – per quanto sui generis – si sono insinuate altre cose, dalle arti figurative alla poesia, alla letteratura. Alla fine, mi sono accorta di aver scritto, forse, un manuale di “scrittura professionale creativa”, proprio all’insegna di quella contaminazione di media, arti e stili che si celebra sul web.»
Un libro scritto in forma di web
L’impostazione grafica del testo, giocando sul corpo dei caratteri, sui riquadri in stile post-it, sugli schemi grafici e le vignette, ne fa un libro “a tre dimensioni” dove la terza, quella della “profondità” ricrea l’effetto del web con rimandi e link che fungono da ipertesti (“virtuali”, se ci si concede l’espressione) ad altri libri o siti italiani e stranieri, commentati in maniera circostanziata e intelligente. Così, a volte, creando nessi inaspettati, il libro diventa un punto di partenza per altre letture e una utilissima “mappa” di quanto è disponibile nel panorama culturale italiano e internazionale sull’argomento.
Text generation
Siamo nella “civiltà dell’immagine”, ci si dice da più parti, in realtà – ci fa notare l’autrice – negli ultimi anni abbiamo assistito a una vera e propria «rivincita della scrittura»: «La civiltà dell’immagine e della multimedialità è sempre più la civiltà della scrittura. Dalle email agli sms, dai siti ai blog, il testo vive un momento trionfale.
Senza testo non ci sono tag, non c’è folksonomy, non ci sono commenti alle foto di Flickr né ai siti di del.icio.us né ai post del blog, non ci sono gli abstract dei filmati, né le note dei podcast. Il testo è il collante indispensabile di tutte queste cose, quello che permette di trovarle, ordinarle, valutarle, metterle in relazione tra loro».
“Al principio fu il testo”, dunque, potremmo dire.
L’aspetto interessante di questo libro, però, è che non ci si limita a dire “come dovrebbe essere un testo scritto”, ma vengono elargiti tantissimi consigli pratici e operativi, molti dei quali si applicano anche alla scrittura tradizionale, nello spirito “artigianale” e metodico che contraddistingue i professionisti della scrittura. «Gli attrezzi sono meglio delle regole», ammonisce l’autrice, facendo riferimento a Writing tools di Roy Peter Clark (Little Brown, 2006), perché «ogni volta si scelgono i più adatti, si migliorano nel tempo, si passano ad altri, individuando soluzioni testuali sempre diverse e a volte realmente creative». Creare non è “genio” o un’astrazione “poetica” da lasciare al caso, ma applicare soluzioni con costanza e pazienza. Ad esempio: sostituire i nomi astratti con i più efficaci verbi, meglio ancora se usati all’infinito, rispettare la “legge della vicinanza” per mantenere stretto il legame soggetto+verbo+complemento, dosare gli avverbi, evitare i luoghi comuni: addio a «efferato delitto», «tema scottante», «diffuso malessere» o «novità assoluta».
E ancora: quanti aggettivi usare? Il senso cambia se ne userò uno, due, tre o di più per descrivere qualcosa. Usare le immagini, le diverse lunghezze delle frasi e perfino gli spazi bianchi tra i testi scritti per movimentare la lettura e creare il ritmo giusto. Semplici “espedienti” per migliorare fin da subito un testo, all’insegna della semplificazione e dell’originalità. Provare per credere.
A riprova di ciò, sono esibiti alcuni simpaticissimi esempi di “neolingue” omologate: il «Banchese», l’«Assicuratese», il «Beniculturalese», il famigerato «Burocratese», ed è impossibile non notare come in poche righe ci si ritrova davvero nell’ambiente mentale illustrato, con la sua specifica “tonalità” e ritmo. Una citazione a parte merita, perché particolarmente azzeccata, la descrizione della “lingua d’impresa”, tratta da Buongiorno pigrizia di Corinne Maier (Bompiani, 2005), di cui riportiamo il punto 4: «La lingua d’impresa manifesta la visione politica di un potere impersonale che non cerca di convincere, né di dimostrare o sedurre, quanto piuttosto di affrancare dalle difficoltà reali, escludendo qualsiasi giudizio di valore. Lo scopo? Farvi obbedire. [...] Il risultato: “Si deve accentuare la cooperazione tra i reparti” [...] “L’attuazione degli orientamenti definiti dal progetto di servizio resta e resterà una priorità”». «“Noi non parliamo per dire qualcosa, ma per ottenere un certo effetto”»: quest’ultima frase la diceva nientemeno che Joseph Goebbels, la “parte propagandista” di Hitler... Ogni riferimento alla lingua d’impresa usata sempre più spesso nella comunicazione dai “manager” alla guida della nostra “Azienda Italia”, è – ovviamente − puramente casuale...
Non manca un accenno nel testo ai principali modelli della comunicazione scritta, primo tra tutti la “Piramide rovesciata”, nato con il giornalismo eppure molto efficace in tutti i campi, ma anche lo “storytelling”, la “conversazione”, e molti altri.
Semplificare... è una parola!
Coltivare la semplicità, la leggerezza di un testo. Perseguirne l’essenzialità e la chiarezza, impietosamente, senza timore, ma anche senza cadere nell’estremo opposto: l’aridità e la monotonia. Una pratica paziente che ci ripaga soprattutto quando, rileggendo un testo dopo un po’ di tempo, scopriamo di esserci riusciti.
Un campo in cui l’autrice Carrada è anche particolarmente esperta è la semplificazione del linguaggio della pubblica amministrazione, e anche qui vengono elargite preziose ricette, che, sebbene non siano sufficienti, hanno il sicuro effetto di cambiare radicalmente l’intero tono di un documento e la sua fruibilità. Ne citiamo alcune: sostituire le forme passive, indirette, impersonali, altisonanti, solenni (segno di deresponsabilizzazione e di spersonalizzazione) con un linguaggio diretto e semplice; sostituire i tecnicismi oscuri con termini quotidiani, quando ci si rivolge al cittadino. Vi sono alcuni esempi di “riscritture” veramente illuminanti. L’impatto che tali interventi potrebbero avere, soprattutto tenendo conto del fatto che ci troviamo in una società multirazziale, è evidente.
La semplicità è quell’idea alla portata di tutti che però solo alcuni, troppo raramente, riescono a cogliere.
«How users read on the web»
«They don’t», domanda e risposta sono di Jakob Nielsen, “guru” del web, in un articolo del 1997, citato nel testo: traduzione “Come leggono gli utenti sul web?” “Non lo fanno”.
Questo scambio di battute porta a galla un’amara, ma incontestabile verità: scrivere per il web richiede un’abilità completamente nuova, il nostro modo di scrivere deve cambiare, perché è cambiato il nostro modo di leggere. È ormai scientificamente dimostrato − e vengono citati i risultati dell’indagine Eyetrack della famosa scuola di giornalismo americana Poynter Institute sull’argomento − che gli occhi tendono a seguire precise traiettorie durante la lettura a schermo della pagina di un sito. L’internauta, infatti, più che leggere, “scansiona” la pagina cercando indizi significativi, quindi la pagina deve essere impostata per assecondare questo genere di fruizione e il significato e la gerarchia delle informazioni deve necessariamente adattarsi a questo tipo di lettura. Non si tratta solo di sintesi – che è un requisito essenziale – ma di efficacia. A tal fine vengono dati anche dei suggerimenti molto pratici: dare subito le informazioni richieste in modo chiaro e immediato; la divisione in paragrafi brevi, meglio se titolati; l’uso del grassetto (affascinante l’esempio della “pellicola trasparente” che si solleva lasciando solo i grassetti a garantire il senso dello scritto); arricchire il testo con gli adatti collegamenti ipertestuali, vero valore aggiunto della lettura in rete.
La relazione tra testo e paratesto risulta invertita sul web e il paratesto più che contornare il testo e completarlo diventa il vero oggetto di lettura, che il testo va ad approfondire ed integrare... sempre se si fa in tempo a leggerlo! Interessante notazione.
Scrivere per il web vuol dire anche tenere conto del fatto che il lettore non scorrerà il testo in sequenza, pagina dopo pagina, ma potrebbe uscire dalla porta laterale, un menu secondario o un collegamento... e smarrirsi, per così dire, nella “ragnatela”. Le informazioni contenute in ogni pagina, perciò, devono essere autonome e autoportanti.
Scrivere per il web vuol dire anche scrivere per “farsi trovare”, quindi con un occhio ai motori di ricerca e mentre spuntano professionalità estremamente specializzate in questo campo e dedite ad inseguire la rapidissima evoluzione della tecnologia, i seo (search engine optimizer), è vero che anche chi disegna o aggiorna il proprio sito può, con qualche semplice accorgimento, dare una mano alla fortuna.
Altre forme di scrittura professionale: documenti lunghi, blog
La panoramica fornita dal libro è veramente ampia. Necessariamente, per complementarità, si sono poi diffusi altri casi in cui invece la scrittura ha bisogno di espandersi, di spiegare, di fornire informazioni e dati e, a volte, di convincere: esempi ne sono i white paper, i case study, le brochure, ormai appannaggio di tutti. Con il Pdf − nota l’autrice − siamo diventati tutti editori, ci è richiesto di essere capaci di mettere insieme immagini e parole in una forma strutturata, gradevole ed efficace. Anche qui ci sono molti consigli pratici, provati “sul campo”, a cosa prestare attenzione e cosa evitare, e sono riportati ottimi esempi anche in ambito internazionale.
Di estrema attualità, l’osservazione di come anche i blog possano essere usati con un obiettivo professionale e come questo strumento stia prendendo piede in grandi aziende, perché permette di tenere un registro più informale pur affrontando argomenti seri, viaggiando, insomma, su un “doppio binario”. Il blog ha rivoluzionato il nostro modo di relazionarci: scrivere un post è molto diverso da scrivere un documento.
Infine... a lezione di email!
Indipensabile, ma insidiosa, la email è un’arma a doppio taglio. Efficace e ormai praticamente valida come documento scritto (anche se la definizione puntuale a livello legale della sua validità è ancora in via di definizione), usata e “abusata”, la email tra le forme di dialogo è forse quella che soffre di più della mancanza dell’aspetto “non verbale” della comunicazione e quindi si presta a essere fraintesa. Il ricevente tende spesso a interpretarla in base all’idea (a volte preconcetta) che ha del mittente, in base all’umore del momento in cui la legge, ecc... Anche qui, con alcuni accorgimenti pratici – di cui vengono forniti numerosi esempi − possiamo evitare almeno gli errori maggiori: “tarare” le specifiche di mittente e destinatario sul contesto di relazione su cui poggia la comunicazione, l’incipit “personale”, l’uso delle “emoticon” (le icone con le faccine), soprattutto quando si comunica con estrema sintesi. E poi l’ultimo – solo apparentemente banale – consiglio, che tutti conoscono ma che pochi applicano davvero: rileggere prima di premere “invia”! Troppo facile? Scommettiamo di no.
E vissero felici e contenti...
Così le parole si diffusero ovunque, per lavoro e per diletto, nelle relazioni private e in quelle professionali, per spiegare o per riassumere, per “catturare”... o per rendere liberi. Un augurio, questo, con cui concludiamo.