Anno XX, n. 225
novembre 2024
 
Questioni di editoria
Paratesto: il “vestito”
che completa il libro
Perché applicare all’editoria
libraria gli stili del giornalismo
di Fulvio Mazza ed Elisa Calabrò
Vogliamo qui presentare un apparato assai importante che – se realizzato con i criteri giusti – rende un libro, o qualsiasi altra pubblicazione, commercialmente più fruibile e attraente: il Paratesto. Come postulati di questo ragionamento verranno utilizzati quattro concetti che, anche se di primo acchito potranno apparire scollegati tra di loro, a ben guardarli sono spesso correlati.
1) Ogni argomento, al di là della propria stretta nicchia di interesse, può avere un pubblico maggiore.
2) Qualsiasi argomento può essere reso fruibile al grande pubblico.
3) Si stampano una miriade di pubblicazioni, il lettore è distratto: bisogna “catturarlo”.
4) Il ritmo della vita moderna è frenetico, il lettore ha poco tempo: dopo averlo “catturato” bisogna fornirgli chiare sintesi onde indurlo a scegliere di leggere l’intero testo.

Coinvolgere il largo pubblico
Non trattandosi – ovviamente – di “Verità” da assumersi in senso dogmatico, ma solo di opinioni, ritengo sia obbligatoria una seconda breve premessa che, necessariamente (trattandosi, dicevo, di punti di vista personali) sarà in parte autobiografica. In tal senso, contravvenendo ad una delle classiche regole giornalistiche, scriverò in prima persona singolare e non in prima persona plurale.
Una ventina di anni fa mi sono difatti accorto – dopo aver scritto due libri ed una trentina di saggi storici – che, a parte gli addetti ai lavori, tali pubblicazioni erano state lette solo da pochissime persone. Da qui – anche incrociandomi fortuitamente con una scelta dell’azienda nella quale lavoravo (l’allora Banca popolare di Crotone), che in quegli stessi anni aveva deciso di impegnarsi nella pubblicazione di una rivista e poi nella coedizione di una collana di volumi – l’esigenza di realizzare una grafica editoriale originale che, pur mantenendo caratteristiche di scientificità, riuscisse a coinvolgere anche il largo pubblico.
Ho deciso dunque di adottare/adattare agli strumenti editoriali quegli strumenti giornalistici adottati/adattati nella mia precedente esperienza effettuata, appunto, in tale settore.

Applicare all’editoria gli strumenti della grafica giornalistica
Titolazioni, fotografie, didascalie, sommari, abstract, richiami, titoletti interni, riquadri, tabelle, grassettazioni: sono questi, a mio avviso, gli strumenti opportuni e necessari per ottenere l’obiettivo prefissato.
Come si sarà già notato, non si tratta d’altro che dei “normali” strumenti giornalistici d’impostazione grafica. E difatti è questo il piccolo/grande segreto: l’applicazione all’editoria libraria ed alla produzione periodica culturale degli strumenti della grafica giornalistica.
Facile a dirsi, difficile a farsi, però.
Il problema maggiore è quello di natura psicologica: parlare di strumenti giornalistici nelle case editrici significa scandalizzare più di una persona.
Superato l’impatto di natura psicologica, bisogna vedere poi come riadattare i citati strumenti di grafica giornalistica ad un’editoria che giornalistica non vuole e non deve essere.
Qui sorge il secondo problema, quello del mantenimento degli standard scientifici dei testi. Appare evidente, per esempio, che non si può trasformare la rivista di un ipotetico Istituto di studi basso medievali in Novella 2000.
Incomincerò queste brevi riflessioni dai fattori d’interesse comune sia dell’editoria libraria che di quella periodico-culturale.
Che cos’è il Paratesto?
Prima di entrare a trattare concretamente del Paratesto necessita una – seppur breve – definizione: per Paratesto si intende tutto quello che non è Testo vero e proprio. È ciò che fa del testo un oggetto materiale, un prodotto tangibile e caratterizzato da determinate peculiarità che incidono in maniera significativa sulla vendibilità dello stesso; potremmo definirlo il “trucco” o il “vestito” di un libro. Di certo tale trucco non potrà cambiare il contenuto del testo, ma aiuterà a migliorarne l’aspetto esteriore e dunque a facilitarne la visibilità tra gli scaffali affollati di una libreria.
Si tratta senza dubbio, lo si sarà subito intuito, di uno dei principali aspetti del lavoro editoriale. Almeno nell’editoria (ma vale anche in tanti altri casi…) è necessario sfatare il proverbio «L’abito [non] fa il monaco» è fondamentale dare una buona vestizione al testo, che lo evidenzi tra i vari concorrenti e compagni di scaffale. Basti pensare a come il primo contatto tra noi e il libro avvenga tramite la copertina, negoziatore fondamentale per l’acquisto in libreria (e di conseguenza per la mission dell’editore)…
Copertina, alette, quarta di copertina: considerare con attenzione le componenti del Paratesto e saperle combinare in modo efficace fa sì che il testo vero e proprio abbia rilevanza, sia riconosciuto, susciti attenzione e dunque abbia maggiori probabilità di essere acquistato. Il Paratesto si compone di due parti fondamentali: il Peritesto (ovvero tutto ciò che materialmente sta intorno al testo, dal frontespizio alle note, dalle appendici statistiche alla copertina) e il meno tangibile Epitesto (che comprende tutte quelle attività, testuali e non, che accompagnano – e a volte precedono – il testo alla sua uscita sul mercato, contribuendo a diffondere notizie sulla pubblicazione e integrando le informazioni contenute nel Paratesto, si tratta cioè di interviste, comunicati stampa, recensioni preparate ad hoc per garantire al libro il successo di pubblico).

A cosa serve il Paratesto?
La vita frenetica di tutti i giorni riduce il tempo a nostra disposizione, anche in libreria (che dovrebbe rappresentare un luogo di relax e riflessione): pochi minuti, occhiate fugaci a copertine e titoli ed acquisti tempestivi.
Il pubblico a cui rivolgiamo le nostre fatiche editoriali in termini di Paratesto non deve essere costituito né dai lettori fidelizzati (che abbiamo già “in portafoglio”) né da quelli irraggiungibili (che mai e poi mai sarebbero propensi all’acquisto di quel determinato libro). Qual è allora il nostro target? Il 90% dei restanti lettori, ovvero il “pubblico di mezzo”.
Il processo di “conquista” di questa ampia porzione di pubblico parte in realtà molto prima dell’arrivo del libro in libreria, attraverso quelle attività di promozione che sono comprese nell’Epitesto. Prima ancora di essere stampato, infatti, il libro viene proposto ai distributori che, tra i tanti in catalogo, dovranno poi presentarlo ai librai. Va da sé che un libro che si fa “riconoscere” tra gli altri guadagnerà probabilmente un posto in vetrina e la possibilità di essere più facilmente venduto.

Il progetto grafico
Delineare le caratteristiche del Paratesto, armonizzarle in modo efficace ed esteticamente gradevole sono i compiti di chi redige il progetto grafico di un libro o, più ampiamente, di una collana editoriale.
Un progetto grafico deve contenere tutte le indicazioni necessarie per la realizzazione del libro. Va stabilito dunque il formato, quale tipologia di copertina utilizzare (con bandelle, con sovraccoperta, con foto, che testi inserirvi, come strutturarla), quali riferimenti di gabbia usare, se inserire o meno un apparato iconografico, come strutturare le didascalie, che tipo di indice e/o sommario inserire.
Ovviamente questo lavoro di progettazione non sarà slegato per ogni volume, ma come si è detto, farà riferimento alle linee guida editoriali della casa editrice – e in particolare della collana – cercando di riproporre alcuni elementi grafici ricorrenti che rendano riconoscibile il prodotto e lo accomunino ad un brand noto.
Operare in questo modo permette infatti di “fidelizzare” il lettore che sarà portato ad acquistare il libro non solo perché attratto dal contenuto o perché ammiratore del determinato autore, ma anche perché “affezionato” all’editore e convinto di potersi affidare alle sue scelte.
Il rovescio della medaglia in questo caso è rappresentato dal rischio di un’eccessiva omologazione dei prodotti ad un unico “tipo” prestabilito (si veda ad esempio il caso di Sellerio editore), facendo così passare inosservate le novità editoriali. Usando infatti un progetto grafico sempre uguale a se stesso e assai riconoscibile può accadere che la nuovissima uscita venga confusa con un libro già visto e che non susciti abbastanza curiosità nel probabile lettore.
Scelte del genere dunque sono consigliabili per quell’editore che abbia già acquisito un buon pubblico di lettori/acquirenti e che perciò faccia leva proprio sul fattore “riconoscibilità” per promuovere i propri libri.

Fulvio Mazza ed Elisa Calabrò

(direfarescrivere, anno V, n.44, agosto 2009)
 
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