Anno XX, n. 225
novembre 2024
 
Questioni di editoria
Una guida (s)pratica
per aspiranti scrittori
Da Nutrimenti, tutto ciò (o quasi)
che c’è da sapere sull’editoria
di Elisa Calabrò
«L’Italia è una repubblica di analfabeti basata sulla scrittura», un’affermazione scherzosa che tenta di dare l’idea dell’incredibile divario esistente nel nostro paese tra la quantità di lettori e quella di scrittori (o quantomeno aspiranti tali). Le classifiche presentate dall’Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) mostrano impietosi risultati riguardo alla quantità di libri letti ogni anno dagli italiani. Uno studio approfondito sulla literacy nel nostro paese – ovvero la capacità di leggere e scrivere in maniera pertinente e appropriata, e non la mera alfabetizzazione – rivela dei dati assai poco confortanti: il 26,4% dei quindicenni (fonte: Ufficio studi dell’Aie) possiede delle competenze di lettura inferiori al «Livello 2» degli standard Pisa (Programme for international student assessment) utilizzati dall’Ocse, livello minimo per ottenere un sufficiente successo scolastico. Questo vuol dire che nel pieno del loro percorso formativo quasi un terzo delle ragazze e dei ragazzi italiani hanno serie difficoltà a leggere un testo di qualsiasi tipo.
Parrebbe dunque inverosimile pensare che, ogni anno, case editrici di tutti i generi e di tutte le dimensioni vengano letteralmente inondate di dattiloscritti inediti che gli aspiranti scrittori inviano con la speranza di ricevere un giudizio positivo e una proposta di pubblicazione.

A.A.A. editori cercansi
Due giornalisti dell’Ansa, Emanuela De Crescenzo e Francesco De Filippo, hanno deciso di dare alle stampe un manualetto, Pubblicate esordienti? (Nutrimenti, pp. 84, € 7,00), che faccia da guida a chi ha scritto un romanzo, ha composto un saggio, ha cesellato rime, a chi, insomma, abbia un dattiloscritto e voglia pubblicarlo. Sognando, magari, di diventare il prossimo autore di best seller.
La guida è pensata graficamente come una sorta di Gambero rosso dell’industria editoriale, con simboli di stampo culinario e una parte introduttiva che conduce alla scoperta dei “sapori” dell’editoria.
L’impostazione sembra azzeccata, un vademecum da consultare al momento della preparazione e dell’invio del dattiloscritto potrebbe essere un ottimo aiuto per chi, spesso ignaro dei meccanismi propri dell’editoria, voglia diventare un “autore”. Sfogliando però l’elenco degli editori, notiamo alcune informazioni incomplete o comunque poco utili al caso specifico dello scrittore esordiente: il numero di novità segnalato per casa editrice è generico, non si riferisce al numero di esordienti pubblicati dalla casa né come novità dell’anno né in generale nel catalogo; il referente indicato per la lettura degli inediti spesso è l’editore stesso o un’altra figura che facilmente si può “scovare” nel sito Internet della casa editrice; idem per gli indirizzi di posta elettronica a cui inviare il proprio testo.
Ci saremmo aspettati più “chicche”, più consigli specifici mirati per ogni editore: come preferisce ricevere l’inedito, chi sono i lettori in quella casa editrice, il tale lettore non prende in considerazione dattiloscritti in formato Word, ecc.
Gli autori hanno poi tentato di dare un’idea del variegato mondo dell’editoria, proponendo due mini-interviste ad Elido Fazi, editore e fondatore di Fazi editore, e a Giovanna Bentivoglio, lettrice delle Edizioni e/o.
Curiosamente, le due voci “dall’altra parte del tavolo” concordano su un unico punto: gli editori leggono davvero i dattiloscritti inediti inviati in redazione e considerano seriamente la possibilità di trovare tra le pile di carta nuovi capolavori. Forse questa affermazione è un po’ ottimistica… ma consideriamola, quantomeno, come buon auspicio!
Su tutto il resto, Fazi e Bentivoglio divergono ampiamente. Sarà perché si tratta di un editore – forse più attento agli aspetti logistico-economici – e di una lettrice – per sua stessa ammissione più legata all’aspetto emozionale dell’atto stesso del leggere – tant’è che Fazi ammonisce dall’inviare i dattiloscritti a chicchessia, mentre Bentivoglio ammette candidamente che lei stessa spedirebbe il suo lavoro «a tutti».
Fazi inoltre consiglia di allegare sempre all’inedito una buona scheda di presentazione con una sinossi abbastanza dettagliata che aiuti nella lettura; Bentivoglio, invece, parteggia per l’assoluta autonomia del testo, che, libero da qualsiasi orpello didascalico, riesce in maniera più diretta a catturare il lettore.
Dopo queste due interviste, all’aspirante scrittore non resta che appellarsi al proprio buon senso: manca infatti un insieme di indicazioni il più possibile “oggettive”, redatto da professionisti del settore, che avrebbe potuto chiosare le opinioni di Fazi e Bentivoglio.

Perché si scrive? E cosa si scrive?
Diversi i metodi, comune l’impegno destinato alla lettura, dal momento che sono moltissimi i testi che ogni settimana arrivano in una casa editrice (cinquanta alla Fazi). Tornando alle dolenti statistiche Ocse, com’è possibile che in un paese dove non si legge molto e si legge male, ci siano tanti autori esordienti? Bentivoglio ipotizza una risposta: «Si scrive perché si deve emergere», in una società sempre più omologata la scrittura diventa non solo un estro artistico ma anche uno strumento per affermare la propria individualità e proporre la propria originalità.

I consigli del maestro
I due autori hanno ben pensato di presentare all’aspirante scrittore anche il punto di vista di un letterato “navigato”, Andrea Camilleri, che – udite, udite – aspettò pazientemente dieci anni prima che il suo romanzo Il corso delle cose venisse pubblicato. E “portare pazienza” è il primo consiglio che Camilleri affida a chi voglia realizzare il sogno di una pubblicazione. Non avere fretta di conoscere l’esito della lettura e non scoraggiarsi davanti agli ostacoli da superare. Aggiunge poi un elemento per la verità poco tecnico e poco consolante: anche per riuscire a pubblicare un libro occorre, a volte, avere il cosiddetto “colpo di fortuna”. Lui stesso non vi sarebbe riuscito senza due determinanti casi fortunosi. Il secondo consiglio che il famoso romanziere dà è di essere severi con se stessi e con la propria “creatura”. Visto e considerato l’alto numero di inediti in circolazione c’è bisogno di molta autocritica per ottenere davvero un buon risultato.
Un aiuto all’autore che voglia “investire” sulle proprie opere potrebbe venire anche dalle agenzie letterarie. La guida non ne parla, ma a volte l’agenzia riesce a fare un ottimo lavoro di cerniera tra chi scrive e chi pubblica i libri. Perdonateci questa osservazione in odore di “conflitto di interessi”, ma riteniamo giusto che l’autore conosca tutti i mezzi a sua disposizione per riuscire ad emergere.

Le piccole e medie case editrici «vivaio» di nuovi talenti?
A parte la buona sorte, l’autore siciliano ha conquistato numerosissimi lettori grazie all’ottima penna ed è riuscito così anche a migliorare il rapporto con gli editori, pubblicando con importanti case editrici.
Il consiglio che danno De Crescenzo e De Filippo è di puntare inizialmente alle piccole e medie case editrici che tendenzialmente scommettono sui nuovi autori e che possono costituire un buon trampolino di lancio verso le case maggiori. Fazi, a questo proposito, ammette che «non si può porre rimedio» alla diaspora degli autori emergenti di successo dagli editori medio-piccoli verso i grandi che spesso “acquistano” così i nuovi talenti.
Quasi nessun accenno viene fatto ad una questione che, invece, ci appare fondamentale: quella economica. Bisogna pagare per vedere pubblicato il proprio libro? Gli autori si limitano ad ammonire, nella parte introduttiva, di tentare questa strada solo come ultima ratio e dello stesso parere è anche Camilleri, che aggiunge: «[si Ndr] verifichi che a pubblicare siano editori che garantiscano un minimo di distribuzione e che non si limitino a stampare un migliaio di copie che poi ti vengono spedite a casa».
In mancanza, dunque, di una trattazione specifica di questo (non secondario…) punto, ci permettiamo di dire la “nostra”: dare un eventuale contributo ad un editore, per avere in cambio una o qualche decina di copie del testo, non deve essere considerato un dramma. L’importante è, come giustamente sostiene Camilleri, che il libro abbia una – anche minima – distribuzione; che il contributo non superi, per un libro di 100-200 pagine, i 1.000 euro; che l’editore si impegni nella promozione; che sia previsto lo svincolo contrattuale dopo un paio di anni dall’edizione e che i diritti d’autore vengano garantiti.
Altro argomento totalmente ignorato è quello della tutela dell’autore: molti esordienti ricorrono, spendendo non poco, alla Siae per difendere la proprietà intellettuale degli inediti. Basterebbe invece inviare a se stessi – per raccomandata e/o per email – una copia del dattiloscritto (e, magari, fare lo stesso inviando ad un paio di amici e parenti un’analoga spedizione) e non aprire il pacco (o l’email): in caso di plagio si potrà dimostrare la proprietà dell’opera utilizzando queste copie di “deposito”.
Insomma, ottima l’idea della “guida pratica per chi ha un libro nel cassetto”, interessanti le voci intervistate e spiritosa l’impostazione, ma i due giornalisti avrebbero potuto affrontare con maggior attenzione gli aspetti della delicata questione…

Elisa Calabrò

(direfarescrivere, anno V, n. 38, febbraio 2009)
 
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