Anno XX, n. 225
novembre 2024
 
Questioni di editoria
Riesame per la “tesi”
del professor Eco
Un’importantissima guida svilita
dall’età, perché non aggiornarla?
di Laura Montuoro
Quanti studenti al mondo, giunti alle battute finali del proprio corso di studi universitario, sono «costretti» a imbattersi nella tesi di laurea? Quanti ragazzi ignorano il modo più idoneo per inoltrarsi nei meandri di una biblioteca e consultare testi utili per dare corpo ad un elaborato finale che si presenti sotto una luce quanto meno dignitosa in seduta di laurea? E ancora, quanti giovani liceali, in procinto di abbandonare gli studi propri della scuola media superiore di appartenenza, si lasciano incuriosire dal «meccanismo alchemico» con cui si realizza una tesi?
Ebbene, Umberto Eco, tra le righe del suo libro Come si fa una tesi di laurea (Bompiani, pp. 240, € 8,00), si rivolge a tutti costoro, ma anche agli studenti lavoratori, al corpo docente e soprattutto a coloro i quali puntano a realizzare un lavoro che gli sia di una certa utilità dopo la laurea e che principalmente dia loro anche «una certa soddisfazione intellettuale», oltreché decretare il conseguimento di un tanto ambito titolo accademico.
Molto probabilmente, diversi di costoro rimarranno delusi dal fatto che l’impeccabile scrupolosità e l’eccellente chiarezza con cui Eco ci espone i tratti più rigorosamente scientifici del lavoro, si riferiscano ad una realtà che ci illustra la tesi di laurea ancora nella forma di dattiloscritto. Ed è per questo che gli studenti inevitabilmente sentiranno lontana la logica della propria “vita informatizzata”, che impone loro di concepire la tesi di laurea in formato Word, da quella di cui, invece, è figlio il libro di Eco, ossia da quella realtà in cui erano in voga le macchine da scrivere e non ancora i computer.
Per non parlare poi delle nuove modalità di ricerca bibliografica. Non che al giorno d’oggi la consultazione cartacea dei testi sia un qualcosa di totalmente superato dal “fenomeno internettiano”, ma non è neanche da tralasciare l’enorme portata del contributo fornitoci dai motori di ricerca virtuali. Basti pensare a Google o alle altre innumerevoli fonti informatiche che agevolano e accompagnano le ricerche e gli approfondimenti degli studenti odierni e al di là delle ricerche d’impatto contenutistico, quelle rivolte alla bibliografia si fondano principalmente sull’Opac Sbn, catalogo collettivo delle biblioteche che partecipano al Servizio bibliotecario nazionale e su cui è possibile effettuare raffinate ricerche per autore, soggetto, titolo e numerosi altri utili parametri che affinano i risultati (opac.sbn.it).
Ciò non toglie, però, che, svincolandoci dalla palese inattualità della componente scientifica del libro di Umberto Eco − nell’auspicio di imbatterci presto con immenso piacere in un ulteriore testo del nostro autore rivisitato alla luce della contemporaneità − non possiamo non scorgere, comunque, l’indiscutibile attualità dell’argomentazione con cui egli in questa sede ci presenta, come sempre brillantemente, il meccanismo e lo spirito giusto per arrivare al traguardo del proprio percorso accademico dando vita ad una tesi di laurea, degna di essere chiamata tale.

Fare una tesi che si sappia fare
Tra le innumerevoli domande che arrovellano la mente dei laureandi nella fase iniziale dell’elaborazione della propria tesi, le problematiche relative agli accorgimenti tecnici (Come si fanno le citazioni? E le note a piè di pagina? Di quanto bisogna rientrare i paragrafi? Come ci si deve comportare con i margini? Quale struttura di indice bisogna usare?, ecc.) sono senza ombra di dubbio le più gettonate.
Ma quanti di costoro si domandano realmente: di cosa voglio occuparmi? Per poi subito dopo chiedersi ancora: sono davvero in grado di sviluppare questo qualcosa?
Crediamo pochissimi.
Basti addentrarsi già tra le prime pagine del libro di Eco, per ripercorrere parola dopo parola i vari passaggi di un cammino che dovrebbe lasciare libero spazio alle conoscenze individuali ed alla creatività di studenti universitari di ogni età che si trovino a mettere mano per la prima volta ad una tesi di laurea.
Eco ci ricorda, innanzitutto, che la scelta dell’argomento di questa deve rispondere alle inclinazioni ed alle attitudini dello studente e passa, poi, a pronunciarsi su un altro aspetto di notevole importanza per un laureando: la reperibilità e la maneggevolezza delle fonti. È inutile negare quanto, per molti, sia allettante l’idea di avere tra le mani libri ricercati e documenti rari, atti a rendere “prestigiosa” la bibliografia del proprio elaborato; ma quando ricercatezza diventa sinonimo di introvabilità, immediatamente il lavoro diventa vano o addirittura controproducente.
E poi, ancora, Eco ci invita a non sottovalutare l’incidenza dell’esperienza personale del candidato e ci prepara ad evitare lo «sfruttamento» di quest’ultimo da parte del relatore.
Sono queste le «ovvietà» che il nostro autore prontamente ci induce a concepire come punti preliminari ed imprescindibili ai fini della costruzione di solide fondamenta per la realizzazione di una tesi di laurea da non vedere morire sul nascere.

Scoprire l’utilità della tesi di laurea…
Ora, abbandoniamo i tecnicismi, mettiamo da parte per un attimo le norme che regolano la fase di stesura del lavoro, e, una volta fatte nostre anche le avvertenze, le consuetudini, gli accorgimenti formali per meglio «abbellire» il risultato finale della nostra tesi, tentiamo di rispondere con la voce di Umberto Eco alla domanda che tutti gli studenti (compresa chi scrive) si saranno posti prima o poi nella propria vita: ma, alla fine dei conti, la tesi serve veramente a qualcosa o è solo un passo obbligato per potersi sentire chiamare “dottore” dopo aver sostenuto una discussione pubblica e una proclamazione ufficiale in un’aula universitaria? Se le cose stessero davvero così, a nostro avviso, lo scenario globale dei laureandi alle prese con la realizzazione della propria tesi sarebbe alquanto squallido: ognuno si limiterebbe a svolgere lo stretto indispensabile per portare a termine «un rituale senza importanza» alcuna per gli altri e soprattutto per se stessi.
Pertanto, onde evitare che l’umanità si fossilizzi in un quadro del genere, urge tuffarsi nella lettura del libro di Eco per riempire di contenuto la superficialità di chi vede la tesi come un qualcosa di meccanico, la cui utilità verrebbe ad essere circoscritta a quei pochi minuti che vengono concessi al candidato per parlarne in seduta di laurea.
Cerchiamo, piuttosto, di individuare ciò che rende ragione del suo valore effettivo per il futuro nostro e di chi ci sta attorno: quando parliamo di tesi di laurea, dobbiamo riferirci ad una esperienza di vita che ci insegna a mettere ordine tra le idee più disparate che affollano la nostra mente. A questo proposito, lasciamo che a parlare sia Eco: «non importa tanto l’argomento della tesi quanto l’esperienza di lavoro che essa comporta». Alla luce di ciò, capiamo che vedere nero su bianco tutti quei pensieri che qualche attimo prima erano semplicemente un che di astratto, dovrebbe bastare per riconoscere l’utilità di un lavoro che, se eseguito con autentico interesse e trasporto, splenderebbe di luce propria e potrebbe servire anche per soddisfare le curiosità e la voglia di conoscere di altri.

…e amarla come se fosse il primo amore
Crediamo che ognuno quotidianamente, tra le attività che regolano la propria routine, tenda a distinguere nettamente quelle che rispondono ad un certo automatismo, a volte anche asettico, da quelle che, invece, sono svolte all’insegna del piacere e del divertimento.
Ebbene, per quanto a molti la cosa possa sembrare quasi impensabile, stando a quanto ci dice Eco, fare una tesi di laurea dovrebbe rientrare proprio all’interno di questa seconda categoria di attività.
In fondo, si tratta di un genere di esperienza indimenticabile che, per alcuni, sarà il punto di partenza per una serie di studi successivi, per altri, invece, rappresenterà un caso, magari isolato, di «lavoro scientifico e rigoroso», ma non per questo di poco conto.
Solo ora possiamo esplorare con le giuste coordinate uno spazio in cui il «gusto» di cimentarsi nell’elaborazione di un argomento che ci sta a cuore si coniuga perfettamente con la soddisfazione quasi «sportiva», «enigmistica», di sfidare se stessi e di poter dire in ultima analisi: ci siamo posti una domanda, non sapevamo rispondere, abbiamo cercato i tasselli che ci hanno aiutato a costruire la risposta, l’abbiamo trovata ed ora è lì, per voi e per noi.

Laura Montuoro

(direfarescrivere, anno V, n. 37, gennaio 2009)
 
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