Anno XX, n. 225
novembre 2024
 
Questioni di editoria
Diventiamo redattori,
però cum grano salis
Acquisire gli strumenti base utili
per entrare nell’ambito editoriale
di Alessia Truzzolillo
Col magone in petto sono tornata a casa da Decollatura, ridente paese della Presila catanzarese, dove oggi che scrivo si è svolto l’ultimo dei dieci incontri del corso intensivo di “Redattore di casa editrice”, promosso e condotto da Bottega editoriale. Il carattere full immersion del corso (dalle 10:00 del mattino alle 19:00 della sera, per tutti i santi giorni) ha reso faticosa questa esperienza e ha richiesto, un po’ a tutti, qualche sacrificio ma ha reso anche possibile un clima di complicità e di amicizia. Oddio, forse io non dovrei parlare, data l’estrema puntualità dei miei… ritardi.
Ma bando alle ciance.
Percorrendo il binario dei ricordi, o meglio curva dopo curva, dato che sono in macchina e Decollatura è in montagna, penso al primo giorno di corso e a quel senso di spaesamento che ho provato; anche perché trovare l’agriturismo “Borgo Iuliano” non è stato facile. In sostanza ho iniziato a conoscere i miei compagni e colleghi già nelle automobili, mentre disorientati, giravamo in tondo alla ricerca del nostro quartier generale (o buen retiro a seconda dei momenti) da lì ai seguenti dieci giorni. Infatti, per alcuni di noi provenienti da troppo lontano (tipo Catania, Cesena, Roma e finanche Parigi) o che non si sentivano di fare i pendolari, era possibile essere residenziali in quel di Decollatura nel sopraccitato agriturismo.

Si parte
Finalmente riuniti. Il direttore (Fulvio Mazza per chi vive sulla luna e non lo conosce… anche se è probabile che lui, comunque, conosca voi), con le sue doti da anchorman mancato, ha dipanato la matassa di confusione che, insieme al caldo soffocante (e non è un’esagerazione), ci avvolgeva.
In due parole, ci ha ordinato di presentarci, messi tutti intorno a un tavolo come ad una riunione degli alcolisti anonimi:
– Salve, mi chiamo Pinco Pallo, sono qui perché ho letto di voi sul giornale, voglio acquisire gli strumenti per lavorare in una casa editrice e dimostrare ad Umberto Eco che posso valere più di lui.
– Salve sono Umberto Eco, ho sentito del corso in Tv, o su Internet (www.bottegaeditoriale.it per l’esattezza, Nda), non ricordo, e sono qui perché devo fare i chiodi a Pinco Pallo.
… e così via fino ad esaurimento corsisti.
Dopo di che, partenza.
Per i molti fra noi che ignoravano le meccaniche della nascita di un libro e della sua diffusione, si è aperto un mondo nuovo: l’ambiente fatato, di cui credevamo fatta una casa editrice si è trasformato e concretizzato nella sua giusta dimensione commerciale e “positiva”, forse un po’ crudele agli occhi di chi ha sempre considerato il libro come il più nobile dei prodotti in vendita.
Un oggetto troppo sacro per essere profanato dalle volgari leggi del mercato, dalle basse strategie del marketing, dalla diabolica logica dell’impresa.
Perciò sappiate che il “mondo libro” è anche ciò che è stato appena elencato: ed è un bene, altrimenti l’editoria non sopravviverebbe. Conferma di tutto questo l’abbiamo poi avuta durante la visita nella “fabbrica dei balocchi”, alias la casa editrice Rubbettino.
Il libro dalla A alla Z, nella più attiva e vivace casa editrice calabrese, mentre il nostro direttore sguazzava a proprio agio come una rana nello stagno (una rana di stile, è chiaro) e noi avevamo gli occhi sgranati, la mente rutilante di domande e… i piedi gonfi.

Il clima si fa serio, piscina compresa
Il confronto con una vera redazione editoriale ci ha aperto la mente dopo tante simulazioni fatte tra di noi: effettivamente quelle sembravano “persone serie”, forse perché non avevano la piscina a due passi e un bel cagnolone nero che passava di tanto in tanto.
Ma che fare?
Possiamo solo fidarci di una persona che viene invitata al Premio letterario “Tropea” e condivide il palco con Vittorio Sgarbi.
Comunque, piscina e cagnolone a parte, le simulazioni sembravano abbastanza speculari a quelle di una vera casa editrice e, a dire il vero, pure i ritmi serrati e il coinvolgimento di tutti.
Non sono mancate le personalità: oltre al già più volte citato Mazza (un po’ d’incenso non guasta mai!), ospite illustre è stato il professore Fausto Cozzetto, stimato storico (che ricordo peraltro come bravissimo docente durante i miei studi all’Università della Calabria).
E tra romanzetti d’appendice e pseudosaggi di storia locale è avanzato, in mezzo alla folla dei “visto si stampi”, il testo scientifico. Altolà, non abbiamo certo parlato di fisica molecolare, fotone, quark o che so io, ma di “validità scientifica di un testo”. Può considerarsi tale solo quando l’autore desidera far fare passi avanti all’argomento di cui tratta, apportando nuove informazioni e dati sullo stesso e corredandolo di un adeguato apparato di note che permettano di ripercorrere e verificare il suo lavoro. Facile a dirsi, ma vorrei vedere voi piegati sull’ennesimo documento spuntato fuori dagli scaffali polverosi di qualche archivio sotterraneo di periferia (dove spesso si trovano inediti tali che, per usare un’iperbole forse un po’ inverosimile, potrebbero costituire l’anello di congiunzione tra l’uomo e la scimmia).
Ed è proprio questo che fa la differenza con uno scritto semplicemente divulgativo, differenza che abbiamo potuto toccare con mano sfogliando la rivista – serissima! – L’Acropoli (per la versione on line: cfr. www.lacropoli.it), storica sì ma anche “storica” nel senso di “vetusta” e soprattutto regolare – un vero miracolo, si sa, per riviste non patinate!

L’editing (intervenire sì, ma con un po’ di sale in zucca)
Argomento molto importante e consistente del programma è stato, inoltre, l’apprendimento delle “regole di editing”, ossia la fase di montaggio e correzione di un testo, affinché questo, ripulito da un punto di vista tecnico-editoriale, acquisisca una qualità tale da poter essere sottoposto poi all’attenzione degli editori.
È un compito delicato perché si interviene sul lavoro di un’altra persona e bisogna rispettarne lo stile, il lavoro e, non meno importante, la sensibilità.
Bisogna correggere il più “chirurgicamente” possibile, intervenendo sia su errori tecnici (punteggiatura, battitura, grammatica, impaginazione, ecc…) che sui contenuti.
In questo secondo caso, per intervenire, bisogna avere una buona base culturale e cercare di interpretare il messaggio dell’autore, per correggerlo ove questo non risulti chiaro o dove vi siano macroscopici errori contenutistici.
Esempio: se l’autore scrive che Flavia Vento è bella, che il redattore sia d’accordo o no, non si interviene, ma se egli poi scrive che Flavia Vento è un genio dell’informatica, allora sarà il caso di fargli aprire un attimino gli occhi.
Da subito l’editing ci è stato proposto sotto forma di esercitazione, di errore da cui imparare, di interrogativo (abbiamo discusso più noi sul come, quando e perché la parola “chiesa” vada scritta in maiuscolo o minuscolo che in un Concilio Vaticano), di prova pratica, di dubbio (come si scrivono le sigle? com’è più corretto usare il trattino? e la parola “stato” o la parola “guerra”, quando vanno in maiuscolo o minuscolo? dell’uso delle virgolette ne vogliamo parlare? aspettate io ho dubbi sul corsivo e sul grassetto! ma troppe parentesi in un testo non faranno male? ma Cassiodoro era un monaco?).
Un testo deve presentare, inoltre, anche una certa omogeneità grafica, infatti, se “ad es.” lo scriviamo così, poi non possiamo anche scriverlo “ad esempio”.
E così con i numeri (o a lettera o in caratteri arabi o in caratteri romani), con le maiuscole, ecc…
Per quanto forte possa essere la vostra padronanza della lingua italiana, il dubbio sorgerà sempre e non ringrazierete mai abbastanza di vivere nell’era di Internet e di Word.
Il motto era: provare, provare, provare, fino a diventare dei veri e propri segugi dell’errore.
La cosa ha funzionato: forniti di queste armi improprie, abbiamo trovato errori anche quando non era richiesto, quando non era necessario… quando non era gradito.
Come un piccolo esercito di correttori, prendevamo di mira tutto, dalla lista della spesa ai menù dei locali, dagli Sms alle liste di nozze. Abbiamo proprio “rotto” insomma.

Lo staff
I dieci giorni di corso sono volati via tra esercitazioni, discussioni, confronti (tutti d’accordo sul ruolo della Siae, ossia questo ente non statale ma riconosciuto dallo Stato che “dovrebbe” tutelare gli autori, che “dovrebbe” proteggerne il lavoro e i sacrifici, che “dovrebbe”… lasciamo perdere va’) e correzioni (molte correzioni!).
Sono passati in fretta, tra l’onnipresente figura del Mazza e la rassicurante presenza dei tutor, i quali hanno tenuto delle lezioni ognuna contrassegnata dalla personalità del docente di turno.
Mi spiego meglio: ricordo come un delirio l’interessante, quanto estremamente veloce, lezione di Emanuela Catania sull’“agenzia letteraria”, argomento a me molto caro.
Tra l’illustrazione delle varie fasi di come viene gestito uno scritto, dal momento in cui arriva in agenzia a quando viene diffuso, interessante è stato il suo doppio punto di vista di autrice e di agente.
Poi mi si è rotto il polso a furia di prendere appunti: l’ho detto che parla veloce la ragazza!
Con Carmine De Fazio abbiamo invece ripercorso una rassegna stampa, quella “cosa” che a parole sembra facile ma poi vai a farla e ti rendi conto che ti stai perdendo nel grande mare dell’informazione. Trovate voi il giusto modo di fotocopiare articoli su più colonne e su righe che sembrano infinite, provate a fare entrare in un A4 o in un A3 i formati tabloid , che per ogni bestemmia, rimasta allo stato larvale nella testa, all’editore e all’impaginatore cadrebbe un dente.
Vedere Carmine in “abiti ufficiali” da tutor faceva un po’ strano. Noi eravamo sicuri che il suo ruolo fosse quello di imitare Corrado Guzzanti, parlare di rock’n’roll e fare il fratello di Maria Assunta De Fazio (potrei evitare di segnalare il cognome in quanto – essendo sorella di Carmine – sarebbe già evidente. Ma, se non lo facessi, Google non la “intercetterebbe” per intero e, così, le farei perdere una “segnalazione”. Ebbene sì, anche questi segreti informatico-editoriali ci sono stati insegnati durante il corso; come anche ci è stato insegnato che è piuttosto antipatico scrivere un lungo ragionamento all’interno di una parentesi. Come anche che, all’interno di una parentesi, è ben sconsigliabile mettere dei punti fermi. Ma – come il lettore potrà facilmente evincere dalla lettura di queste righe – ho adottato il proverbio «impara l’arte e mettila da parte». Avrò fatto male?).
Quando c’era quest’ultima, poi, al corso finalmente si respirava, tanti erano i sospiri che emanavano i colleghi maschietti.
Anche io, lo ammetto, mi sono persa nei suoi riccioli bruni durante la sua lezione sulle “scelte iconografiche per un testo”, ossia l’inserimento in un (potenzialmente pallosissimo) mattone di libro, di immagini, foto, disegni e quant’altro possa alleggerirne la vista e la lettura.
E cosa dire di santa Annalisa Pontieri?
Quella figura angelicata e paziente, sempre al fianco del laico direttore?
C’ha pure un marito, la martire.
Ella era una “dispensatrice”.
Ci ha dato consigli, fotocopie, libri, rassicurazioni, sorrisi e sostegno. In particolare ricordo una lezione che verteva sull’inserimento di un testo scritto in una pagina Html, attraverso l’uso dei tag, stando attenti agli specimina e passando per le maschere e le loro stringhe…
Chiaro no?
Scherzo, lei è stata molto chiara: poi ha fatto venire i sudori freddi al webmaster di www.scriptamanent.net (la cui tradizione editoriale è stata oggi “ereditata” da www.bottegascriptamanent.it e della nostra stessa www.bottegaeditoriale.it/direfarescrivere.asp) attentando ad una pagina molto seria e bella del suddetto sito con una simulazione dagli esiti disneyani.
Come potete dunque constatare sono stati dieci giorni di intenso lavoro e gravidi di esperienze didattiche, umane e personali, in cui ci siamo confrontati con gli altri e con le nostre capacità e risorse intellettuali e caratteriali.
Non è che in così poco tempo possa dire: «Salve, sono un redattore», posso però affermare di saperne di più, di non essere proprio una sprovveduta, “ciuccio nei suoni” che non saprebbe da dove cominciare.

La compagnia
Sono a casa, scendo dall’auto e guardo i miei jeans sporchi d’erba: ripenso alla partita a calcetto che ho fatto con i compagni di corso, che è proseguita con una puntatina al pronto soccorso per il dito (non diciamo quale per motivi di privacy) di uno dei maschietti-calciatori, con una serata in pizzeria, foto, la consegna dell’attestato di frequenza, risate, ancora foto, ancora risate.
Ho lasciato un ambiente in festa, un ambiente sereno in cui si è convissuto, senza troppi scossoni, per dieci giorni.
Sono sicura che sarebbe un piacere, e non un’ipocrisia, ritrovarci tutti per continuare a scherzare e, magari, fare i chiodi ai bei libri della collana Le città della Calabria (che oggi prosegue con le Le città della Sicilia) del direttore Mazza.
Il “tiro al direttore del corso” (ossia quell’insieme di battute, sfottò, denigrazioni, caricature, demotivazioni e mobbing vario, che sarà presto preso in considerazione dal Coni) sappiate che è stato inventato dai corsisti del giugno 2007.

La preghiera
Ripenso allo staff, presente e paziente, pronto a consolare e consigliare, che spero avrà la gentilezza di non trovare troppi errori in questo mio testo, arrivato, come sempre, in puntuale ritardo.

Alessia Truzzolillo
(direfarescrivere, anno III, n. 21, settembre 2007)
 
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