Avete mai provato a farvi pubblicare un libro? Se ci avete provato due sono le possibilità: uno, vi hanno pubblicato, e allora siete davvero dei bravi scrittori, oppure semplicemente fortunati; due, non lo hanno fatto, e allora c’è da chiedersi il perché. Se invece non ci avete ancora provato, ma vorreste farlo, ecco un’ottima guida per evitare.
Editori a perdere (Stampa alternativa, collana Eretica, pp. 136, € 7,23) è una sorta di manuale pratico, veloce e spiritoso. Non due casi editoriali ma due fatti editoriali davvero accaduti. Le vicende vissute da due ex esordienti, rispettivamente Miriam Bendìa e Antonio Barocci, narrate in due forme narrative differenti. L’esito, però, è lo stesso: denunciare le nefandezze di un mondo che troppe volte si ammanta di un giudizio di valore che non gli appartiene. Spesso si attribuisce, infatti, ciò che è valido per la letteratura all’editoria, come se il mondo letterario e quello editoriale fossero la stessa cosa. Occorre, invece, saper discernere.
Come proteggersi dagli abusi degli editori
In Viaggio di una giovane scrittrice tra editori a pagamento si svelano gli enigmi della trasformazione di un dattiloscritto in libro. L’autrice, Bendìa, debutta nel mondo letterario, che di letterario in senso aulico all’inizio (e anche alla fine) della vicenda ha ben poco, con una raccolta di scritti adolescenziali davvero irrilevanti, come afferma lei stessa. Dopo la prima clamorosa beffa, l’atteggiamento della allora piuttosto sprovveduta scrittrice cambia: diventa sospettosa, accorta, pronta a difendersi contro gli agguati tesi da «il gatto e la volpe» che si aggirano nei palazzi, diroccati o sontuosi dipende, di organizzazioni a scopo di lucro che si spacciano per case editrici.
Ben presto la protagonista-autrice impara anche a interpretare gli indizi che gli editori (o, meglio, chi per loro) gli fanno recapitare sotto forma di lettere, così come impara a difendersi dagli inviti seducenti. Per salvaguardarsi da eventuali ricadute, stila una sorta di vademecum con tanto di regole e suggerimenti, corredato, però, dalle esperienze nel campo, che fungono allo stesso tempo da monito e divertimento (naturalmente, soltanto per il lettore).
Una denuncia attenta e gentile, con tanto di nomi e date, con cui l’autrice si propone di rendere pubblici i raggiri e le ingiustizie che si conservano nei magazzini di certe case editrici (non di tutte, meno male), insieme ai tanti libri di esordienti sfortunati pubblicati soltanto per essere portati al macero.
Le esperienze personali di Bendìa diventano lo spunto per narrare le tante incoerenze che si rivelano tra le clausole di un contratto ad un autore. Gli impegni sottoscritti da una casa editrice (pubblicazione, distribuzione e promozione) non vengono rispettati, e spesso si deve ricorrere alle vie legali per poter far valere i propri diritti da scrittore, soprattutto se si tratta di un esordiente. Qual è, infatti, la via più sicura affinché il testo di un esordiente possa trovare un posto nel grande mercato editoriale?
I contatti diretti tra autori mai editi e case editrici non sempre sono il modo migliore. Ci sono, però, le agenzie letterarie, preposte alla promozione degli esordienti presso le case editrici, soprattutto quelle affermate e sommerse di dattiloscritti, che dovrebbero garantire un canale privilegiato per la proposta editoriale, ma bisogna saper scegliere. Poi ci sono i concorsi letterari: meglio lasciar perdere (tra l’altro, la maggior parte, previa tassa d’iscrizione).
La via più breve: sicuramente i santi in paradiso. Ad averne. Cosa rimane da fare allora all’esordiente in cerca di editore? Sperare, perseverare, ed essere fortunato. La storia/denuncia di Bendìa si propone come un avvertimento, ma si svolge come un racconto a lieto fine. Lo stile, tra l’altro, è quello del racconto breve, cui si affiancano i documenti e le prove accumulate nel tempo, con una scrittura spiritosa e pungente.
Talvolta sarebbe meglio evitare
Manuale per non farsi pubblicare di Barocci è una raccolta di lettere indirizzate dall’autore a diverse e illustri case editrici. Nel tentativo di pubblicare la sua raccolta di racconti Calzini bucati l’allora esordiente scrittore accompagna l’invio del suo dattiloscritto con una lettera di autopresentazione. Gli esiti, diversi, non sono tra i più felici. Alcune case editrici rispondono con premura, altre lo fanno formalmente, la maggior parte non risponde affatto. Naturalmente questo testo contribuisce, insieme a quello di Bendìa, a svelare il disincanto di fronte a un mondo editoriale difficile e sottomesso a certe logiche di mercato.
L’autore, alla fine del suo testo, fa il mea culpa per lo stile e la rabbia con cui si è rivolto, soprattutto, alle “eccellenze” del settore, ammettendo di aver scritto «lettere provocatorie e irriverenti», ma questo non giustifica a suo parere certi trattamenti. Gli scritti qui pubblicati rivelano una scrittura originale, con un sarcasmo e un’ironia spesso esilaranti. Il testo è un vero e proprio manuale per evitare in ogni modo la pubblicazione, in antitesi al primo lavoro di Bendìa, ma che contribuisce in maniera diversa allo stesso tipo di denuncia.
Rossana De Angelis
(direfarescrivere, anno III, n. 13, marzo 2007) |