Anno XX, n. 225
novembre 2024
 
Questioni di editoria
E per chiudere...
qualche rifinitura
Le inesattezze più ricorrenti:
quali sono e come evitarle
a cura di Sandra Migliaccio
Il lavoro del redattore, il corretto impiego delle maiuscole, delle varianti di carattere e della punteggiatura, le modalità di inserimento di numeri, cifre, note e citazioni bibliografiche: queste le tappe del nostro viaggio. Giunti ora all’ottava puntata e alla fine di questa prima parte della nostra rubrica, vogliamo dare qualche suggerimento volto ad evitare gli errori più comuni e le inesattezze più ricorrenti all’interno di un testo. E poi parleremo di “d” eufonica, un tempo molto più usata rispetto ad oggi per evitare l’incontro di due vocali.

7 Altre regole

7.1 Errori diffusi

7.1.1 Errori comuni e... dal piè al fa, al po’

Regola
«Occorre prestare attenzione ad alcuni errori che possono essere definiti comuni».

Commento
Per quanto ovvio è bene ricordare ancora che si scrive:

da’, di’, fa’, sta’, va’

rispettivamente per gli imperativi di dare, dire, fare, stare, andare, mentre è errato scrivere:

, , , stà, .

Nel caso degli imperativi citati l’apostrofo va a sostituire la vocale caduta per elisione. Quando a cadere è invece un’intera sillaba, è l’accento a segnalarne il troncamento. Scriveremo pertanto piè (con l’accento). Per lo stesso motivo il passato remoto dei verbi, per esempio potere, dovere e ripetere, è con l’accento poté, dové e ripeté (egli poté uscire; ella dové andare; il maestro ripeté).
Vi sono però delle eccezioni: per esempio po’, mo’ e fra’ (troncamento rispettivamente di poco, di modo e di frate), che generalmente sono scritti con l’apostrofo (fra a volte è scritto anche senza). Tornando alla regola, l’accento corrisponde a quel fenomeno fonetico conosciuto come “raddoppiamento sintattico”: l’iniziale della parola successiva a quella che ha subito il troncamento, nel caso sia consonante, è soggetta al raddoppiamento nella dizione, ossia va pronunciata come doppia. Nell’esempio di piè di pagina l’accento indica perciò la pronuncia: pieddipagina.
Inoltre:
Vi sono delle espressioni inglesi ormai integrate nell’uso della lingua italiana, che possono adottare più forme di scrittura.
A tal proposito, noi scriviamo (cfr. 4.2):

on line, email ed ebook;

e non

on-line o online, e-mail ed e-book.

7.1.2 Qual è

Regola
«Si scrive qual è».

Commento
Dunque senza apostrofo. Va detto che nella frase affermativa dove l’aggettivo è femminile, l’apostrofo potrebbe anche andar bene ma, anche in questo caso, è comunque sconsigliato. Va comunque tenuto presente che alcune grammatiche accettano anche la formula qual’è.

7.1.3 Numero pagine

Regola
«Il numero di pagine di una qualsiasi pubblicazione a stampa è sempre pari».

Commento
Una piccola/grande ovvietà: le pagine di una qualsiasi pubblicazione a stampa (giornale, rivista, libro, ecc.) non può avere un numero dispari. Il numero è sempre pari! In particolare: nel calcolo del numero delle pagine (per le recensioni e per quant’altro) va considerata la prima pagina pari dopo la scritta «Finito di stampare».

7.2 Il soggetto/autore della recensione

Regola
«Nelle recensioni occorre usare il pluralis majestatis ci si può avvalere della prima persona solo in casi particolari, ad esempio quando si racconta qualche episodio personale o quando caratteristica dello scritto è evidentemente la creatività dell’autore. Occorre evitare inoltre di usare parole troppo elogiative».

Commento
L’impiego della prima persona plurale va inteso non già come plurale maiestatico (d’uso nelle allocuzioni solenni che provengono da alte autorità civili o religiose e negli atti ufficiali), ma come plurale di modestia, che quindi non dimostra autorità ma l’umiltà di chi scrive, che quasi non vuole imporre la sua presenza. Nelle recensioni, inoltre, è bene evitare parole ed espressioni eccessivamente elogiative, che potrebbero lasciar trasparire una sorta di “servilismo” nei confronti dell’autore.

7.3 Differenza di tra e fra

Regola
«Benché generalmente trattate come intercambiabili, è preferibile usare tra come partitivo e complemento di relazione, e fra nelle congiunzioni temporali».

Commento
Tra proviene dal latino intra e vuol dire “all’interno”, “in mezzo”, dunque è evidente il legame con il partitivo, come ad esempio: tra molti elementi. Fra, invece, proviene da latino inferus che vuol dire “inferiore”: è preferibile da usarsi nelle cognizioni temporali, come ad esempio: fra poco. In casi di evidente cacofonia (per esempio: fra poco i frati, tra i trattori, ecc.) la regola può essere disapplicata.

7.4 Dialoghi

Regola
«Per i dialoghi usare le virgolette basse (o caporali) e non le lineette. Le lineette sono più proprie di altri tipi di frase subordinata – soprattutto un’incidentale. È importante scegliere inoltre un criterio uniforme per la punteggiatura, è preferibile inserire all’interno delle virgolette basse (o caporali) i segni di interpunzione come “.”, “,”, “?”, “!”, “…”. L’uso delle virgolette basse è infatti un mero artificio grafico che serve a segnalare la presenza del discorso diretto, pertanto i segni di interpunzione vanno inseriti all’interno delle virgolette stesse e non all’esterno.
Si rammenta qui che l’uso della punteggiatura è una caratteristica stilistica, come tale, dunque, va corretta solo nei casi di evidente incongruenza o di uso inappropriato».


Commento
Scriveremo allora:

Marco esclamò: «Che giornata meravigliosa!»

Oppure:

Luigi disse: «Credo che verrò alla festa.»

7.5 La d eufonica

Regola
«La d eufonica deve essere aggiunta ai monosillabi a ed e (ottenendo quindi le forme ad e ed) quando la parola che segue inizia con la stessa vocale. La d eufonica non si utilizza, pur sussistendo l’uguaglianza di vocale, quando tra la a o la e e la parola successiva c’è un segno di punteggiatura, perché la pausa smorza sensibilmente la cacofonia».

Commento
Quando la parola seguente inizia per ad o ed, secondo molti si crea una fastidiosa cacofonia; di conseguenza, in sede di revisione di un testo da parte del redattore, è preferibile lasciare spazio allo stile dell’autore.
Quando la parola che segue non ha la stessa vocale, l’uso o meno della d eufonica è da considerarsi connotazione stilistica, purché l’uso sia coerente e continuo. Più precisamente: se l’autore la utilizzerà in cinque casi e in due no, si darà spazio allo stile e la si aggiungerà ove manca; viceversa, se invece l’autore la utilizzerà in cinque casi e in tre, quattro, cinque no, allora la si eliminerà ove è presente.
Sono normalmente scritte con la d eufonica alcune espressioni, come ad esempio, ad essa, ad ogni, ad opera.
È ormai desueto l’utilizzo della forma od, che pertanto va evitato.

Sandra Migliaccio

(direfarescrivere, anno III, n. 11, gennaio 2007)
 
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