Quando, nello scrivere un testo, vogliamo evidenziare in modo particolare determinati termini, o anche concetti, sicuramente, tra le varie possibilità, si può ricorrere all’uso del corsivo e del grassetto. Renderemo così un immediato contrasto visivo che permetterà di focalizzare l’attenzione del lettore su specifiche parole. Proprio per quest’ultimo aspetto grafico è opportuno non abusarne nell’utilizzo, altrimenti finiremmo per “appesantire” il testo e creare un effetto sgradito – una sorta di “affollamento visivo” – alla maggior parte dei lettori. Ciò vale soprattutto per il grassetto.
Nella quarta puntata delle nostre riflessioni di editing (dopo aver trattato, nelle precedenti parti, delle diverse problematiche legate agli aspetti tecnici delle correzioni e poi – nel merito – dell’uso delle maiuscole e delle minuscole e delle cautele da adottare in relazione agli interventi legati al rispetto dello stile dell’autore) affronteremo, dunque, proprio la tematica citata dell’uso del corsivo e del grassetto. Non senza aver preventivamente precisato che l’uso delle due varianti di carattere corrisponde sempre a determinate scelte redazionali.
3 Uso del corsivo e del grassetto
3.1 Il corsivo
3.1.1 Nomi di giornali, riviste, testate, collane, titoli di libri e di altre opere in generale
Regola
«Le denominazioni di giornali, riviste e testate, i nomi delle collane editoriali, i titoli di libri, di film, le denominazioni di documenti normativi e i titoli di e di altre opere in genere vanno in corsivo».
Commento
Alcune precisazioni sono d’obbligo. Se le denominazioni sono scritte nella testata o sui testi di una collana interamente in maiuscolo bisogna creare il “gioco” di maiuscole e minuscole seguendo le regole di seguito riportate. La ratio nasce dal fatto che scrivere CORRIERE DELLA SERA o LA STAMPA (riprendendo cioè la forma utilizzata effettivamente sui due quotidiani) da un punto di vista grafico è alquanto inopportuno. Pertanto, seguendo le nostre regole, scriveremo Corriere della sera e La Stampa. Nel caso de La Stampa, la “l” dell’articolo e la “s” di stampa sono maiuscole in quanto designano un nome proprio.
Laddove invece le denominazioni sono scritte riportando l’alternanza di maiuscole e minuscole (o, anche, ove vi siano solo minuscole) venendo meno la ratio grafica, le si scriverà esattamente come sono. E quindi avremo: il Giornale, il manifesto, la Repubblica, l’Unità, il Quotidiano, Il Sole 24 ore, Gazzetta del Sud, L’espresso.
Nel caso dei documenti normativi, il corsivo andrà utilizzato solo nei casi in cui si faccia specifico riferimento ad un documento o ad un testo legislativo in particolare:
Scriveremo dunque:
La Costituzione è stata approvata in Italia nel 1947.
Ma:
In molti paesi vige una costituzione scritta.
3.1.2 Gli apparati del testo
Regola
«Gli eventuali apparati del testo (Introduzione, Prefazione, Postfazione) vanno in corsivo con l’iniziale maiuscola».
Commento
Pur non trattandosi di titoli di opere vere e proprie (come possono essere composizioni musicali, libri, quadri, ecc.), tali apparati sono comunque titolazioni di piccoli saggi autonomi che, per estensione, vanno considerate opere stesse.
Se citati come indicazione bibliografica occorre scriverli nelle parentesi tonde prima della casa editrice. Scriveremo ad esempio:
Introduzione di Luigi Bonanate, Laterza, pp. 162
3.1.3 Trasmissioni televisive
Regola
«I nomi delle trasmissioni televisive e delle testate giornalistiche televisive vanno in corsivo».
Commento
Anche in questo caso, per estensione, considereremo i nomi delle trasmissioni televisive come titoli di opere applicando, quindi, la regola ad essi relativa.
Scriveremo allora, ad esempio: Ballarò, Carramba che sorpresa,Distretto di polizia, Incantesimo, Primo piano, Verissimo; Tg5, Tg2 Dossier:
Mediaset, Rai, Raiuno, Retequattro, ecc.
vanno in tondo perché editori e non prodotti editoriali.
3.1.4 Parole straniere o particolari
Regola
«Le parole straniere o particolari, non integrate nella lingua italiana standard e le parole antiche vanno in corsivo. Non vanno in corsivo i nomi propri anche se espressi in lingua straniera o antica.
In corsivo vanno anche le espressioni onomatopeiche (cioè quelle che foneticamente evocano un rumore o un verso imitandone il suono), le frasi, i nessi logici, o le locuzioni avverbiali e aggettivali di uso comune nella lingua italiana, ma di provenienza straniera o antica».
Commento
Proprio per la loro particolarità, è opportuno mettere tali elementi di un testo ben in evidenza rispetto al resto.
Scriveremo allora scripta manent, monsieur, icecream. E ancora, chicchirichì, in primis, sui generis, work in progress, ad maiora.
Come stabilire se un termine è entrato o meno a far parte della lingua italiana standard? La domanda non ha una risposta netta e definitiva, sia perché il fenomeno dell’afflusso di esotismi nella lingua italiana è un processo in continua evoluzione, sia perché va tenuto conto del contesto in cui è inserito il termine straniero. Nel cercare di individuare una regola da seguire, potremmo, in un primo momento, stabilire che un termine va considerato straniero non entrato nell'uso se il programma di videoscrittura utilizzato lo sottolinea in rosso, a significare l’assenza dello stesso termine dal dizionario in esso stesso contenuto. Un’ulteriore verifica va comunque fatta, utilizzando alcuni dei dizionari on line o consultando un buon dizionario della lingua italiana, in quanto la versione del programma che utilizziamo potrebbe non essere aggiornata.
Altro elemento da considerare è l’argomento che si sta affrontando nella stesura del testo. Il corsivo va usato per i termini tecnici o specialistici in contesti non tecnici o specialistici. Ciò significa che, viceversa, in quest’ultimo ambito un termine di tale tipologia, anche se straniero, può essere lasciato in tondo.
Se un termine straniero viene scritto in tondo, questo rimane invariato al plurale; ma se viene scritto in corsivo bisognerà mantenere il procedimento di formazione del plurale della lingua straniera di appartenenza.
Scriveremo pertanto stage al singolare, ma stages al plurale.
Ribadendo sempre che si tratta di scelte redazionali, la nostra regola è quella di ricorrere al corsivo per uno stesso termine nell’arco dell’intero testo, e non solo la prima volta in cui questo viene scritto.
All’interno di un testo interamente in corsivo – pensiamo ad esempio a una citazione in lingua straniera o a una nota di redazione – tutto quello che dovrebbe andare in corsivo va in tondo. Esempio:
A questo punto, però, dovremmo intenderci sul reale significato di welfare state.
Non useremo il corsivo per indicare i nomi propri di edifici, persone o istituzioni. Scriveremo dunque Empire state building, Champs élysées, Sagrada familia, Taj mahal, Oxford university press, Bill Clinton.
3.1.5 Siti web
Regola
«Gli indirizzi web vanno in corsivo e si consiglia di non scriverli alla fine di una frase, per non creare confusione tra l’indirizzo e la punteggiatura della stessa frase. Anche le sezioni presenti all’interno di un sito web vanno in corsivo con l’iniziale maiuscola».
Commento
Scriveremo dunque www.scriptamanent.net e staremo attenti a non scriverlo al termine di una frase: è infatti da evitare www.filosofia.it. (ossia, il sito seguito da un punto) In casi come questo si potrebbe in alternativa lasciare uno spazio tra l’indirizzo e il punto: www.filosofia.it . Anche in questo caso, per estensione, sono considerati gli indirizzi web e le sezioni interne come titoli di opere (pubblicazioni, seppur on line) e applicheremo, di conseguenza, la regola ad essi relativa.
3.1.6 Le indicazioni dell’autore, del curatore, del redattore e del traduttore
Regola
«Le indicazioni dell’autore, del curatore, del redattore e del traduttore, seguite, rispettivamente, dalle sigle Nda, Ndc, Ndr, Ndt, vanno tra parentesi quadre».
Commento
Trattandosi di parti estranee al testo principale, è bene porli in evidenza ricorrendo, appunto, a questa variante del carattere. Esempio:
[Nel momento in cui l’autore scriveva, la vicenda era ancora sconosciuta ai più, Ndr].
3.2 Il grassetto
3.2.1 Titoli
Regola
«Titoli, sottotitoli, occhielli e titoletti di paragrafo vanno in grassetto».
Commento
Ciò è necessario per aiutare la lettura evitando che il testo dia un effetto ottico “piatto”. Tutta la titolazione serve infatti per facilitare la lettura introducendo gli argomenti e separando i vari sottoargomenti.
3.2.2 Domande nelle interviste
Regola
«Nelle interviste, le domande vanno in grassetto e in corsivo».
Commento
L’obiettivo è quello di creare un po’ di movimento nel testo che agevoli la lettura e consenta di individuarne subito le varie parti.
Considerando la logica interna al nostro testo, precisiamo che, per rendere egualmente il contrasto, nelle domande ciò che andrebbe in corsivo va, come abbiamo avuto modo di sottolineare in precedenza, in tondo, in quanto, appunto, in corsivo va la domanda medesima. Esempio: Da quanto tempo lavora per il quotidiano la Repubblica come inviato di guerra? Il titolo del quotidiano, che normalmente andrebbe in corsivo, in una frase completamente in corsivo, per contrasto va in tondo.
Ricordiamo inoltre che non vanno mai lasciate righe vuote tra la domanda e la risposta. Una riga vuota è, invece, d’obbligo tra la risposta e la nuova domanda.
S. M.
(Si ringrazia Maria Gulino per la collaborazione)
(direfarescrivere, anno II, n. 7, settembre 2006) |