Anno XXI, n. 230
aprile 2025
 
Questioni di editoria
Sulle veridicità
del romanzo storico
L’innovazione di Ritanna Armeni
e di Antonio Scurati farà scuola
di Maria Chiara Paone
Nella società odierna i romanzi storici continuano a suscitare un grande interesse, rappresentando un genere letterario di grande rilevanza: si pensi alla famosa tetralogia de L’amica geniale di Elena Ferrante che inquadra, nella storia dell’amicizia tra due bambine degli anni Cinquanta, tutte le vicende dell’Italia del secondo Novecento. Questo interesse ha radici profonde nella letteratura italiana: dopotutto, quello che viene definito come il primo romanzo di lingua italiana è il celebre capolavoro di Alessandro Manzoni, I promessi sposi, che ha stabilito un punto di riferimento nella narrativa storica del paese. Questo romanzo epico ha sicuramente aperto la strada a una vasta gamma di opere successive, che si sono ispirate alla sua combinazione unica di fatti storici e trama coinvolgente anche per altri periodi.
All’interno di un romanzo storico, come si può ben pensare, è essenziale che ci sia un solido fondamento basato su fatti, appunto, storici. Gli scrittori ci si appoggiano, a volte sono proprio la prima ispirazione per il processo di scrittura, utilizzando documenti, testimonianze e altre fonti storiche per creare una rappresentazione accurata e coinvolgente del periodo trattato. Tuttavia, l’approccio alla gestione, e alla condivisione col lettore, di queste fonti può variare notevolmente da un autore all’altro. Ogni scrittore porta la propria visione e interpretazione degli eventi storici, dando vita a narrazioni uniche che si distinguono per il loro stile narrativo, la profondità dei personaggi e l’interpretazione degli avvenimenti.
In questa sede si cercherà di esaminare alcuni approcci tra i tanti utilizzati nel corso degli anni – elencarli tutti sarebbe impossibile – proprio per evidenziare quanto la visione dell’autore sia importante per lo stile e la comunicazione di fatti realmente accaduti.

Il “padre” del romanzo storico italiano
Quindi non possiamo che partire da Alessandro Manzoni e da uno dei romanzi più letti nel panorama italiano, su cui non pensiamo ci si debba soffermare più di tanto sulla trama; una coppia di giovani che viene a contatto con il mondo del Seicento italiano, ferocemente giudicato dal narratore-Manzoni nel corso del romanzo stesso.
Verso la conclusione del capitolo XXVII, in uno dei momenti di maggior rilievo del romanzo, lo scrittore presenta un’immagine dell’andamento della storia che si intreccia sia con le vicende dei protagonisti Renzo e Lucia, sia con la storia umana in generale. Questa immagine è basata sull’interazione tra il particolare e il generale, in cui la storia è rappresentata come un turbine che si origina dall’alto, ovvero dalla dimensione amplificata degli eventi storici, e che penetra in profondità, fino ad arrivare alle vite dei personaggi, determinando un drammatico cambiamento nel corso delle loro esistenze [1]. Attraverso l’immagine del turbine Manzoni ci offre, così, una descrizione vivida ed efficace della relazione tra la dimensione macrostorica e la dimensione microstorica, in cui proprio questa similitudine suggerisce che l’intrecciarsi di queste due dimensioni costituisce la struttura fondamentale della storia [2]. Per creare questo mondo così interconnesso tra la “piccola” e la “grande” Storia Manzoni ha attinto da fonti molto precise per la ricostruzione delle vicende nella Milano del Seicento e la caratterizzazione dei personaggi. Tra queste troviamo il monumentale lavoro storico di Giuseppe Ripamonti, intitolato Mediolani Historia Patriae, che fornisce dettagliate informazioni sulla peste del 1630, la figura di don Bernardino Visconti (il personaggio-ispirazione per la figura dell’Innominato) e la tragica storia di suor Marianna de Leyva [3]; per la ricostruzione del contesto sociale ed economico della Lombardia spagnola e per comprendere la povertà che affliggeva la popolazione ha utilizzato il testo di Melchiorre Gioia, Economia e statistica; inoltre, per l’ambientazione della Milano colpita dalla peste, sono stati utilizzate anche le parole del “reale” Federigo Borromeo contenute nel suo De Pestilentia [5]. Lo stile di Manzoni risulta così intervallato da questi excursus storici precisi e puntuali, facendo così rivivere l’ambientazione del periodo, non solo nel realismo dei personaggi ma anche nei fatti vissuti.

Le fonti nei testi storiografici
Nonostante non sia propriamente un romanzo storico pensiamo sia importante far notare come anche i testi, o per meglio dire i saggi, più storiografici, possono contenere degli elementi “romanzati” per mancanza di fonti precise e condivisibili. Per questo si aprirà un breve raffronto tra il romanzo manzoniano e l’opera del critico Carlo Ginzburg, Il formaggio e i vermi, che ha per oggetto la vita e, soprattutto, i due processi per eresia che hanno avuto per soggetto Domenico Scandella, contadino e mugnaio di Montereale Valcellina, nato nel 1532, che aveva espresso delle opinioni personali molto “forti” sulla Creazione del cosmo.
Anche Ginzburg, come Manzoni, riconosce la natura narrativa della propria opera, attribuendo grande importanza all’analisi e alla ricostruzione della verità storica. Il critico riesce a ricostruire tutta la vicenda giudiziaria e l’esperienza del protagonista perché ha a disposizione moltissimo materiale: gli atti di entrambi i processo forniscono un’ampia descrizione dei pensieri di Scandella, detto Menocchio, mentre altri documenti sono dedicati alle sue attività economiche e alla vita dei suoi figli; ci sono persino pagine autografe dell’imputato che dimostrano come fosse in grado di leggere e di scrivere.
Le “lacune” qui si ritrovano nel descrivere i comportamenti e gli atteggiamenti delle classi subalterne del passato perché non vi sono molte testimonianze e informazioni in tal senso; Ginzburg fa notare come non sia facile comprendere, nonostante l’abbondanza di materiali, quale sia stata la reazione dell’opinione pubblica nei riguardi delle convinzioni del loro compaesano. Quindi in casi come questi, da riconoscere come componenti imprescindibili del processo di ricostruzione, lo storico non può fare altro che interpretare basandosi su quello in suo possesso: infatti in questo testo sono presenti molte congetture perché Ginzburg solo questo può fare.
Si può notare, quindi, come entrambe le opere presentino una storia ibrida perché composta da elementi diversi: fatti veri e fatti inventati in Manzoni, fatti verificati e “fatti” congetturati per Ginzburg [6].

Uno studio personale: Il nome della rosa di Umberto Eco
Un romanzo sempre italiano che si può definire “storico” è il conclamato di Umberto Eco, in cui la cornice più antica sicuramente è solo uno degli elementi che contraddistingue questa storia, oltre al corredo di riflessioni filosofiche e linguistiche disseminate nel corso delle “giornate”.
Sicuramente molte delle fonti che inseriscono la storia nel Medioevo sono frutto dei tanti studi personali e professionali del semiologo proprio su quel periodo, come dimostrano i numerosi saggi precedenti alla pubblicazione del romanzo. Anche qui, come per Manzoni, c’è l’utilizzo dell’espediente del manoscritto ritrovato ma oltre a questo non ci sono altre similarità: infatti mentre Manzoni lo utilizzò per conferire veridicità storica al romanzo e poter giudicare “dall’alto” i personaggi perché non coinvolto nella narrazione, Eco inserisce numerosi elementi per far capire al lettore che la storia è fittizia e nulla può essere giudicato vero, a parte l’ambiente che fa da sfondo.

Il Novecento attraverso lo stile di due autori contemporanei
Arriviamo ad altri due approcci, quelli di Ritanna Armeni e Antonio Scurati, che illustreremo insieme dato che gli autori sono a noi contemporanei, quindi possiamo toccare con mano come le diversità di stile non siano solo determinate dal cambio di epoca ma, soprattutto, dalle intenzioni dell’autore stesso.
Ritanna Armeni, nel suo romanzo Il secondo piano, in cui rievoca la storia di un convento di suore francescane della Misericordia in cui furono nascosti quarantasette ebrei ricercati strada per strada dai nazisti dopo il rastrellamento del Ghetto del 16 ottobre 1943. L’autrice unisce sapientemente la verità storica alla fantasia narrativa: innanzitutto nel suo racconto gli ebrei nascosti sono ridotti a dodici; inoltre come cronista ha iniziato a ricercare e ad approfondire questo periodo poco considerato dal pubblico imbattendosi in suor Grazia Loparco, salesiana e docente di Storia, che ha confrontato le fonti storiche con una sua raccolta personale di testimonianze orali.
Da questo possiamo evincere come l’approccio di Armeni possa essere definito più personale ed emotivo nella rappresentazione degli avvenimenti storici, anche leggendo il testo. Quando si tratta di fornire informazioni storiografiche, l’autrice sembra utilizzare dei “riassunti” scritti di suo autentico pugno. Questa scelta narrativa conferisce al libro un tono intimo e coinvolgente, permettendo ai lettori di sperimentare gli eventi storici attraverso la lente delle emozioni e delle riflessioni dell’autrice stessa, creando un legame empatico con i personaggi e offrendo una prospettiva personale sulla storia.
Di tutt’altro avviso è Antonio Scurati, come si può vedere in M. Il figlio del secolo, primo di una prevista quadrilogia sulla figura di Benito Mussolini; qui l’autore sembra basarsi ampiamente su documenti dell’epoca e su testi scritti dai protagonisti di quel preciso periodo storico, come Gabriele D’Annunzio, che ebbe un grande ruolo nei primi eventi che riguardarono Mussolini, come la presa di Fiume.
Scurati si immerge nelle fonti primarie, riportando direttamente nel libro le parole e le testimonianze dei contemporanei di Mussolini. Questo approccio conferisce al romanzo un’atmosfera di autenticità e veridicità, poiché Scurati si sforza di ricostruire il contesto storico utilizzando fonti attendibili e affidabili. I lettori possono quindi percepire la storia attraverso il prisma delle testimonianze dell’epoca, ottenendo un quadro più realistico e accurato degli avvenimenti.

«Ai posteri…»
Ovviamente qui non possiamo determinare quale sia il metodo più corretto tra questi elencati: sicuramente tutti hanno i loro meriti e offrono al lettore diverse prospettive sulla Storia. Chi cerca di creare una situazione di completa immedesimazione, chi condivide i propri ragionamenti con il lettore o vuole proprio metterlo in guardia dalla narrazione; chi si basa su interpretazione personale e chi cerca di essere totalmente fedele…
L’importante è che l’autore abbia come obiettivo confrontarsi con la sfida di dare nuovamente vita al passato, rendendolo comprensibile e rilevante per ii lettori del presente e del futuro.

[1] A. Manzoni, I promessi sposi, Newton Compton, Roma, 2010, p. 418.
[2] L. Pocci, Ginzburg e Manzoni: Tra la storia e il romanzo in Italica, Estate 2012, Vol. 89, n. 2, p. 226.
[3] G. Tellini, Manzoni, Salerno, Roma, 2007, p. 154.
[4] C. Varotti (a cura di), Manzoni. Profilo e antologia critica, in La letteratura italiana diretta da Ezio Raimondi, Mondadori Bruno, Torino 2006, p. 26.
[5] P. Fandella, G. Langella, P. Frare (a cura di), Questo matrimonio non s’ha da fare: lettura de “I Promessi sposi”, Vita e Pensiero, Milano, 2005, p. 147. [6] L. Pocci, cit., pp. 224-225.

Maria Chiara Paone

(direfarescrivere, anno XIX, n. 210, luglio 2023)
 
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