Anno XX, n. 225
novembre 2024
 
Questioni di editoria
Il redattore al lavoro:
l’editing e non solo
Le regole redazionali: cosa sono,
perché nascono, come si usano
di Rossella Bufano
Con questo articolo ha inizio una rubrica, curata da Sandra Migliaccio, che si pone l’obiettivo di descrivere l’attività del redattore, affrontandone tutte le problematiche ed in particolare quelle legate all’editing, sua principale mansione, nonché l’origine, la funzione e le modalità di impiego delle regole redazionali che, del lavoro del redattore, sono gli strumenti cardine. Vale la pena precisare sin da ora che quasi mai si tratta di norme rigide e inderogabili, ma sono, di contro, quasi sempre opinioni del tutto – e la ripetizione è voluta – opinabili. L’esigenza di porle, dunque, non riguarda l’assoluta giustezza di queste, bensì (ma non è poco) la necessità di darsi delle regole di comportamento che siano quanto più logiche e coerenti. La nostra attenzione sarà rivolta principalmente al lavoro redazionale svolto all’interno di una casa editrice; vero è, tuttavia, che delle “buone regole di scrittura” – volte ad evitare errori, discrasie, illogicità e contraddizioni – dovrebbero essere adottate da chiunque si appresti a scrivere un testo (articolo, saggio, tesi di laurea), segnando, in tal modo, le linee guida lungo le quali si svilupperà il percorso intrapreso.
Nulla toglie, pertanto, che questa rassegna di norme possa essere presa come punto di riferimento anche da chi opera al di fuori di un ambito redazionale. Ma andiamo con ordine.
Termini come giornalista e redazione sono “riconosciuti” dall’immaginario collettivo e richiamano alla mente un mestiere e un contesto lavorativo ben precisi. Il giornalista scrive per i giornali o trasmette notizie nelle emittenti, la redazione è l’insieme di coloro che realizzano un giornale o un telegiornale.
Quella del redattore è invece una professionalità meno nota e ancor meno lo è la sua principale attività: l’editing. Nel linguaggio comune, di tutte le funzioni che egli svolge, risulta immediatamente comprensibile solo la “correzione delle bozze”, che, in teoria, dovrebbe essere affidata al correttore di bozze e non al redattore. Eppure questo “sconosciuto” è tra le figure professionali più importanti che operano all’interno di una casa editrice o di una testata giornalistica, poiché è addetto al controllo della qualità del prodotto libro/giornale.
Viene da chiedersi cosa si intende per qualità quando si fa riferimento ad un brano (che venga pubblicato su un supporto cartaceo o on line). Un saggio, un romanzo o un articolo sono “buoni” quando “si fanno leggere”, ovvero quando non si incontrano errori ortografici e grammaticali che infastidiscono la vista e riducono la concentrazione del lettore; quando sono scritti in modo fluido e comprensibile; quando non sono “scomparse” parole o righe; quando la grafica e i titoli sono accattivanti; quando l’impostazione di una pagina multimediale è fruibile e non induce a voltare (anziché pagina) sito. Infine la qualità è data dall’attendibilità e dalla veridicità dei contenuti.

Dalla lettura all’impaginazione del prodotto editoriale
Il redattore in casa editrice segue la pubblicazione di un libro dall’arrivo del testo quasi sempre per email o altro formato elettronico, alla stampa. Egli legge e corregge i testi, ne cura l’impaginazione, definisce tipo e collocazione delle immagini insieme al responsabile iconografico e al grafico editoriale – a volte egli stesso sa usare i programmi di impaginazione – cura gli apparati che completano un’opera (indici, didascalie, bibliografie), coordina il team dei collaboratori e si relaziona con gli autori. Il redattore di una testata, invece, rilegge e corregge gli articoli dei colleghi, titola i pezzi, elabora i sommari, scrive le didascalie per foto e immagini, collabora nella scelta e collocazione delle stesse immagini e all’impaginazione.
Sostanzialmente, è un mediatore tra autore (di articolo o libro) e lettore; più precisamente, è il “primo lettore” e in quanto tale può suggerire allo scrittore o al giornalista, se necessario, in quali punti intervenire per rendere il proprio elaborato più chiaro e più scorrevole. All’interno di una redazione giornalistica, solitamente interviene direttamente; quando si tratta di saggi o romanzi, invece, interagisce in modo più stretto con l’autore. Il motivo è semplice. Innanzitutto, in genere chi scrive gli articoli fa parte della stessa redazione e quindi l’interazione avviene comunque, e poi – benché il rispetto dello stile dell’autore sia una regola fondamentale – un giornale o una rivista hanno una linea editoriale ben precisa cui i giornalisti si devono attenere. Nel caso del libro, invece, il redattore è chiamato ad uno scambio continuo con l’autore, in un lavoro che potemmo definire quasi da cesellatore, di estrema precisione, volto a non intaccare lo stile dello scrittore, il quale potrebbe anche non approvarlo.

Editing: lettura e correzione del testo, consulenza all’autore
Con questo termine si intende la lettura di un brano destinato alla pubblicazione e il controllo che siano state rispettate, al suo interno, tutta una serie di regole ortografiche e redazionali. Contemporaneamente, l’attenzione viene rivolta al contenuto per riconoscere la presenza di eventuali dati imprecisi e correggerli.
Nel linguaggio di settore “editing” si usa, dunque, come sinonimo di lavoro redazionale, anche se, in realtà, nasce come termine che indica la lettura di un inedito e la conseguente consulenza rivolta all’autore. Ma procediamo per gradi.

Il godimento estetico e la veridicità dei dati
Abbiamo detto che il redattore è preposto a garantire il godimento estetico e l’attendibilità dei contenuti del prodotto editoriale. Il godimento estetico è dato, oltre che dalla grafica accattivante, dall’assenza di refusi – generati spesso dalla digitazione – e di errori sintattici, e dall’uniformità stilistica. Le sviste derivanti dalla veloce scrittura si individuano con una “lettura/visione” attenta.
Riflettiamo su cosa succede quando noi leggiamo: se l’occhio vede la sillaba “ca”, la mente formula immediatamente la parola “casa”. Questo è esattamente ciò che un redattore non deve mai fare. La mente deve perdere l’abitudine di intuire la parola scritta e tornare ad aspettare il messaggio completo della vista. Un po’ come facevamo alla scuola elementare. Ciò non significa che un redattore impieghi una vita per leggere un brano. Anzi, con la pratica diventa molto veloce e il suo sguardo individua gli errori molto prima di un lettore comune.
Un libro o un articolo non possono assolutamente presentare errori ortografici, morfologici e sintattici, altrimenti libro o articolo, seppure ben impaginati, vengono svalutati. Devono, dunque, essere osservate tutte le norme della lingua italiana. Queste rappresentano una parte delle regole ortoredazionali che il redattore deve applicare in modo rigoroso sul brano, qualora non siano state rispettate.
Attenzione, però, è importante ricordare che ciò è assolutamente valido soltanto per saggi e articoli. Nel caso dei romanzi non dimentichiamo che ci sono autori che adottano volutamente forme anticonvenzionali. In questi casi bisogna saper scindere tra norme che non possono essere violate perché renderebbero incomprensibile la lettura (“e” verbo va necessariamente accentata) e infrazioni che invece connotano lo scrittore (ad esempio l’uso improprio della punteggiatura volto a riprodurre, in un testo scritto, il linguaggio parlato).
Altrettanto importante è l’attendibilità dei contenuti. Se un editore pubblica libri o riviste di cui la precisione degli argomenti esposti viene contestata, perde in credibilità. Pertanto il redattore, che, ricordiamo, garantisce la qualità del prodotto, è tenuto a fare molta attenzione a dati e date, soprattutto per quanto riguarda i saggi. Certo egli non può sostituirsi all’autore nel lavoro di ricerca, ma deve essere molto attento a incongruenze che gli appaiono evidenti perché in contrasto con le sue conoscenze o perché in contraddizione con altri passaggi del testo stesso.
Ad ogni modo ci sono degli strumenti di cui può servirsi per rendere questo controllo rigoroso e celere.

Le regole redazionali e la coerenza interna di un brano
Accanto alle regole ortografiche e grammaticali, ci sono quelle redazionali che determinano lo “stile” di un libro, di una collana, di una rivista. Se non ci sono dubbi che la “e” verbo ha l’accento e più precisamente quello grave (è) – quindi questa è una norma rigida –, le regole che definiscono la linea di un prodotto editoriale sono strettamente legate al gusto di chi ne dirige la realizzazione.
È il caso dell’uso di corsivi, grassetti, maiuscole, minuscole, virgolette alte, virgolette a caporale, trattini brevi, trattini lunghi, ecc. In alcuni casi la consuetudine editoriale è consolidata e si operano le stesse scelte, ma tendenzialmente variano da casa editrice a casa editrice e da redazione a redazione. Ad esempio, ci sono saggi nei quali le note sono a piè di pagina, altri che le riportano alla fine del testo.
È fondamentale, però, che il brano o il libro siano uniformi e coerenti al loro interno. Così, se si è deciso che nelle note il nome di battesimo dell’autore va scritto con l’iniziale puntata, in nessuna pagina ci dovrà essere un nome per esteso. La coerenza interna nell’uso delle regole, oltre a favorire la comprensione del testo ed il suo godimento estetico, attesta la cura con cui si è lavorato al libro o al giornale nel suo complesso e, all’occhio di un lettore attento, è indice di attendibilità dei contenuti. E il lettore è solitamente molto attento.
Quindi, uno dei paradossi che caratterizza l’attività del redattore è che, da un lato, deve rispettare norme ben precise, ma, dall’altro, se lavora per più testate o case editrici, deve essere estremamente flessibile e cambiare regole a seconda del committente.

Precisione e creatività: l’esplosivo mix di questo lavoro
L’identikit di questo professionista: un tecnico rigoroso e un artista estroso.
In apparenza vi è contraddizione. In realtà ci sono mansioni che è tenuto a svolgere con precisione geometrica. Non solo deve applicare con diligenza le regole, ma quando corregge le bozze deve valutare: spaziature eccessive o insufficienti; l’effetto estetico della disposizione delle righe, delle immagini e delle didascalie nella pagina; la correttezza della divisione in sillabe. E ancora, nel redigere titoli e sommari, è vincolato a delle misure di lunghezza date dalla redazione. Ma gli spetta di essere anche creativo, perché deve creare titoli e sottotitoli accattivanti ed esaustivi, in grado di catturare l’attenzione del lettore incuriosendolo e, al contempo, facendogli comprendere con immediatezza di cosa tratta l’articolo.
Quello del redattore non è un lavoro meccanico, di mera revisione, anzi è particolarmente interattivo. Egli si misura con il testo, il che richiede una buona preparazione culturale e una spiccata sensibilità linguistica. Deve avere o sviluppare una certa perspicacia per individuare elementi nel testo incoerenti; deve essere logico, soprattutto se si occupa di prodotti multimediali, per i quali deve essere in grado di organizzare i rimandi e i collegamenti all’interno del prodotto stesso. Deve avere capacità diplomatiche e di mediazione, poiché si confronta con l’autore per il quale diventa anche un consulente.
Ciò è vero in assoluto quando valuta un inedito. In questo caso il redattore ha il compito di segnalare a chi l’ha scritto i punti deboli dell’opera nella trama e/o nella forma, e di concordare con lui gli interventi migliorativi. Quando questo lavoro viene svolto da free lance o all’interno di una società di servizi, si assume anche la responsabilità di orientarlo nella scelta delle case editrici presso le quali promuovere il prodotto. Comunque, nel momento in cui vaglia un testo mai pubblicato, il redattore deve saper essere, in qualche modo, anche un mecenate e un imprenditore. Deve, cioè, essere in grado di percepire le tendenze del mercato librario e il potenziale del testo che ha davanti.

Rossella Bufano

(La rubrica Questione di stile è curata da Sandra Migliaccio)

(direfarescrivere, anno I, n. 2, gennaio 2006)
 
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