Un Testo val bene una fila. È questo che devono essersi dette le molte persone che si sono viste incolonnarsi, sferzate dal maltempo di queste giornate siberiane, per partecipare a Testo [Come si diventa un libro].
È questo il titolo dell’evento che, dal 25 al 27 febbraio, la Stazione Leopolda di Firenze ha ospitato con notevole successo di pubblico. Il salone del libro che espressamente si dichiara dedicato a chi è innamorato dei libri: ovvero autori, editori e lettori. È stato organizzato da Stazione Leopolda e Pitti Immagine, ideato da Todo Modo, con il patrocinio e la collaborazione di Comune di Firenze e Regione Toscana.
Il mondo editoriale, reduce dall’effetto combinato di una crisi lunga e articolata e della morsa macroeconomica di eventi globali come la pandemia, è certamente in difficoltà. Non possono fare eccezione tutti quegli eventi, saloni inclusi, che si propongono di diffondere il verbo della cultura e del libro nella nostra società. Impresa difficile, per cui si è provato di tutto, dalla spettacolarizzazione (a volte eccessiva) degli eventi all’iniezione di tecnologia con i festival online. Il problema dei problemi è sempre lo stesso: dare voce alla miriade di prodotti e case editrici, selezionando qualità e prodotti editoriali di spessore con cui avvicinare il convitato di pietra: il lettore. O meglio, il non lettore, visto che, numeri alla mano, in Italia converrebbe proprio rivolgersi a questa categoria, ovvero coloro che sono fuori di quella sparuta minoranza di persone che leggono meno di un libro all’anno e così facendo, riempiranno il primo scaffale della loro libreria per l’età della pensione.
Una mano tesa al lettore e al non lettore (ma curioso)
L’ambiente gioca la sua parte e certamente ciò che colpisce è un’ambientazione insolita per un evento di questo tipo che ammicca a impressioni non solo culturali ma prima di tutto sensoriali. La porta è una copertina, che si varca per immergersi tra le navate della Leopolda tra sentori di carta e inchiostro. L’impegno sul concept, a cominciare dalla grafica e dai loghi, c’è e si vede.
Il libro è un prodotto, e come il marketing insegna, ha un suo ciclo di vita. Questo non banalizza la cultura e non toglie valore quasi eterno a un classico o a una cinquecentina, così come a un’edizione di pregio. Dice solo che dietro al libro ci sono aziende, di servizi e di produzione, che devono crescere, investire, difendere i posti di lavoro, generare profitto. E allora perché non rendere tutto ciò palese? Negli eleganti spazi di Testo viene riprodotto il ciclo di vita di un libro attraverso un percorso in sette stazioni.
Manoscritto, Risvolto, Traduzione, Segno, Racconto, Libreria e Lettore. Questa in sintesi l’intuizione dell’evento. Ognuna delle stazioni vanta capistazione di lusso, addetti ai lavori di grande esperienza, in grado di coinvolgere chi partecipa agli eventi, tutti gratuiti. Idealmente sette sono le stazioni che rappresentano la vita di un prodotto editoriale, una fase della vita del libro. E perché queste non siano le stazioni di una Via Crucis, devono giustamente essere conosciute da tutti. In primis il lettore, ma anche tanti sedicenti scrittori, per i quali il percorso elide a piè pari gli sforzi editoriali, le lacrime e sangue dell’editing, a va dal Manoscritto, di per sé perfetto e intoccabile, alle mani voraci di folle giubilanti e festanti di lettori. Ed è spesso con questo genere di “clienti” che agenti, editori, editor e comunicatori si trovano ad avere a che fare.
Si è dato spazio, giustamente, anche alle immagini e alla grafica, che non sono affatto in competizione con il testo ma sono anzi agenti e catalizzatori della sua efficacia e diffusione. Si inserisce in questo contesto l’evento “Scrivere con le immagini” presso l’Arena Olivetti che ha visto l’intervento di Oliviero Toscani.
Del resto se si vuole stimolare la curiosità dei “non lettori”, cioè dei non consumatori del prodotto librario, è giusto partire dal materiale per arrivare all’immaginario. Il libro, è stato detto, è oggetto tridimensionale e non dovrà scandalizzare se, esattamente come accade a certi bibliofili, potrebbe essere considerato e attrattivo per aspetti esteriori, legati per esempio alla sua materialità, alla qualità della sua veste editoriale e grafica.
Si è trattato quindi di un’iniziativa piuttosto ardita e originale nel suo genere che ha aggiunto al suo ambizioso programma di svelare al lettore il dietro le quinte di ciò che compra e legge un’attenta selezione di titoli e novità letterarie nazionali e internazionali, da Eshkol Nevo, Jan Brokken e Guadalupe Nettel, senza dimenticare i numerosi autori italiani: Fabio Bacà, Stefano Bartezzaghi, Massimo Carlotto, Daniele Mencarelli, Paolo Nori, Marco Peano, Veronica Raimo, Vanni Santoni, Nadia Terranova, Chiara Valerio.
A tutto questo si aggiunge una bella e nutrita esposizione di testi e libri di punta d di oltre sessanta case editrici, da Bompiani alle piccole realtà specializzate, come Le Lettere, Forma edizioni, Ediciclo editore, 66thand2nd e molte altre.
I laboratori per entrare tra gli addetti ai lavori
Ciò che colpisce è anche altro, ovvero il voler avvicinare il lettore o potenziale tale solleticando anche la sua aspirazione ad essere a sua volta un produttore di testi. Di qualità si intende. In questa direzione vanno i laboratori che hanno popolato l’iniziativa, cercando per esempio di gettare nuova luce e rendere meno scontato il concetto di scrittura creativa (i partecipanti, armati di carta, penna e pc hanno cercato di scrivere e descrivere, smontando, segmentando, revisionando le proprie storie, cancellando le parti noiose, arricchendo con la fantasia quelle avvincenti, e poi rimontandole), oppure quello di redazione. In questo senso, il relativo laboratorio si è concentrato su idee e possibilità legate alle nuove forme dell’editoria contemporanea e i partecipanti hanno potuto affrontare le diverse fasi del processo, dall’editing all’impaginazione dei contenuti.
Non sono mancati naturalmente anche gli eventi più tradizionali, dalle presentazioni librarie agli incontri con gli autori, ma il tutto senza dubbio è stato organizzato in una cornice che aveva ambizioni ben diverse e ben più ampie. Giusto in questo senso anche lo sguardo al passato recente, con momenti dedicati ad autori scomparsi recentemente, come Celati e Del Giudice, uno dei migliori scrittori del secondo Novecento, che è stato giustamente definito “l’uomo sottile”.
Ci auguriamo che tentativi come Testo continuino ad animare il panorama culturale italiano.
Massimiliano Bellavista
(direfarescrivere, anno XVIII, n. 194-195, marzo-aprile 2022)
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