«La libertà di espressione è alla base dei diritti umani, è la radice della natura umana e la madre della libertà. Sopprimere la libertà di parola significa insultare i diritti umani, soffocare la natura dell’uomo e reprimere la verità».
Le parole di Liu Xiaobo, intellettuale, scrittore e attivista cinese, che per anni ha combattuto per la libertà di espressione e per i diritti umani all’interno del proprio paese – subendo più volte la violenza del carcere – sono sicuramente le più adatte per questo discorso, fondamentale da affrontare in campo editoriale e giornalistico. Abbiamo pensato di affrontarlo in maniera diversa dal solito, presentando dei casi in cui la libertà di stampa viene a mancare.
Per questo vogliamo parlare del saggio di Barbara Mascitelli,
La carenza di libertà di stampa e l’impatto sulle relazioni internazionali. Il caso della Turchia e della Russia (Aracne editrice, pp. 172, € 12,00) in cui si prende in esame proprio questo diritto che sembrerebbe imprescindibile, ma sempre più spesso viene messo in discussione.
La libertà di stampa
In Italia la libertà di stampa viene garantita e tutelata dall’articolo 21 della Costituzione, in cui si legge che «tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure». Tale libertà, da sempre, denota il grado di civiltà di un determinato paese e l’indipendenza di un popolo.
Come afferma l’autrice all’interno del testo in questione, la tipologia di un governo può incidere sul diritto di parola di un giornalista: si capisce, infatti, che più dittatoriale sarà lo stato in questione e meno margine di manovra avrà a propria disposizione un addetto stampa. La riflessione della scrittrice, come lei stessa afferma all’interno dell’Introduzione del libro, è scaturita da un’amara scoperta: nel maggio del 2016 erano presenti nelle carceri della Turchia più di 30 giornalisti.
Quello che ci viene proposto, dunque, è un saggio degno di questo nome poiché non mancano di certo i riferimenti alla giurisprudenza italiana e internazionale per far comprendere l’importanza di questo argomento. Non a caso Mascitelli cita la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948 e la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. In entrambe viene ribadita l’importanza della libertà di espressione come diritto fondamentale del cittadino.
La storia delle libertà fondamentali
Non sempre, purtroppo, alle popolazioni sono state elargite quelle che noi oggi consideriamo libertà essenziali e intoccabili. L’autrice ce lo dimostra all’interno di un excursus storico in cui viene rivelato come queste siano in realtà conquiste assai recenti e fragili. Si passano in rassegna, dunque, lo Statuto Albertino del 1848, le leggi di Giolitti, le repressioni di Mussolini fino alla nascita della Costituzione della Repubblica italiana. Inoltre, nel periodo delle Grandi guerre la stampa si è vista limitare in molti campi in cui prima agiva tranquillamente.
Non mancano, però, i riferimenti ai momenti cruciali del giornalismo moderno: Mascitelli cita, non a caso, il celebre giornale satirico francese Charlie Hebdo che più volte è stato citato in tribunale a causa delle sue pubblicazioni troppo crude e, a detta di molti, incuranti del sentimento altrui. In seguito agli attentati terroristici del 2015 proprio contro la sede di questo periodico, la Francia si decise a modificare l’articolo 32 della propria Costituzione mettendo come limite quello di non incitare al disprezzo verso le persone a causa delle loro origini, cultura e/o religione.
La situazione in Russia
Da qui si allarga la visione critica del saggio, passando dall’Europa al contest orientale, analizzando il contesto della Russia. Dopo quasi un secolo di censura, causata prima dagli zar e poi dalla politica dell’Urss, nel 1993, come riporta Mascitelli, si afferma il diritto di stampa all’interno dell’articolo 29 e dell’articolo 44 della nuova Costituzione della Federazione russa. Nonostante questo, il governo, quello stesso anno, non si fece problemi a utilizzare le forze armate contro coloro che ebbero il coraggio di manifestare innanzi al Parlamento per i propri diritti, ma anche per il caso della Prima guerra cecena (1994-1996).
L’avvento di Putin non ha di certo migliorato la situazione all’interno di questo stato. Putin, salito al potere nel 2000, vi è rimasto saldamente fino a ora, se non si conta la parentesi dal 2008 al 2012 in cui venne eletto presidente della Federazione russa il suo fedelissimo collaboratore Dmitrij Medvedev. Inutile dire come la libertà di stampa abbia subito un brusco fermo da vent’anni a questa parte. Come non citare, dunque, Anna Stepanovna Politkovskaja, giornalista russa impegnata per i diritti umani – basti pensare agli articoli sulla guerra in Cecenia – e grande oppositrice di Putin, che venne assassinata mentre tornava a casa.
La stessa Mascitelli afferma come la visione di democrazia da parte del presidente russo sia vista come qualcosa che debba necessariamente piegarsi alle necessità politiche del paese.
La Turchia di Erdoǧan
Per quanto riguarda la Turchia, quando la si associa al concetto di libertà di stampa, non si può non pensare a quanto accaduto al popolo armeno. Già perseguitati nel 1876, videro messo in atto nei loro confronti un vero e proprio genocidio avvenuto tra il 1915 e il 1916 che il governo turco ancora oggi continua a negare. Anche nel saggio in questione si ripercorrono con accuratezza meticolosa gli avvenimenti di questi due popoli, riportando fonti e testimonianze storiche, passando in rassegna tutto il Secolo breve, ma anche la situazione della Turchia con altri paesi, come Grecia, Cipro, Israele, Russia e Siria.
Un vero e proprio trattato storico che ci permette di comprendere la situazione attuale, ovvero la presidenza di Erdoǧan, il suo autoritarismo, la politica a favore dell’islamizzazione del paese a discapito della laicità e la perdita dei diritti da parte dei cittadini.
L’importanza della stampa
Il testo continua nella sua analisi precisa e puntuale dei diritti di espressione, del lavoro dei giornalisti e dei rischi che corrono questi ultimi nell’andare alla ricerca della verità laddove essa potrebbe essere imbarazzante e compromettente. I fatti avvenuti in Turchia e in Russia, però, non dovrebbero farci pensare che vicende del genere non possano mai toccarci e che i nostri diritti siano dati una volta per sempre.
Dobbiamo ricordare, infatti, come sia facile perdere le proprie libertà soprattutto quando i tempi sono così incerti da far credere alle persone che ci sia bisogno di elementi “forti” per poter andare avanti. Le conquiste sono tali proprio perché scaturite da lotte a volte sanguinose e lunghe e la libertà di pensiero andrebbe sempre preservata da qualsiasi abuso.
Rosita Mazzei
(direfarescrivere, anno XVI, n. 176, settembre 2020)
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