Fra le iniziative: un dibattito
sulla Letteratura contemporanea
di Maria Chiara Paone
Il mese di maggio è scivolato via dai fogli del calendario portando via con sé l’ultima edizione del Salone internazionale del libro, svoltasi a Torino dal 9 al 13 maggio e arrivata quest’anno alla trentaduesima edizione.
E, come nella migliore delle tradizioni (che speriamo di portare avanti negli anni a venire), per un Salone che finisce arriva la nostra testimonianza sulla manifestazione, che ci ha visti come ospiti e protagonisti.
Prima del Salone: la questione Altaforte
Certo la kermesse torinese quest’anno ha vissuto di un’anticipazione poco gradita, a seguito della scoperta della presenza in fiera, con un proprio stand, di Altaforte, casa editrice sovranista diretta da Francesco Polacchi, esponente di Casapound. Ciò ha causato nel pubblico e negli ospiti le reazioni più disparate, unite tutte dalla protesta ma che hanno portato ad atteggiamenti opposti: andare oppure no a Torino?
Non hanno avuto dubbi in tal senso un nutrito gruppo di personalità della cultura italiana, tra cui lo storico Carlo Ginzburg, il collettivo Wu Ming, il fumettista Zerocalcare e, ultima ma non meno importante, Halina Birenbaum, sopravvissuta ai campi di concentramento nazisti – responsabile di una lectio inaugurale – che hanno deciso di rifiutarsi di partecipare alla manifestazione per un conflitto molto forte a livello politico e umano.
Di altro avviso è stata invece, tra i tanti, Michela Murgia che, in un post di Facebook ha assicurato la sua presenza al Salone per combattere l’ingiustizia dall’interno invitando tutti a portare libri che rappresentassero per loro «i valori della democrazia, dell’umanità e della convivenza offesi dal fascismo e dal nazismo».
Opinioni che, oltre ad essere estremamente personali, evidenziano come il problema, soprattutto verso gli ultimissimi giorni prima dell’apertura, sia diventato non più solo una protesta verso l’ufficio commerciale del Salone – che ha accettato senza nessuna domanda o indagine ulteriore la casa editrice – ma come abbia deviato in una lotta tra simili che vedevano nell’assenza o nella presenza una dicotomia di giusto/sbagliato non sempre così condivisibile.
Certamente queste proteste sono state ascoltate, provenendo anche dal sindaco di Torino che, dopo una dichiarazione pubblica di Polacchi in cui si è definito apertamente fascista – facendo aprire così un’indagine nei suoi riguardi – ne ha richiesto l’allontanamento, avvenuto in maniera definitiva il giorno prima dell’apertura. Una favola se non a lieto fine dal finale almeno dolceamaro.
Bottega e il Salone
Mettendo quindi da parte la lunga e doverosa premessa, passiamo al Salone in sé che, come scritto prima, ha visto noi di Bottega editoriale non solo ospiti in questa manifestazione ma anche protagonisti attraverso l’organizzazione di un Incontro sulla Letteratura contemporanea (di cui avevamo accennato qui: www.bottegaeditoriale.it/primopiano.asp?id=239).
Il Convegno si è tenuto allo stand della Federazione unitaria italiana degli scrittori e ha avuto il via dopo il saluto del presidente della Fuis, Giuseppe Natale Rossi, che ha tenuto a riconoscere il lavoro della agenzie letterarie nello scovare testi di qualità e ha considerato «un complimento» – per citare il suo discorso che potete trovare sul sito della Federazione (www.fuis.it/fuis-salone-del-libro-di-torino-2019-incontro-con-bottega-editoriale/video1-8-479-337734213) – che la nostra scelta sulla locazione di questo incontro sia avvenuta proprio nel loro stand, presso la loro associazione.
Vi è stata poi l’introduzione del nostro direttore, Fulvio Mazza, con cui si è approfondita l’importanza di un’agenzia che fornisce un supporto non solo nella mediazione con l’editore ma anche in fase iniziale, nella sistemazione di un testo, certamente valido nei contenuti. E, come si è tenuto a sottolineare, tutti gli autori ne hanno certamente bisogno, solo che «gli autori intelligenti lo chiedono, gli autori non intelligenti lo subiscono». Scopo di capire come da questi autori ci può essere una tendenza alla Letteratura contemporanea, se si inseriscono o meno.
Il dibattito ha visto protagonisti, come già anticipato, Marco Baggio, Massimiliano Bellavista, Francesco Boschi, Romano Ferrari e Gian Corrado Stucchi. Il critico letterario Guglielmo Colombero ha moderato l’incontro ricercando in primo luogo i punti comuni ai cinque autori, con particolare attenzione alla sperimentazione espressiva – attraverso cui gli autori cercano di comunicare con il lettore soprattutto dal punto di vista stilistico, mai prevedibile o scontato – e la dimensione temporale, dal passato di Romano Ferrari del quale va conservata la memoria storica, al presente di Baggio, Bellavista e Boschi, i quali riprendono, in diverse ambientazioni, i problemi ad approdare al futuro di Gian Corrado Stucchi, in cui si ipotizzano delle migrazioni di pensiero “quantico” tra le menti.
Tramite la sua guida, e alle numerose domande che lettori e curiosi hanno rivolto loro, gli autori si sono raccontanti tramite i loro romanzi: Baggio ha
messo in risalto, tra gli altri elementi, l’importanza essenziale del dialetto all’interno della sua storia, ambientata a Padova, e la cui conoscenza non poteva essere ignota al protagonista perché altrimenti «non sarebbe stato un personaggio vero»; con Bellavista si è parlato dell’attualità dei suoi racconti, ispirati anche a fatti di cronaca o a quella che viene chiamata «banalità del presente» ma che contiene in essa elementi misteriosi perché non per tutti i comportamenti esiste una spiegazione razionale e non per tutte le situazioni esiste un unico modo di affrontarle; Boschi ha inteso ampliare questo discorso introducendo l’elemento dell’indifferenza nella dicotomia bene/male, incarnata nel disagio della disabilità che colpisce non solo chi è coinvolto personalmente ma anche la famiglia collegata; con Ferrari si è parlato della sua vocazione per il romanzo storico, basata su una significativa esperienza personale, camminando lungo i sentieri delle Dolomiti percorsi dai soldati durante la Grande guerra: un’esperienza trasformata in motivazione e che ha portato ad esplorare la sfera emozionale, non solo quella cronachistica degli eventi bellici; infine Stucchi ha esplorato la particolarità dello stile del suo romanzo, basato su quelli che lui definisce «ricordi semantici scollegati», in inglese mind pop, e che sono stati tasselli fondamentali della costruzione della trama.
Un piacere indiscusso ci ha travolti nel vederli coinvolti a rispondere alle moltissime domande e curiosità dei lettori dimostrando come, seppur con stili e temi totalmente differenti, si riveli possibile giungere alla stessa conclusione: appassionare ed insegnare tramite la parola scritta.
Un evento che ci ha certamente riempiti di così tanto entusiasmo e carica da pensare già al prossimo anno!
Lo spazio e gli altri eventi
Prendiamo in esame il resto del Salone – visitato sì da “turisti”, ma sempre con occhio critico – che ha visto tornare, già dall’anno scorso, gli editori che si erano separati per preferire Tempo di libri a Milano; a questo aumento considerevole di case editrici rappresentate è corrisposta la decisione di abbandonare il padiglione 5 e optare per l’Oval.
Una scelta che, nella nostra personale esperienza, non crediamo sia stata a tutti i livelli ottimale: il padiglione interessato era dislocato al di fuori del resto dell’esposizione e spostarsi in e da quella direzione ha comportato spesso termini di tempo non indifferenti – dovuto anche all’imbottigliamento nel tunnel che conduceva verso l’Oval – e, soprattutto verso l’inizio, non lo neghiamo, un minimo di disorientamento!
Sicuramente la scelta della commissione di inserire proprio lì i maggiori espositori non è stata lasciata al caso, probabilmente per evitare che si trasformasse in un padiglione fantasma e certamente è stato un enorme profitto in termini di spazio, permettendo delle esposizioni, come al solito, molto grandi e scenografiche – a seconda del budget della casa editrice – senza però sacrificare l’andirivieni degli astanti che, persino nei momenti di maggiore affluenza, erano in grado di destreggiarsi tra la folla non senza, ma senza dubbio minore difficoltà rispetto agli altri anni. Quindi, per parafrasare la celebre frase di Enrico di Borbone, potremmo dire che “Torino val bene una scarpinata”!
Degli eventi in programma, ovviamente moltissimi, ne segnaliamo due a nostro parere molto interessanti. Uno è l’incontro con Matt Salinger, figlio del celebre autore, tra i tanti, de Il giovane Holden che ha condiviso la sua esperienza come figlio di uno scrittore famoso e ha confermato il suo lavoro di revisione di alcuni testi del padre rimasti inediti dopo il suo ritiro dalla scena pubblica. Interessante è stata anche la modalità di ascolto, adiuvata dall’utilizzo di cuffie che mettevano in contatto con la traduttrice simultanea e che permettevano così più tempo di qualità con l’ospite.
Il secondo, tutto italiano, che ha visto protagonisti Goffredo Fofi, Sandra Ozzola, Tiziana de Rogatis e Saverio Costanzo sul fenomeno letterario e ora anche televisivo de L’amica geniale (di cui abbiamo parlato qualche mese fa nell’articolo a questo link: www.bottegaeditoriale.it/questionidieditoria.asp?id=186) in occasione della pubblicazione della raccolta di testi che la Ferrante ha scritto l’anno scorso per il Guardian. Il dialogo è stato intervallato dalle letture molto espressive delle lettere scambiate tra la stessa Ferrante e Costanzo durante tutto il lavoro per la serie tv, dalla scelta delle attrici alla visione della prima puntata, recitate dalla “voce di Lenù” nella televisione, l’attrice Alba Rohrwacher.
Appuntamento quindi al prossimo anno, con nuove avventure legato al mondo del libro!