«Talvolta penso che il paradiso sia leggere continuamente, senza fine», scriveva Virginia Woolf, e per me questa non poteva che essere una frase altamente significativa dal momento che, da quando ne ho memoria, sono sempre stata descritta con un libro in mano; oltretutto proprio il mio inestimabile amore per la lettura è stato uno dei fattori che mi ha spinta a cercare di trasformare una passione nel mio lavoro, avvicinandomi al mestiere di editor.
Quindi, pur consapevole dell’impersonalità che conviene ad un articolo giornalistico, ma volendo fare un resoconto personale della mia esperienza, sono qui a raccontare ciò che è successo in seguito alla richiesta del big boss, Fulvio Mazza, di confermare o meno la mia presenza al Salone internazionale del libro di Torino. Trattandosi dell’appuntamento annuale per antonomasia per autori, addetti ai lavori o “semplici” lettori, come avrei potuto rispondere se non con un entusiasta «Certamente!»?
Ritorno al passato?
Sarò sincera: quando ho deciso di partire non ero completamente digiuna sull’argomento. Infatti tre anni fa, sempre grazie a Bottega editoriale, ho partecipato alla ventisettesima edizione del Salone, seguendo la fiera dal primo all’ultimo giorno, compresi il montaggio e “smontaggio” di uno stand collettivo che riuniva una ventina di editori.
Non credendo in un eterno ritorno dell’uguale (e, tutto sommato, non desiderandolo) ho preparato la valigia, consapevole che sarebbe stata un’esperienza differente: dopotutto era il trentennale, qualche “sorpresa” Torino me l’avrebbe riservata!
L’atmosfera generale
Le mie aspettative non sono state deluse: Lingotto Fiere ha accolto anche me, insieme al Salone, nel suo mondo parallelo, facendomi sentire a casa, nella mia famiglia di carta e personaggi.
«Oltre il confine» è stato il tema di quest’anno, che manifestava l’intenzione di abbattere gli innumerevoli muri (materiali e non) che spesso si pongono di fronte a noi, utilizzando l’unica arma che tutti dovremmo avere a disposizione: la cultura. Un obiettivo che, a mio parere, è stato pienamente raggiunto anche grazie ai numerosi eventi del programma, tra cui tengo a ricordare quelli dedicati agli autori stranieri e ai loro traduttori, esempio lampante di come, per condividere e condividersi, sia spesso necessario creare un ponte, come strumento prezioso per valicare la barriera linguistica.
Facendo un paragone con l’edizione 2014, una delle differenze che ho riscontrato è stata nell’utilizzo intelligente dello spazio, con stand ovviamente diversificati nelle dimensioni ma più funzionali, senza esagerazioni barocche, decidendo quindi di dare spazio alla sostanza e non all’apparenza, come dimostra uno dei simboli più immortalati di questo Salone, ovvero la torre di libri del Centro culturale “il Circolo dei lettori”, imponente ma lineare.
Qualche presentazione qua e là
Non è stato un viaggio di solo piacere: la “bottegaia” che è in me è emersa in particolar modo nelle giornate di venerdì 19 e domenica 21 quando, ospiti dello stand collettivo, abbiamo avuto l’opportunità di presentare alcune delle ultime opere su cui abbiamo investito il nostro tempo e la nostra attenzione; il terzo volume de Il declino degli dèi (Città del Sole edizioni, pp. 200, € 14,00) di Gerardo Passannante; Il Segreto del Verziere (Arduino Sacco Editore, pp. 136, € 14,90), opera prima di Federico Carro – che avrà presto un sequel, come abbiamo appreso durante l’incontro –; il romanzo storico di Romano Ferrari, L’amico madrileño. Cundo un amigo se va (Pellegrini Editore, pp. 174, € 15,00) e infine la guida alla consapevolezza di sé di Loris Allemann, dal titolo Ricomincia da qui. Una guida all’espansione di coscienza (il Ciliegio, pp. 208, € 15,00).
Seguendo personalmente quasi tutte le presentazioni ho avuto il piacere di notare – nonostante alti e bassi abbastanza prevedibili, sia per le dimensioni della fiera che per la grande rosa di eventi proposti – una buona partecipazione da parte del pubblico, desideroso di scoprire nuovi titoli da inserire (e presto spuntare) nella propria wishlist.
Non solo libri, ma persone
Sono tornata a casa carica di libri – ovviamente! – ma non solo: attraverso il lavoro di promozione dei nostri eventi ho avuto occasione di incontrare alcuni “colleghi” a cui dare finalmente un volto dopo giorni di organizzazione via email! Un contatto umano possibile anche con gli editori, a mio avviso, soprattutto medi e piccoli, disponibili a parlare dei loro testi, quasi come padri orgogliosi del successo dei figli, mostrando di essere sì imprenditori ma non attenti solamente a far quadrare i conti.
Penso sia soprattutto questa prospettiva, forse troppo romantica o naive, a spingermi a partecipare alle fiere del libro, piccole o grandi che siano: la consapevolezza di non essere solo un biglietto in più venduto (che ovviamente può solo far piacere) ma anche, e soprattutto, una persona con la possibilità di spingersi al di là del proprio “confine” tramite l’incontro e lo scambio con gli altri, che possono solo arricchire.
Maria Chiara Paone
(direfarescrivere, anno XIII, n. 138, luglio 2017)
|