Anno XX, n. 225
novembre 2024
 
Questioni di editoria
Le parole perdute
di editoria e stampa
Un notevole dizionario
per bibliofili. Osanna edizioni
di Selene Miriam Corapi
«Non ho paura della morte. Ciò di cui ho paura è che la morte cancelli quello che ho fatto, finché di me non resti sulla terra nemmeno una traccia» (Blake Morrison, La confessione di Gutenberg, Milano, Longanesi & C., 2000). Sembra proprio essere l’epigrafe perfetta per un testo – come quello che andiamo a presentare – dedicato agli amanti e ai cultori del libro nel suo aspetto materiale, in quanto oggetto creato per la divulgazione culturale o monumento della parola scritta, le cui origini risalgono ad una storia ormai lontana dai giorni nostri. Si tratta di un piccolo manuale o, forse più propriamente, un glossario: Del libro le parole perdute. Dizionario della stampa e dell’editoria: dai caratteri mobili alla linotype (Osanna edizioni, pp. 340, € 20,00) di Antonio Vaccaro.

Non un semplice dizionario
A discapito del sottotitolo, questo testo è più un’enciclopedia portatile, uno strumento indispensabile per soddisfare e appagare ogni curiosità libraria, dalla nascita della stampa, nel 1453 con Johannes Gutenberg, fino ai giorni nostri.
Già autore di numerosi saggi e testi teatrali nonché traduttore dal latino, Antonio Vaccaro, che ha origini parigine ma che vive attualmente a Venosa (Pz), ha qui raccolto, con la sapienza di un rigoroso archivista, numerosi lemmi, descrivendo in modo limpido e sistematico ogni elemento che riguarda il libro, le parti che lo costituiscono, gli strumenti e le tecniche utilizzate per realizzarlo, le diverse procedure, tutto ciò che gli conferisce l’identità. E non solo: spiega anche i meccanismi pertinenti all’elaborazione dell’edizione di un testo, sino alla fase finale della sua stampa.
Il dizionario è inoltre corredato da specchietti di approfondimento. Ad esempio, per il lemma acquaforte, non solo si dà una definizione con tanto di chiarimento etimologico, ma si inserisce una nota che ne spiega la tecnica originale e il motivo, di natura chimica, per cui ha preso tale nome. Nella parte centrale del libro, poi, sono collocate alcune immagini che mostrano le macchine utilizzate nel procedimento di creazione libraria, gli autori protagonisti attivi dell’editoria da Gutenberg in poi, nonché gli strumenti e gli elementi caratterizzanti del libro, come il colophon, il frontone, il frontespizio e così via.

Le parole perdute di un mondo che non c’è più
Se alcuni dei termini presenti in questa preziosa enciclopedia sono ancora oggi parte del vocabolario degli addetti ai lavori e non solo (si vedano altezza del carattere, stampa anastatica, composizione a bandiera, bigino, capolettera), moltissimi altri sono ormai caduti in disuso (caratteri aldini, bella pagina) perché sostituiti da altri, ma soprattutto per via del progresso e dell’evoluzione delle tecniche che nei secoli hanno investito anche i settori di editoria e stampa. Particolarmente affascinanti sono quei lemmi che descrivono un mondo che non c’è più. Scopriamo, ad esempio, che nelle tipografie non era rara la presenza delle ciabattine, «piccole lucerne usate […] per ispezioni notturne; così denominate per la forma che richiama una ciabatta»; o che la camicia era, in legatoria, «sinonimo di copertina di un libro legato alla rustica, priva di ogni dicitura» e, in cartiera, era invece «il quantitativo di risme di carta destinato a una tipografia»; o ancora che, quando la carta si fabbricava a partire dagli stracci, lo strumento «costituito di setacci a tamburo» in cui si immettevano i cenci per la prima pulitura era detto buratto, poiché la bura (variante di burra) in latino significava “lana grezza”.

Exempli gratia
Per mostrarvi l’unicità del testo, vi offriamo qualche ulteriore esempio:
«accapitellare: attaccare il capitello alle due estremità del dorso del libro che si rilega. Anche: accapitolare. [comp. Da ad- e capitellare, deriv. da capitello]»;
«cartòccio: vocabolo tratto dall’architettura dove indica, con i sinonimi “cartiglio, cartella, cartellino”, la “modanatura a forma di rotolo accartocciato”: in bibliofilia, motivo ornamentale nella decorazione delle legature e dei frontespizi, costituito da fasci accartocciati. [dim. di carta]»;
«fioriture: le macchie di colore giallastro prodotte dall’umido che improntano zone più o meno estese della superficie della pagina o della copertina di un libro. In cataloghi librari, abbr. in f. nell’espressione “esemplare con f.”»;
«giustòrio: l’apparecchio che verifica la precisione dei caratteri fusi»;
«sbarbare: togliere le sfrangiature, le ineguaglianze (barbe) degli orli delle pagine di libri non raffilati. [propr. “svellere dalle barbe”, der. di barba con s- e -are]».
Queste e molte altre voci soddisferanno la curiosità del lettore bibliofilo. A tal proposito, è interessante notare che tra le definizioni inserite nell’enciclopedia figurino anche quelle di bibliognosia, bibliolatria, ma anche bibliofobia e persino biblioterapia!

Selene Miriam Corapi

(direfarescrivere, anno XI, n. 117, settembre 2015)
 
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