Quando ci si imbatte in uno scrittore ben noto al grande pubblico per la vastità della sua produzione, ma anche per essere stato molto attivo nel panorama politico nazionale proprio attraverso il suo contributo letterario, è inevitabile che tutto ciò che riguarda i retroscena della sua vita e delle sue opere susciti un fascino particolare. Soprattutto quando si tratta della sua esperienza culturale. Da questo punto di vista un’analisi attenta e ponderata della sua biblioteca privata può dirci molto dell’uomo e del rapporto con il periodo storico che ha vissuto.
È il caso del lavoro di Federica Depaolis, bibliotecaria presso l’Università di Firenze,Tra i libri di Indro. Percorsi in cerca di una biblioteca d’autore (Bibliografia e Informazione, pp. 244, € 20,00), che ci permette di sbirciare nell’intimità del famoso giornalista direttore de il Giornale e la Voce, lasciandoci conoscere qualcosa di più sui suoi gusti e sulle manie.
La “biblioteca d’autore” di Fucecchio
La prima caratteristica della biblioteca d’autore è sicuramente il fatto che è destinata a diventare patrimonio collettivo: «il donatore sceglie di uscire dal patrimonio bibliografico individuale per metterlo a disposizione di tutti. […] Magari prima di riconoscere come preponderante l’intenzionalità del pubblico utilizzo, ha accarezzato l’idea di lasciare tutto al caso, agli eredi, di affidarsi al mercato antiquario e, perché no, forse di cedere tutto al resto. Tutte idee di passaggio: l’amore per i libri di una vita è troppo forte e il possessore vuole assicurare loro il miglior destino possibile». Nel caso specifico, ciò che porta a gettare le basi per la nascita della Fondazione “Montanelli Bassi”, destinata ad occuparsi della raccolta di materiali appartenuti ad Indro Montanelli, non è propriamente la preoccupazione di un bibliofilo. Montanelli a Fucecchio vi era nato nel 1909; poi era stato un ramingo per tutta la sua vita. Fornendo i fondi necessari alla ristrutturazione di Palazzo della Volta, in seguito diventato sede della fondazione, e facendo dono della propria biblioteca, invero non particolarmente grande, il giornalista cerca di recuperare il suo rapporto con il paese natio: «Montanelli si è dato una possibilità, forse l’ultima, per riconciliarsi con una terra, amata e abbandonata, che nonostante gli anni trascorsi continua a richiamarlo indietro. E se i ricordi possono essere messi sotto teca, per non inquinarli con le scorie del presente, qualche cosa di tangibile può essere ancora lasciato a chi dopo di lui nascerà in quel fortunato cantuccio». Anche se il giornalista viaggiò molto e preferì i residence ad una vera e propria dimora stabile – mancarono quindi, come nota l’autrice, le condizioni per la creazione di una grande biblioteca e anche per la maturazione di un senso di venerazione per l’oggetto libro – visse comunque sempre circondato da volumi. Per questo la fondazione ha ricreato le due “stanze” di Montanelli, quella di Roma e quella di Milano, che furono set di numerose interviste.
Di per sé la raccolta di volumi che si ritrova nella stanza di Palazzo della Volta è frutto di un lungo processo di stratificazione e composizione: vi sono confluiti infatti, oltre ai libri di Montanelli, quelli del padre, quelli della moglie Colette, seppur riconoscibili perché tutti segnati con dedica o iniziali, doni da parte degli amici, libri destinati alle recensioni, edizioni speciali. Ovvio che l’autrice si senta in dovere di metterci in guardia dal credere che proprio la biblioteca raccolta a Fucecchio costituisca una fotografia di quella letteratura sentita come importante da Montanelli. Eppure come resistere all’impressione di respirare un po’ della cultura del grande giornalista passando in rassegna le opere della sua collezione?
Libri, citazioni e cortesie
Libri storici, biografie, prontuari e Garzantine, sono questi i testi prediletti da Montanelli: «la sua biblioteca ideale doveva essere leggera, pronta all’uso, rispondente all’esigenza immediata. Doveva permettergli di verificare una citazione o di scegliere con agio un vocabolo adatto, doveva fornire dati, soccorrere lapsus di memoria, nell’eventualità che si verificassero». La collezione Montanelli, che raccoglie poco più di 1.900 volumi, non si limita ovviamente a questo: Federica Depaolis, nella parte finale di questo suo lavoro, redige con notevole rigore scientifico un vero e proprio catalogo dei volumi della biblioteca, riportando per ciascuno di essi indicazioni relative alle caratteristiche fisiche, alla presenza di eventuali dediche o al fatto che il testo sia presente in più copie nella collezione. Passando in rassegna questo elenco, si nota che c’è un po’ di spazio anche per la narrativa italiana e francese; grande assente è sicuramente la filosofia, verso la quale il giornalista, in più occasioni, mostrò la propria diffidenza; infine mancano molti dei testi citati e commentati da Montanelli, come il suo caro Guicciardini o altri che possiamo immaginare consultò in biblioteche pubbliche.
Proprio in questo consiste il metodo dell’autrice: essa, con uno stile chiaro, ma un periodare vivido che tradisce la passione della bibliomane, dà nuova voce alla collezione di Montanelli e la lascia parlare confrontandola con i giudizi di critica letteraria del giornalista e le testimonianze riportate da chi lo conobbe personalmente. Per la ricostruzione del retroterra culturale del personaggio appare dunque fondamentale tanto l’identificazione dei volumi davvero montanelliani della collezione, quanto della bibliografia raccolta, in cui compaiono importanti contributi, come l’opera dedicata a Montanelli dal collega Marcello Staglieno, autore anche del saggio posto a Prefazione del lavoro di Depaolis.
All’apparato iconografico, posto tra il saggio e il catalogo – che ci restituisce con attenzione e cura le immagini del frontespizio di diversi volumi decorati dalla scrittura di Montanelli in persona, di Colette e di altri intellettuali del Novecento ben noti come Dino Buzzati, Giuseppe Prezzolini e Giovanni Spadolini, nonché bigliettini di accompagnamento rinvenuti all’interno dei testi –, è affidato il compito di “umanizzare” e avvicinare di più a noi lettori il “grande” Montanelli: si può infatti ricostruire il mondo delle amicizie del giornalista, guidate da gentilezza e ammirazione reciproca tra personaggi di spicco dell’ambiente culturale e politico a lui contemporaneo, in cui la cortesia si esprime proprio attraverso l’oggetto libro.
Aurora Logullo
(direfarescrivere, anno X, n. 100, aprile 2014) |