Difficilmente nell’immaginario collettivo si riesce a considerare un oggetto comune, come un semplice foglio di carta, una possibile forma artistica. D’altronde un foglio è un oggetto qualsiasi, chiunque può possederlo, accartocciarlo, colorarlo. È qualcosa che pesa meno di un grammo e costa meno di un centesimo, non è fatto della stessa sostanza di cui, ai nostri occhi, sono composte le opere d’arte.
L’arte, infatti, attraverso l’attività del “genio”, trasforma materiali spesso di un certo valore, con un peso ed un volume specifici, che costituiscono l’opera e la impongono agli occhi del fruitore.
Ciò nonostante, non è forse possibile imbattersi in un evento “artistico” servendosi soltanto della propria manualità e immaginazione, e producendo esclusivamente oggetti semplici e del nostro quotidiano?
L’idea che viene proposta è quella di dare libero sfogo alla fantasia realizzando un libro da un unico pezzo di carta. Un comune libro, simile ai prodotti editoriali in commercio, composto da pagine da sfogliare, normalmente rilegato e racchiuso da una copertina.
È dunque verosimile ottenere un oggetto in tutta la sua interezza con un materiale così esiguo, e il risultato sarà quello di aver costruito delle piccole ed economiche opere “fai da te”, personalizzate, e adatte a tutti i gusti.
La sfida di Maria Pia Alignani nasce da qui. Autrice del manuale educativo Mi faccio un libro (Edizioni Sonda, pp. 210, € 14,00), traduttrice ed insegnante, intraprende, grazie al suo forte interesse per la didattica, una ricerca di metodi non tradizionali che aiutino a stuzzicare la creatività nei bambini e contemporaneamente stimolino in loro lo sviluppo del senso pratico e della capacità manuale.
Attraverso la lettura di una rivista inglese fa la curiosa scoperta del “Book Art Project”, proposta che ha fin da subito convinto la nostra autrice in quanto rispondeva bene alle sue esigenze di docente sempre rivolta a nuovi modi di “far apprendere” e di “far crescere” i propri allievi. L’ideatore di tale progetto è Paul Johnson – professore di Arte e design all’Università di Manchester – che lo ha elaborato negli anni Ottanta e, inizialmente, lo riteneva una pratica per migliorare nei bambini la scrittura della lingua inglese.
Inutile dire che il “Book Art Project” si è rivelato essere molto di più. Il potenziale di questo metodo è stato così ben compreso da Maria Pia Alignani che lo ha introdotto lei stessa per la prima volta in Italia nel 1994 e da quel momento in poi ha deciso di tenere laboratori e mostre nelle scuole e nelle biblioteche di diverse città italiane, catturando l’attenzione di numerosi insegnanti.
Parole d’ordine: tecnica e fantasia!
Questo manuale è una vera e propria guida pratica pronta all’uso, rivolta a fasce d’età che variano dai 3 ai 16 anni. Nel primo capitolo vengono fornite le indicazioni generali da cui partire per avventurarsi nella realizzazione di un libro. Nei capitoli successivi la difficoltà dei piani di lavoro aumenta, ma ogni regola e ogni piccola azione svolta viene esplicata in modo semplice e intuitivo.
A questo scopo fungono da notevole supporto gli schemi grafici che figurano tra una spiegazione e l’altra fornendo descrizioni molto dettagliate.
La tecnica di base, identica per ogni tipo di costruzione, prevede la suddivisione di una pagina in diverse parti da piegare e ripiegare più volte in corso d’opera.
In primo luogo ciò che si ottiene è una struttura “portante” che potrà assumere una qualsiasi forma: che si voglia ricavare un castello, una mela morsicata o un pesce rosso, a guidarci, infatti, sarà sempre e solo quella che l’autrice definisce «la piega».
Quest’ultima anima la superficie piatta della carta conferendole profondità e prospettiva, offrendo così alle storie da narrare corporeità e maggiore efficacia.
Il lavoro continuerà con la stesura del «foglio prova», come lo chiama l’autrice, con il disegno di eventuali cornici, con il ritaglio di sagome da incollare, ecc.
Basta dunque essere armati di forbici e forza di volontà per avere tutto quello che è indispensabile per la riuscita di questo insolito gioco di costruzioni.
Per un’attività di tal genere è necessario possedere delle «competenze didattiche» essenziali: il senso dello spazio, della simmetria, delle proporzioni devono essere i criteri basilari da seguire. Tuttavia, se c’è una cosa di cui a volte è carente la capacità rappresentativa infantile, è il sapersi misurare con le dimensioni reali del mondo circostante. Con difficoltà i bambini riescono a orientarsi tra le differenti grandezze delle cose e perfino della loro stessa fisicità. Avvertire in modo realistico il raggio di movimento del proprio corpo, la coordinazione tra le sue parti, la concreta distanza tra gli oggetti è un’ardua impresa e talvolta i risultati si palesano nelle raffigurazioni di omini con braccia lunghissime, magari più delle gambe, e con strutture fisiche totalmente sproporzionate anche in relazione al paesaggio nel quale sono rappresentate.
Per assumere una maggiore abilità in questo senso sarà sufficiente seguire delle regole e applicare delle tecniche precise di disegno – che non sono proprie del disegno libero cui si è abituati – e in questo modo si guadagnerà una maggiore dimestichezza con i concetti di spazialità, geometria e armonia.
L’importanza della manualità
Un altro obiettivo possibile, con l’utilizzo di tale metodologia, è il raggiungimento della consapevolezza che le nostre mani sanno fare molte più cose di quante immaginiamo; possono di fatto essere adoperate per tanti obiettivi differenti.
In una società in cui è facile trovare qualunque cosa già bell’e fatta e confezionata, l’unica prospettiva di divertimento nell’età infantile si esprime spesso nello smontare, nel disfare o più propriamente nel distruggere un determinato oggetto.
Le tecniche di costruzione di un libro, invece, insegnano a scoprire la manualità in senso produttivo. Con un po’ d’impegno e di attenzione verso il lavoro da svolgere, si può comprendere che mettere insieme i pezzi, comporre un oggetto, inventarlo di sana pianta, è molto più appassionante del rapido e inutile “decostruire”. Le facoltà intellettive del bambino nel processo produttivo sono più coinvolte e tendono a percepire l’attività creativa in modo senz’altro più interessante e soddisfacente.
Dopo essersi rimboccati le maniche, al termine del proprio operato si potrà godere di un originale e stravagante libro, realizzato unicamente con le proprie mani e le proprie idee.
Bisogna precisare che il “prodotto-libro” di cui parliamo non è meramente individuale, ma in ogni sua parte è stato costituito da un gruppo di lavoro.
Maria Pia Alignani la considera una vera e propria «invenzione collettiva». Mentre si colora, si incolla, ognuno esprime un pensiero, una fantasia, rispetto alla storia che si vuole raccontare e tutte le proposte vengono confrontate e discusse insieme per formulare una scelta che accontenti i desideri di tutti.
Pertanto il “Book Art Project” ha una funzione pedagogica importante, incrementa lo spirito di collaborazione e di associazione tra i bambini, i quali accantonano gli atteggiamenti individualistici di prepotenza, o semplicemente di insicurezza e timidezza, per lasciarsi trascinare in questo gioco educativo e formativo.
È proprio in questo gioco che il libro cambia volto, non possiede più caratteristiche solamente istruttive ma anche ludiche e ricreative. I ragazzi acquistano familiarità con qualcosa che fino a quel momento nella loro vita aveva avuto principalmente una funzione di conoscenza e spesso solo nell’ambito scolastico.
Le pagine di un testo con i loro contenuti – un paragrafo, un brano – non facevano che simboleggiare i fatidici compiti per casa: poesie da imparare a memoria, problemi da risolvere con operazioni aritmetiche; il libro era un oggetto molte volte più imposto che desiderato e perdeva qualunque attrattiva agli occhi di un giovane lettore.
Con la metodologia qui illustrata ci si può trasformare, da semplici lettori che da una pagina all’altra sono indirizzati a memorizzare nozioni, formule e versi, in autentici autori, nonché “produttori” effettivi di tali pagine. Di conseguenza imparare non risulterà un mero recepire ma un percorso più complesso, qualche volta intriso di divertimento, nel quale non si è mai da soli. È nelle relazioni con gli altri che cominciamo a conoscere noi stessi con le nostre idee, le nostre emozioni e tutto ciò che ci caratterizza personalmente e che ci accompagnerà in quel lungo e imprevedibile viaggio chiamato “crescita”.
Anna Colistra
(direfarescrivere, anno X, n. 99, marzo 2014)
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