Anno XX, n. 225
novembre 2024
 
Questioni di editoria
I classici: leggerli
per reinterpretarli
Gli “autori immortali” presentati
in un saggio edito Minimum fax
di Daniela Vena
Ogni volta che viviamo i sentimenti più opposti nelle loro infinite forme, entriamo in una sorta di labirinto in fondo al quale troviamo i libri e le letture che abbiamo amato da sempre. Nelle librerie di tutti, e sui comodini dei più nostalgici, si trovano i classici, quei libri “odorosi” che conoscono e descrivono l’umanità come pochi. Così le parole lette si mescolano alla vita di tutti i giorni, dando lucidità e conforto. La conoscenza di un classico genera un rapporto unico e individuale tra lettore e libro, per cui quello che sembrava un testo semplicemente famoso all’improvviso diventa un “tuo” libro. Lo stesso classico che abbiamo letto in gioventù diviene più dolce e proficuo con la maturità. Nelle parole degli scrittori, infatti, troviamo la nostra interiorità e quelle sensazioni che si nascondono nelle pieghe della memoria. La capacità dei grandi di spiegarci la vita o di dare un nome alle nostre emozioni continuerà ad essere un dono ineguagliabile.
L’ultima opera di Francesco Pacifico, Seminario sui luoghi comuni. Imparare a scrivere (e a leggere) con i classici (Minimum fax, pp. 240, € 10,00) rappresenta appieno la necessità dell’uomo di conoscere se stesso volgendo lo sguardo al passato. Il libro è una sorta di manuale di scrittura creativa, che spiega al lettore e all’aspirante scrittore la strada da percorrere per modulare e affinare quello strumento unico e potente che è la scrittura. I trentasette passi che compongono il testo, tratti dai grandi della letteratura – come Busi, Camus, Capote, Gadda, Gogol’, Kafka, Tolstoj ed altri ancora –, simboleggiano quelle tappe da conoscere e raggiungere.
Francesco Pacifico, nato a Roma nel 1977, è direttore della rivista Piscine. Notizie per l’élite, scrive anche su la Repubblica, Pubblico Giornale, Rolling Stone e Studio. Numerose sono le sue pubblicazioni; ci limitiamo a citarne qualche esempio: San Valentino. Come il marketing e la poesia hanno stravolto l’amore in Occidente (Fazi, 2007), Storia della mia purezza (Arnoldo Mondadori, 2010).

Viaggio fra i classici di sempre
Seminario sui luoghi comuni. Imparare a scrivere (e a leggere) con i classici nasce dalla rubrica che l’autore stesso postava sul blog intitolato minima & moralia. La sfida che l’autore lanciava agli aspiranti scrittori era riscrivere e attualizzare il frammento di un classico, che diffuso sul web avrebbe potuto generare discussioni e commenti interessanti. A quella sfida, però, parteciparono solamente pochissimi coraggiosi. Questo flop è stato trasformato da Pacifico in un libro sui generis, potente e vibrante come pochi. Il continuo “furto” che l’autore opera ai danni della letteratura mondiale viene giustificato con la frase in copertina: «Un classico è un libro che non smette mai di lasciarsi saccheggiare». Si apre così lo scrigno di Pacifico, luccicante di frammenti più o meno eclatanti, di metafore sorprendenti e di parole taglienti. La bravura dell’autore si manifesta nella scelta, non scontata, di alcune pagine, degli ambienti e di personaggi secondari dei classici che, nonostante la descrizione esile, colpiscono. Leggere i classici attraverso lo sguardo di uno scrittore permette di osservare il tutto da un diverso punto di vista. È ciò che accade, per esempio, leggendo l’estratto di John Maxwell Coetzee, Gioventù, in cui Pacifico pone l’accento sull’importanza di scrivere un’opera bilanciata, in cui il rapporto fra soggetto e oggetto «produca un senso vero di realtà».
Quando si scrive un romanzo bisogna puntare sulla veridicità della situazione e dei personaggi: troppo spesso, infatti, si cerca di rendere interessanti i protagonisti con «effettacci». Nella presentazione di Un vagabondo suona in sordina, di Knut Hamsun, Pacifico scrive: «Il fatto che un romanzo ci lasci un’impressione precisa non vuol dire che quell’impressione equivalga a un singolo colore narrativo. I lettori che vogliono essere scrittori devono imparare la differenza tra l’impatto di un libro e i suoi ingredienti».
Nell’introduzione al frammento di Saul Bellow, tratto da Herzog, Pacifico cita Alfonso Berardelli, secondo cui «il romanzo è il racconto della distanza fra ciò che i personaggi ritengono sia la realtà, e la realtà stessa». Quest’affermazione insieme all’uso di un linguaggio quotidiano e realistico dovrebbero essere i due diktat da seguire nella stesura di un romanzo. La descrizione vivida che Herzog propone della sua amante Madeleine, durante il rito della preparazione mattutina, è cinematografica. L’esposizione che Bellow fa nei minimi particolari dei gesti, del bagno e dell’atteggiamento di Herzog, così soffocato dal ruolo di amante, ben accetto di notte ma già di troppo al primo suono della sveglia, lascia nel lettore la sensazione di conoscere realmente i personaggi. È grazie al filtro di Pacifico che si svela la misoginia di Bellow, consapevole della sua inferiorità rispetto all’universo femminile.
Nell’introduzione a Il soccombente, di Thomas Bernhard, Pacifico scrive: «[…] l’aspirante scrittore scorda spesso di affrontare: i parenti, per noi, sono delle risorse materiali. Sono materie prime da sfruttare. Che lo sappiamo o meno, che ci venga più o meno facile e naturale, non importa: i nostri affetti, le persone con cui dividiamo il letto o la cucina o un’eredità, sono risorse che in un modo o nell’altro, più o meno consapevolmente, trattiamo come cose a prescindere dalla qualità dell’affetto che ci lega a loro». Con queste parole e la consapevolezza che ne consegue, risulta più facile non criticare l’atteggiamento del protagonista Wertheimer, che della sorella diceva: «l’ho sfruttata soltanto per farle girare le pagine» degli spartiti. La sorella del protagonista, infatti, aveva vissuto una vita regolata dall’egoismo del fratello, il quale le vietava di uscire e di avere un’esistenza che andasse oltre i propri bisogni. Quando la donna, già quarantaseienne, fugge e si sposa con un ricco svizzero, tutte le certezze di Wertheimer cadono. La libertà della sorella è vissuta come il suo più grande fallimento, che lo porterà poi all’idea del suicidio.
Commentando e apprezzando un passo di Le persone normali di Aldo Busi, un romanzo singolarmente ironico ed eccentrico, Pacifico scrive: «La cosa che mi fa impazzire di questo lungo paragrafo fatto di frasi lunghe che curvano a gomito come i tornanti su cui venivano accompagnati [i personaggi della storia, Ndr] per andare a perdere peso con Busi, è che l’autore si rende conto di quella misura di bellezza – il rischio della morte – che separa il protagonista dall’oggetto della sua ricerca e decide perciò che si può fare a meno di descrivere gli stati d’animo del personaggio o i suoi pensieri sulla casa di cura. In cambio della descrizione delle circostanze della storia, ci offre una definizione in controluce di ciò che è il corpo – grasso o magro – di una persona: uno gnocco di materia che alla minima incertezza può finire a valle tra le lamiere. Busi finisce il paragrafo facendoci vedere che precipitare da un posto così bello – nel verde, fra il sole filtrato nelle fronde – non può che portarti, in premio, a un altro mondo».
Tutti i frammenti che già di per sé arricchiscono i lettori, con la “guida” di Pacifico, acquistano, qualora fosse ancora possibile, quel quid in più. L’autore stuzzica la curiosità dei lettori e la necessità di comprare quei classici di cui si sono afferrate solo poche righe. Così più che di perdere tempo a comporre “l’opera del secolo” si è spinti a leggere, apprendere, e magari comprendere, i classici, depositari eterni di saggezza e di vita.

Daniela Vena

(direfarescrivere, anno IX, n. 90, giugno 2013)
 
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