Anno XXI, n. 230
aprile 2025
 
Questioni di editoria
L’arte di scrivere
in pratiche “pillole”
Da Terre di mezzo, un libro
utile e ironico per chi scrive
di Francesca Ielpo
Sentirsi emotivamente profondi legittima a redigere un libro. Cos’è allora quell’accumulo di fogli rilegato con la colla? Solo un cassetto colmo di sogni, sensazioni, sentimenti, paure? La letteratura è questo? In minima parte lo è; per il resto, andare alla ricerca di definizioni e spiegazioni al riguardo è impresa assai ardua. Lo sa bene Giulio Mozzi, scrittore e insegnante in vari laboratori di scrittura sparsi per l’Italia, che nel suo “pseudomanuale” dal titolo (non) Un corso di scrittura e narrazione (Terre di mezzo editore, pp. 240, € 14,90) cerca, in qualche modo, di rispondere alla domanda iniziale. Nel farlo escogita un andamento narrativo altalenante: dai discorsi sui “massimi sistemi” si passa agli aspetti più pratici e concreti. Il tutto è corredato da una sottile ironia e da un pungente cinismo.
L’autore prende in giro se stesso, il suo mondo, la società dei falsi scrittori o “ispirati”. Da buon sarcastico, Mozzi utilizza una scrittura “semisghignazzo”, che reca con sé la consapevolezza della complessità del discorso che ruota intorno al tema della scrittura, della creatività e della tecnica. Il “(non)” del titolo esprime questo: la cognizione di non poter avere pretesa di esaustività quando si affronta un tale argomento. D’altra parte, l’opera aiuta nel precisare e nell’approfondire riflessioni tipiche degli appassionati della scrittura e della lettura. Non resta che vedere con quanta maestria questo succede.

Immaginare il reale
Il libro nasce dall’elaborazione di cento articoli scritti per una sorta di corso di scrittura a puntate e pubblicati all’interno della rivista letteraria Stilos. L’autore dichiara di aver deciso di unirli per «mettere un po’ in ordine la mia esperienza sovrabbondante (e in quanto sovrabbondante, un po’ confusa) di conduttore di corsi e laboratori di scrittura, avevo proprio voglia». Il docente non pretende di insegnare ai suoi studenti/lettori la scrittura attraverso un corso, un settimanale, un libro. Quello che offre agli altri è il suo filone culturale-creativo personale. Schemi e discorsi non porgono nozioni-assiomi, si beneficiano del dubbio e semplificano eventuali processi di chiarificazione sugli argomenti proposti: numerosi e variegati.
Il saggio, suddiviso in numerosi paragrafi dotati ognuno di un titolo, affronta in prima linea il problema dell’articolazione di un testo divagando su argomenti che si avvicinano alla teoria della letteratura e alla filosofia. Ad esempio, si legge della differenza tra “esprimere” e “comunicare”. Il primo è «“lo spremere fuori da sé”, ciò che si ha dentro di più proprio, intimo e privato», il secondo indica «il “trovare qualcosa di comune”, nel flusso della vita di superficie, con l’interlocutore. Lo scopo è identificare, nel districarsi degli avvenimenti umani, propri o meno, l’elemento che accade a livello conscio o inconscio e crea motivo di comunione, comprensione e percezione con i “simili”. Questi, ovvero i presunti lettori, assumono nel processo di scrittura-lettura un ruolo fondamentale. Nel comporre romanzi bisogna discernere e selezionare per captare i sensi del lettore in modo totalitario e assoluto; Tondelli parlava di “dominio del lettore”, Veronesi afferma che: «qualunque cosa consegua alla tua vita quotidiana che finisce dentro la scrittura va tagliata e lavorata molto prima». Ecco distrutto il mito dell’ispirazione: è necessario lavorare sulla creatività e sul rigetto compulsivo di pensieri. Emblematico è uno dei tanti titoli, Non voglio il tuo vomito!
Non ci si aspetta che lo scrittore diventi un selezionatore di parole freddo e una macchina di pensieri senz’anima. Al contrario, il suo amore è integrale: «un narratore che riesce a pensare le sue narrazioni come “totalità organizzate”, è uno scrittore che investe il lettore con un desiderio integrale. Egli non desidera, infatti, che il lettore sia avvinto da questa o quella cosa presente nel testo: desidera che il lettore sia avvinto da cima a fondo, per tutto il tempo della lettura, dall’«integralità del testo».
Non mancano consigli pratici, riguardanti l’invio di dattiloscritti alle case editrici, la formulazione di incipit, trame, dialoghi, l’uso della punteggiatura e consigli di lettura per acquisire una maggiore consapevolezza letteraria (si pensi alle strutture narrative di Manzoni e Zola).
D’altra parte, ciò che sembra interessare maggiormente l’autore è cercare di definire il concetto di letteratura e il ruolo dello scrittore. Giulio Mozzi vi si sofferma per alcune pagine ma, “brandelli” di idee attinenti a ciò, li ritroviamo sparsi qua e là. Insomma, cosa bisogna inventare per produrre un’opera? Ecco alcune risposte: «Il narratore è colui che coglie il non visto, il non letto. Ciò che tutti hanno avuto sott’occhio, e non hanno né visto né letto. L’immaginazione realistica è l’immaginazione più visionaria che si possa concepire. Tutti sono capaci di immaginare quello che non c’è; la cosa difficile è immaginare quello che c’è». O ancora: «I romanzi inventano un mondo e, pur senza uscire da questo mondo, alludono, da dentro quel mondo, a qualcosa che c’è là fuori; e in questo dirigere i nostri occhi verso il là fuori c’è, forse, quella che si chiama la verità della letteratura». Risultato: la letteratura è un modo per immergersi nel reale, ricoperti e mascherati dalla sublimazione dei pensieri e delle azioni svolte in un mondo irreale correlato, tuttavia, al reale.

Umiltà e professionalità
(non) Un corso di scrittura e narrazione è pervaso da un evidente tono di umiltà e da acute professionalità e sincerità: pur essendo un conoscitore del mestiere, Giulio Mozzi si tira indietro dal procacciare verità assolute. Un esempio: alla fine del suo “manuale” consiglia numerosi libri e link che servano al lettore per approfondire le tematiche trattate, consapevole che le argomentazioni e gli approfondimenti stilati non sono abbastanza, o fa ciò per il semplice piacere di conoscenza, informazione e completezza.
Un testo, questo, da consigliare a chiunque ami la letteratura in modo sano e completo, senza mezze verità e idealismi. La scrittura, come suggerisce l’autore, è amore, la tecnica serve a poco. Ma è fondamentale e naturale (per i migliori) conoscerla.

Francesca Ielpo

(direfarescrivere, anno IX, n. 85, gennaio 2013)
 
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