Anno XX, n. 223
settembre 2024
 
In primo piano
Dai sequestri, alle esecuzioni all’estero.
Il Ritorno a San Luca dopo Duisburg
Filippo Veltri e Diego Minuti, per Abramo, ritornano a scrivere
sul piccolo e tristemente noto paese ai piedi dell’Aspromonte
di Andrea Vulpitta
Colpisce e accompagna l’intera lettura la prima parola del libro Ritorno a San Luca. Dal paese dei sequestri alla strage di Duisburg (1990-2007) di Filippo Veltri e Diego Minuti (Abramo editore, pp. 240, € 15,00): Warum? − Perché? − , lasciata da qualcuno proprio sul luogo della strage, in Germania, nel Ferragosto 2007, un momento che ha profondamente segnato la storia criminale della ’Ndrangheta degli ultimi anni. Gli autori, Filippo Veltri è responsabile Ansa Calabria e Diego Minuti è capo redattore aggiunto degli affari internazionali dell'Ansa, sono specialisti e studiosi della materia – con il precedente Lettere a San Luca. L'Italia scrive al «Paese dei sequestri» (Abramo editore) vinsero il Premio “Sila” nel 1991 – e ce la mettono tutta nella stesura del libro non tanto a dare una risposta al perché, quanto a spiegare le logiche della ’Ndrangheta specificando, come vedremo insieme, che la faida è fenomeno interno a questa ma segue altri e diversi codici che sfuggono anche alla ricostruzione criminale pura e semplice.

La ’Ndrangheta, ovunque nel mondo
La strage di Duisburg è spiegata e raccontata nei particolari sottolineando un aspetto importante e fondamentale che è, a nostro avviso, una delle chiavi di lettura della forza e del carattere pervasivo della ’Ndrangheta: la presenza in quasi tutti i paesi del mondo di numerose comunità di calabresi, la maggior parte costituita da onesti lavoratori emigrati nel corso del XX secolo, all’interno delle quali si sono insediati gruppi criminali con l’intento di ricostruire all’estero l’organizzazione criminale esistente in Calabria. Questo fenomeno non è da sottovalutare perché è causa di confusione e mimetizzazione all’estero tra i calabresi buoni e quelli cattivi, differenza difficile da cogliere dall’esterno delle comunità stesse anche se, nel caso della Germania, destava perplessità la grande quantità di ristoranti, spesso anche di lusso, gestiti da giovani calabresi e ben frequentati anche da politici e uomini d’affari tedeschi. È il caso del ristorante “Da Bruno” dove la sera di Ferragosto del 2007 avevano cenato le sei vittime della strage di Duisburg.
Nicola Gratteri, magistrato nonché scrittore e studioso appassionato delle strategie mafiose, in occasione di dibattiti sulla criminalità calabrese ha spesso battuto su questo tasto, su come l’appartenenza alla ’Ndrangheta si basi su un patto di sangue (nel libro viene anche ricordata la tradizione della “pungitina” e il conseguente scambio di sangue tra adepti), su un’unione stabile tra parenti, fratelli, cugini, rafforzata spesso da matrimoni, comparaggi, legami, insomma, dove è difficile far venir fuori il fenomeno del pentitismo, perché è più difficile tradire all’interno della propria famiglia, stretta o allargata che sia.

San Luca, un paese irreale
Veltri e Minuti raccontano del clima surreale che accompagna le giornate a San Luca nell’immediatezza della strage, dell’atmosfera particolare, ma anche della paura, che si percepisce il giorno dei funerali di cinque delle sei vittime (Tommaso Venturi, per volontà dei genitori sarà sepolto in Germania) tanto che la decisione di celebrare una cerimonia funebre tradizionale è presa dal prefetto di Reggio Calabria, Francesco Musolino, dopo la richiesta ufficiale del vescovo, monsignor Giancarlo Bregantini.
Viene ricostruita questa faida assurda che accompagna con sinistri avvenimenti la storia dei Nirta-Strangio, da una parte contrapposta ai Vottari-Pelle, dall’altra che, in un’incomprensibile e tribale carneficina iniziata secondo gli inquirenti con un lancio di uova nel giorno di Carnevale, ha segnato negli anni sempre e solo giorni festivi e di ricorrenza. È il caso dell’agguato ai danni di Francesco Pelle detto “Ciccio ’u pachistano”, − notizia dell’ultima ora: Pelle è stato arrestato in una clinica della provincia di Parma, dove si curava sotto falso nome − del 31 luglio 2006, giorno in cui si festeggia l’arrivo a casa del suo primogenito neonato, e che lo costringerà su una sedie a rotelle. La risposta non tarda ad arrivare e ancora in un giorno di festa, a Natale, a cadere sotto i colpi d’arma da fuoco è Maria Strangio, moglie di Giovanni Luca (Gianluca) Nirta. In questo agguato rimane ferito anche il figlioletto della vittima, di cinque anni. Si giunge così all’ennesima strage di Ferragosto 2007, sempre in un giorno di festa, dove a rimanere sull’asfalto coperti da una pioggia di proiettili sono sei giovani di cui uno non ancora diciassettenne. Il paese di San Luca da quel giorno è cinto d’assedio dalle forze dell’ordine, che scoprono numerosi nascondigli ricavati all’interno delle abitazioni utilizzando sofisticati sistemi meccanici e di mimetizzazione. Vengono eseguiti 33 arresti, anche a scopo preventivo: si vuole, infatti, scongiurare una sopita voglia di vendetta in previsione della festa della Madonna della Montagna a Polsi il 2 settembre. Sfugge però all’arresto uno dei principali indiziati di essere l’esecutore materiale della strage: Giovanni Strangio, dal giorno dell’eccidio irreperibile, già arrestato in Italia in occasione dei funerali della congiunta Maria Strangio perché trovato in possesso di un’illegale arma da fuoco e molto somigliante all’identikit realizzato dagli inquirenti tedeschi su indicazione di uno dei pochi testimoni oculari del cruento atto criminoso.

Dai sequestri di persona alle macabre stragi: l’immagine deturpata della Calabria
Nel testo viene inserito poi un reportage fotografico realizzato sul luogo del delitto di Duisburg e riportata sia la Prefazione di Corrado Stajano alla prima edizione di Lettere a San Luca. L'Italia scrive al «Paese dei sequestri» che un passo del libro stesso in cui gli autori ricostruiscono la terribile e sconvolgente stagione dei sequestri di persona. Viene anche riproposta la raccolta di lettere che da tutta Italia giunsero in quel periodo, fortunatamente passato, in cui tra grossolani errori grammaticali si coglie il risentimento dovuto al fatto che si tenda a fare sempre di “tutta l’erba un fascio” che fa pensare quale impressionante baratro d’immagine debba risalire un’intera regione percepita da molti come un’area abitata da una congrega criminale da sconfiggere con l’eliminazione fisica, come in una sorta di pulizia etnica.

Andrea Vulpitta

(direfarescrivere, anno IV, n. 35, novembre 2008)
 
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