Anno XX, n. 223
settembre 2024
 
In primo piano
Ma quale informazione? I mass media
di oggi sono giganti pericolosi e cattivi
Ci informano o disinformano? Marco Travaglio, con il suo libro
La scomparsa dei fatti (il Saggiatore) fa un accurato resoconto
di Roberto Bianchi
Bravo Marco Travaglio, che ci regala un ennesimo documento relativo alla continua avventura dei fattacci del nostro Bel paese con il suo La scomparsa dei fatti (il Saggiatore, pp. 316, € 15,00). Il punto centrale è quello della manipolazione della notizia e viene vergato con acume nel recente libro della collana Infrarossi. I giornalisti, infatti, paiono procedere tra bufale e verità nascoste, fino al totale contravvenire della deontologia professionale. Il potere della stampa e della televisione si appropria delle nostre menti.
Bisogni indotti ci fanno travisare le cose e ci troviamo smarriti, proprio davanti a un insieme di mass media che avrebbe invece potenzialmente la possibilità di offrire strumenti costruttivi. Sarebbe troppo pericoloso avere il regalo della conoscenza, i potenti abusano della loro autorità così che c’è chi riesce a convincere la gente, o per lo meno ci prova, della legittimità di leggi fatte a convenienza dei politici, o della giustizia che è uguale per tutti.
«La ricerca della verità sotto un certo aspetto è difficile, mentre sotto un altro è facile» scriveva Aristotele nella Metafisica. Ognuno infatti ha la sua prospettiva, il personale punto di vista, ma in un’Italia stracolma di opinionisti, le opinioni muoiono prima ancora di poter nascere e mancano regole comportamentali, etica e morale da parte di redattori, cronisti e articolisti. Si pensi al business, al target, o peggio ancora al personale interesse, così che l’alto compito di operare a pro della onesta informazione viene messo, in troppi casi, in secondo piano.
Le argomentazioni dell’autore sono valide e narrate con dovizia di particolari, riportando visioni che spesso svelano fatti nascosti o pure menzogne. Tra prezzolati e vergatori che mancano di reali competenze, ci troviamo davanti al travalicamento di ogni limite… e pensare che all’università ci facevano studiare Humberto Maturana, Edgar Morin, Hilary Putnam e Francisco Varala. Si studiava riguardo all’albero della conoscenza. Si approfondivano gli eminenti scritti sulla ricerca della verità, si arrivava ad analizzare Propp, per capire cosa fossero l’oggettività e il ragionare obiettivamente. Si parla a destra e a sinistra di libertà, quando proprio con una televisione e una stampa malate, si limitano le possibilità del popolo di costruirsi una visione dei fatti chiara e libera.
Anche ciò che è evidente sparisce e nascono costruzioni effimere di false ideologie, nelle quali è davvero poco gratificante identificarsi. Così sui teleschermi c’è chi viene ascoltato a bocca aperta dagli utenti allibiti e attoniti; tuttavia, si sa, “L’ha detto la televisione” viene sentenziato: allora se l’ha detto la tv è Vangelo e anche le più squallide falsità, da asserzioni improponibili divengono accettabili e piano piano ognuno ingloba nel proprio bagaglio di saperi, un sacco di inganni e di calunnie. Ma cosa ci sarà alla base di tutto? Chi è che camuffa? Chi è che agisce, nemmeno troppo subdolamente, per portare la condizione della gente fino al limite del baratro della ragione persa? Saranno i politici? Saranno i dirigenti? Saranno i giornalisti?
Marco Travaglio ci propone la sua rivelazione, ma il problema pare ancor più complicato. In questa situazione, ormai drastica, si scoprono le stesse debolezze della classe che è al potere, come della carta stampata e dell’insieme mass mediatico in genere.
Ma allora è il sistema che è sbagliato? Probabilmente sì, proprio riflettendo sulle peculiarità positive che i giornalisti potrebbero avere. Essi non pensano al loro ruolo. Vincono allarmi senza senso sull’esposizione d’immani guerre, si spettacolarizza e non si narrano i fatti. Vincono il gossip e il pettegolezzo sulla reale esposizione degli accadimenti. Si pubblicano smentite puramente inventate, mentre spariscono le esposizioni autentiche e veritiere. I giornalisti hanno imparato a giustificarsi d’ogni atto davanti a chi può confutarli, così si giunge, non solo a far morire i fatti, ma a farli nascere di bel nuovo puramente inventati, in base al personalissimo tornaconto o agli ordini.
Esistono metodi ipotetici, induttivi e deduttivi; modelli monoteorici o pluriteorici, ma se mancano etica professionale e norme, il fenomeno giungerà a esiti sempre più catastrofici.

Ma quale verità?
Travaglio ci parla anche degli esempi importanti e ammirevoli, come Indro Montanelli, poi ci riporta, confortato da documenti che ne convalidano la giustezza, fatti che ci lasciano basiti. Si parla di notizie sottaciute, di abolizione di cronache pure e veritiere, solo perché scomode al governo, sostituite da palinsesti che offrono tutt’altro. Si racconta di tg che fanno passare sotto silenzio comunicati chiari e lampanti, di documentari che seppur bellissimi, vanno a occupare lo spazio di programmi quotidianamente dedicato all’informazione. Tra sedicenti professori e presentatori che guadagnano milioni, pochissimi sono imparziali. Non si pretendono notizie senza la partecipazione personale, nel senso che ognuno deve mettere del suo, altrimenti mancherebbero lo scambio e l’umanità che sono irrinunciabili: c’è carenza tuttavia di equità di giudizio e di esposizione reale dell’accaduto.
Qui ci permettiamo di aggiungere quanto non detto dall’autore, che apre un importantissimo dibattito inerente al problema; pertanto noi evidenziamo che in quest’era della comunicazione, non dovrebbe bastare neppure essere imparziali. I giornalisti hanno anche un compito educativo e pertanto si esige da essi, altresì una preparazione sociologica, psicologica e pedagogica, nonché naturalmente una correttezza professionale e una lealtà che non possono essere distanti da chi lavora con amore e zelo.
Travaglio non si vergogna a dire verità pesanti e lo fa con cognizione di causa e apprezzabile stile di narratore e cronista: l’unica pecca in tal senso, forse, nelle prime pagine, quando usa termini non propriamente di alto profilo.

Il ruolo dei mass media
Secondo le scienze sociologiche, i mezzi di comunicazione di massa sono quegli strumenti attraverso i quali s’inviano messaggi che possono giungere a un gran numero di fruitori, avendo così compiti assai importanti. A lanciare il messaggio c’è un mittente (emecteur), che indirizza al ricevente (recepteur): il professor Scaglioso, già onorevole e rettore dell’Università degli studi di Siena, Facoltà di Scienze dell’educazione, parla infatti, rifacendosi alle teorie francesi, di emerec (emettere e ricevere). Secondo l’Educazione degli adulti, materia tanto cara alle scienze del servizio sociale, quando a fornire messaggi è il giornalista, egli ha un compito fondamentale e devono esistere verità e chiarezza: si parla dei mezzi d’informazione come di finestre sul mondo. Sono belle teorie, ma alla conclusione dei fatti troviamo che il mittente non pensa minimamente ad agire supportato da competenze, né da onestà. Nel libro si discorre con particolare attenzione, sia riferendosi ai mezzi audiovisivi che alle quotidiane testate, di voltagabbana, di posizioni incresciose dai quali molti professionisti si sono tratti fuori narrando di fandonie e proponendo panzane, manipolando così, non solo le notizie, ma finanche le coscienze.
Furbetti e sentenze choc, corruttele e dibattiti che nulla dicono: ecco cosa ci circonda! I giornalisti dovrebbero aiutare a capire, a comprendere, invece ci portano a tutt’altra méta. Esistono garanti dell’editoria e dei mezzi televisivi, ma l’utente chi lo tutela? Pensiamo ai soggetti più deboli, agli anziani, ai bambini, a chi soffre per lo scarso supporto del sistema scolastico italiano. Una nazione è obbligata a pensare ai soggetti più deboli, invece proprio di questi, coloro che sono alla base del sistema, abusano. Sarebbe utopico anelare a una maniera per porre in mano alla gente gli strumenti per gestire queste pseudoinformazioni che ci bombardano, ma il video diventa sempre più scuro e le pagine dei giornali sempre più confuse.
Travaglio, con onestà, ci espone quanto siano gravi i camuffamenti, ci spiega cosa si nasconde, ci dice che la realtà è morta nelle cronache e nelle pagine dei giornali come sullo schermo. E’ uno dei pochissimi professionisti seri. Nelle sue pagine ci racconta anche quali regole servirebbero per fare giornalismo, ci narra di bancarotte fraudolente e concorsi in concussione, di frodi e di atti illeciti velati e ben mascherati da coloro che dovrebbero invece far chiarezza. Volete sapere a che cosa è servita la lotta contro le tangenti? …allora leggete ciò che viene riferito in questo valido testo.
Grazie a quanto offerto dai giornalisti, non conosciamo i curricula giudiziari, noti a tutta Europa, dei nostri leader di partito, vengono nascoste le realtà sui brogli elettorali, mentre destre e sinistre si destreggiano confondendo le menti e gli scrittori rigirano le parole e fanno uso meschino di termini e dizionari inventati: si usano parole strane per definire coloro che rubano agli onesti cittadini, senza nemmeno lontanamente usare il vocabolo ladro.
I nostri potenti fanno i giganti e poi in Europa divengono nani, si fa uso distorto della carta stampata parlando di galline malate e non si menziona la massaia che non ha i soldi per fare la spesa. Per tv e giornali importa solo confondere, cambiare le carte, parlare di mandati di pace mentre invece finanziamo la guerra; poi i politici si prendono tre o quattro “bufalisti” e il gioco è fatto: la disinformazione è bell’e pronta.
Leggendo La scomparsa dei fatti si viene a sapere a cosa serve la par condicio, si viene finalmente a scoprire come vengono preparate le interviste ai politici, si vede come in epoca di globalizzazione ed Europa unita, noi ci distinguiamo da tutti in quanto a consuetudini dei mass media assai oscure e a losche combriccole.
Del resto, come scrive lo stesso Travaglio, uno dei pochi veri professionisti del giornalismo italiano: «quella del giornalista è e deve essere una missione».

Roberto Bianchi

(direfarescrivere, anno IV, n. 28, aprile 2008)
 
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