La Siae incassa i diritti per le fotocopie. Ma tanti autori “parrebbero” introvabili
Strano ma vero. Persone quali Lucia Annunziata, Giuliano Amato, Giuliano Urbani, Bruno Vespa, risultano sconosciuti alla società
di Sandra Migliaccio
I benefici della fotocopiatura dei libri vanno, o – meglio – dovrebbero andare, agli autori e agli editori. Il procedimento è semplice: una legge ha incaricato la Siae per l’incasso dei relativi importi che, poi, destina, o – meglio – dovrebbe destinare, alle due principali parti in causa.
Abbiamo utilizzato il condizionale in quanto abbiamo notato che, nella pratica, ciò avviene con molta difficoltà. Come vedremo più avanti, difatti, assistiamo ad un assurdo: la Siae stessa non paga una serie di autori perché non riesce a rintracciarli. Il che è accettabile se si tratta di un “signor Pallino Pinco”, ma quando invece parliamo di un presidente della Rai (quale, all’epoca relativa ai diritti riscossi, era Lucia Annunziata) o di un ministro dei Beni culturali (quale, sempre all’epoca in questione, era Giuliano Urbani) la cosa appare alquanto “strana”. Più avanti, come accennato, ci soffermeremo anche su altri nomi “eccellenti”. Ma quelli di Annunziata e di Urbani appaiono due casi particolarmente emblematici in quanto si tratta del presidente di una società partecipata dalla Siae stessa (la Rai) e del ministro con i quali la medesima società aveva rapporti istituzionali (quello dei Beni culturali).
Ma andiamo con ordine.
Che cos'è la reprografia
La reprografia consiste nella riproduzione delle opere letterarie mediante fotocopia, xerocopia o altri strumenti simili. I diritti di reprografia sono i compensi spettanti agli autori delle opere riprodotte per la loro attività creativa. Come già evidenziato in un altro articolo che la sottoscritta ha redatto su una diversa rivista on line (si veda l’articolo Regole precise e civismo per copyright e fotocopie), oggi, in seguito alla riforma che è intervenuta nella disciplina del diritto d’autore (legge 633/1941) dopo l’entrata in vigore della legge 248/2000, non è più vietato fotocopiare le opere protette dal diritto d’autore, in mancanza di una specifica autorizzazione in tal senso da parte dell’editore o dell’autore, purché la riproduzione sia fatta per uso personale e non ecceda il limite del quindici per cento di ciascun volume o fascicolo di periodico.
Ricordiamo che la riproduzione per uso personale è quella che il lettore fa per scopi di lettura, di studio o di consultazione, e quindi non per fini commerciali o in concorrenza con i diritti di utilizzazione economica spettanti all’autore.
A controbilanciare questa maggiore libertà, la legge oggi impone che sia corrisposto un compenso – la cui misura e le modalità di riscossione devono essere concordate tra le associazioni delle categorie interessate e la Siae – agli autori e agli editori da parte dei responsabili dei centri o punti di riproduzione (copisterie, biblioteche pubbliche e scolastiche, ecc.), obbligati ad una serie di adempimenti volti a mettere in luce l’attività di riproduzione, ai fini del calcolo dei suddetti compensi. A tal proposito segnaliamo un’evoluzione del sistema, in seguito all’accordo – valido per il biennio 2006-2007 – sottoscritto il 15 novembre scorso, tra la Siae, le associazioni degli autori e degli editori e le associazioni dei centri di riproduzione. Esso prevede un nuovo metodo di determinazione dei compensi dovuti agli aventi diritto, basato non più su annotazioni dei dati relativi ai testi fotocopiati in appositi registri rilasciati dalla stessa Siae, ma sull’acquisto, da parte dei punti di riproduzione, di contromarche, da applicare sulle copie delle opere protette da diritto d’autore – prima dell’uscita del cliente dal locale – sulla prima pagina riprodotta o sul retro dell’ultima. A ciascun centro di riproduzione verranno consegnati lotti di contromarche in misura proporzionale al numero delle macchine fotocopiatrici possedute.
Le difficoltà continuano...
C’è da dire, tuttavia, che nonostante gli sforzi del legislatore e delle associazioni di categoria, l’Italia continua ad essere l’unico paese nel mondo industrializzato in cui il sistema di raccolta dei diritti spettanti sulle fotocopie stenta a decollare. Così come denunciato dall’Aidro (Associazione italiana per i diritti di riproduzione delle opere dell’ingegno), dall’Aie (Associazione italiana editori) e dall’Sns (Sindacato nazionale scrittori) – organizzatori, nell’ambito dell’ultima edizione della Fiera del libro di Torino, di un incontro dal titolo Attenti alle fotocopie –, se nel nostro paese la media dei consumatori che pagano i diritti sulle fotocopie fosse a livello di quella raggiunta nel resto dell’Unione Europea, si raccoglierebbe qualcosa come 40 milioni di euro all’anno. Solo un dato per cogliere l’enorme divario: in Italia nel 2005 è stato incassato un milione di euro, appena un quarantesimo rispetto al dato europeo.
La Siae continua a svolgere il suo ruolo di intermediario della riscossione dei proventi a favore degli aventi diritto, nel senso che incassa dai centri di riproduzione i diritti (sia pur esigui) per la fotocopiatura dei testi per poi corrisponderli, successivamente, ad autori ed editori.
E quest’ultima fase del percorso sembra presentare, anch’essa, non pochi problemi, stando a quanto è possibile leggere proprio sul sito della Siae (www.siae.it), cliccando nell’home page sul link Ripartizione diritti Reprografia.
La maggiore difficoltà sembrerebbe quella di reperire i recapiti di tutti gli autori o dei loro eredi per corrispondere loro i diritti già incassati, relativi agli anni 2001-2004. Ricordiamo, a tal proposito, che il diritto si estende per tutta la vita dell’autore e fino al 31 dicembre del settantesimo anno dopo la sua morte. Quando invece il diritto spetta allo stato, alle pubbliche amministrazioni o ad enti privati che non perseguono scopo di lucro, esso dura vent’anni a partire dalla prima pubblicazione. Trascorsi tali termini, l’opera diviene di pubblico dominio ed è liberamente riproducibile da chiunque.
Da qui la pubblicazione nel sito dell’elenco degli autori “ricercati” con l’invito, rivolto a quanti vi si riconoscono, a contattare direttamente gli uffici della Siae tramite l’invio dei moduli – scaricabili sempre dal sito e debitamente compilati – contenenti i dati necessari per la liquidazione dei diritti. Disponibile anche un indirizzo email attraverso il quale chiedere informazioni: fotocopie.olaf@siae.it.
Una situazione a dir poco paradossale: da un lato, i tanti tentativi, spesso e volentieri vani, di far rispettare “le regole del gioco” nell’attività di riproduzione delle opere letterarie protette dal diritto d’autore, dall’altro, un’eccessiva difficoltà nel reperire quei pochi autori “privilegiati” per aver avuto le proprie opere riprodotte nel rispetto della legge, per l’attribuzione dei diritti loro spettanti. Ancor più bizzarro il fatto che tra gli autori riportati nel suddetto elenco, costituito da coloro che «non sono stati reperiti, quelli su cui esistono dubbi di omonimia e quelli i cui eredi non sono stati individuati» spicchino alcuni nomi a dir poco famosi. Oltre ai già citati Annunziata e Urbani, troviamo anche Abruzzo Franco, Amato Giuliano, Fantozzi Augusto, Vespa Bruno: forse letti così hanno solo qualcosa di familiare, ma proviamo ad anteporre il nome al cognome...
Viene da chiedersi se è davvero così difficile “comunicare” qualcosa ad un prestigioso giornalista oppure all’attuale ministro dell’Interno (peraltro, digitando i relativi nomi su Google, si ottengono come primi risultati proprio gli indirizzi dei loro siti con i rispettivi recapiti).
E se i testi fotocopiati trattano di Diritto tributario, possono sorgere dubbi di omonimia davanti al nome dell’autore Fantozzi Augusto? Tale Fantozzi non sarà forse l’ex ministro delle Finanze (ai tempi del governo Dini, dal gennaio 1995 al maggio 1996)? Proviamo a fare una banale ricerca sempre tramite Google: tra i primissimi risultati ricaviamo addirittura il sito dello studio legale tributario “Fantozzi & Associati”, all’interno del quale è riportato l’indirizzo email del “ricercato”. E a questo punto viene spontaneo chiedersi quanto tempo sia stato veramente speso per cercare, “vanamente”, il recapito dell’ex ministro dei Beni e le Attività culturali o quello dell’ex presidente della Rai o quello del conduttore di Porta a porta. All’appello sembrerebbero mancare anche gli eredi di uno dei più grandi filosofi italiani: Benedetto Croce.
Di chi sono le responsabilità?
Non vogliamo fare, certo, della facile ironia, ma davanti a questi “grandi assenti” (individuati solo scorrendo rapidamente il lungo elenco pubblicato sul sito della Siae) ci è più facile pensare che, da un lato, la ricerca non sia stata poi condotta con così tanto zelo e, dall’altro, che gli strumenti divulgativi utilizzati allo scopo (come la pubblicazione sia sullo stesso sito che su Vivaverdi – periodico della Siae, rivolto ad autori ed editori –, l’invio di comunicati stampa ai giornali e di lettere informative agli editori) non siano stati poi così efficaci.
Ad onor del vero va evidenziato che un avviso sulla questione della reprografia appare proprio nell’home page della Siae e, per di più, nei primi link in alto a sinistra. Ma va anche evidenziato che la strutturazione grafica di tale link lo rende assai poco visibile. Ciò avviene anche, ma non solo, a causa del fatto che la scritta che compare: «Ripartizione diritti Reprografia» con un’aggiunta successiva, in carattere un po’ più piccolo, del termine «Fotocopie» non lo rende molto intelligibile. Magari, i comunicatori Siae avrebbero potuto utilizzare, in grandi caratteri, il termine «Diritti sulle fotocopie da destinare agli autori» e, poi, in piccolo, il termine «Reprografia»...
Avremmo, in verità, voluto anche raccontare qualche dettaglio dell’opera di divulgazione che la Siae ci ha comunicato di aver effettuato. Ma i gentili colleghi della Siae stessa, quando abbiamo posto le domande in questione, hanno preferito non risponderci più...
Ciò, anche al fine di evitare che si vada a pensare che la Siae abbia una convenienza, magari anche solo indiretta, a che i soldi non vengano distribuiti.
Riteniamo, insomma, che la Siae non possa fermarsi “a metà dell’opera” nella tutela dei diritti degli autori ma che debba compiere ogni sforzo affinché il cerchio si chiuda ed abbia un senso tutto quello che c’è a monte: una buona legge, dei meccanismi per renderla applicabile, un sistema (purtroppo inadeguato) di controlli, degli oneri a carico di chi opera nel settore della reprografia. Tutto estremamente vano se poi quei diritti riscossi, sia pur in misura così esigua, rimangono “inerti” nelle sue casse.
Ma qualche responsabilità fa capo anche agli editori che, in linea di massima, sono riusciti invece ad incassare i proventi loro destinati ma che, salvo poche eccezioni, si guardano bene dall’informare i propri autori dei soldi che spettano loro...
Forse sarebbe stato più opportuno da parte della Siae dare maggior risalto alla questione attraverso altri mezzi d’informazione a più ampio raggio di diffusione, in grado di raggiungere un numero ben più alto di quegli autori, quali, ad esempio, le pagine di un quotidiano a diffusione nazionale. Si sarebbe colta anche una buona occasione per far luce ancora su un problema a tutt’oggi poco sentito, per illustrare ulteriormente le poche ma essenziali regole per muoversi nel pieno rispetto della legalità e per ribadire l’esistenza di un diritto meritevole di tutela (quello degli autori e degli editori delle opere riprodotte) quasi sempre ignorato.
Come abbiamo avuto modo di sottolineare in altra occasione, infatti, il fotocopiare un libro è spesso percepito come un “peccato veniale”, un fatto poco grave, di cui non si colgono le conseguenze dannose, non solo sul piano economico ma anche e soprattutto culturale. Un ultimo dato per sottolineare ulteriormente l’arretratezza del nostro paese in questo contesto e per riflettere: l’Aie è in grado di offrire alcune borse di studio a favore di studenti che frequentano i master per l’editoria promossi dalle università di Milano e di Bologna proprio grazie ai diritti riscossi sulle fotocopie di libri italiani in Canada, Norvegia e Svizzera.
Niente male come lezione di civiltà!
Sandra Migliaccio
NOTA DELLA REDAZIONE
Un’anticipazione dell’articolo è stata effettuata, nella mattinata del 30 giugno, dall’Ansa (clicca qui per leggerla).
Dopo qualche ora è intervenuta la Siae con il seguente comunicato, riportato sempre dalla medesima Ansa:
«La Siae ha già provveduto a pagare 5 mila dei 17 mila autori, per i quali ha incassato i proventi derivanti dalle fotocopie delle loro opere nelle copisterie, nei copy center, biblioteche ecc.. Lo afferma una nota della società degli autori ed editori, dopo la segnalazione di un rivista on line sulla presenza di nomi noti tra gli autori non reperibili, in un elenco che è sul sito della stessa Siae. Gli editori – si legge nella nota – di tutti i 17.000 autori hanno già ricevuto dalla Siae le somme ad essi spettanti per questi diritti. La ripartizione riguarda anche gli autori non iscritti alla Siae: si tratta per lo più di cifre modeste e i nominativi più illustri sono stati individuati. Probabilmente la signora Migliaccio ha letto dei nomi, e li ha riportati nel suo comunicato, tra quelli che nel mese di novembre 2005 erano stati inseriti nel sito Siae e che per un disguido non sono stati cancellati».
La nostra rivista ha, subito dopo, a firma di Fulvio Mazza, diffuso la seguente controreplica:
«A quanto pare la Siae sostiene che i nomi ben noti sono stati già tutti rintracciati e pagati. Ciò non appare rispondere al vero. Non escludo – ovviamente – che per qualcuno di questi sia stato fatto. E me ne rallegro. Ma in altri casi non è affatto così. Alcuni esempi emblematici: il presidente dell'ordine dei giornalisti della Lombardia, Franco Abruzzo, pur essendo un personaggio notissimo, non è stato rintracciato dalla Siae. Idem per uno dei maggiori storici italiani: Giuseppe Galasso. In entrambi i casi sarebbe stato facilissimo rintracciarli: bastava andare su Google e spuntavano immediatamente. Stesso dicasi per l'economista Domenico Cersosimo, l'antropologo Vito Teti, la scrittrice Marta Boneschi eccetera. Tutte persone rintracciabili con estrema facilità! La verità un'altra: la Siae “nicchia” perché non ha voglia di trovare le persone e di scucire i soldi.
Fulvio Mazza (direttore responsabile direfarescrivere)».