Anno XXI, n. 228
febbraio 2025
 
In primo piano
Nel lato oscuro della Calabria:
le violenze della ’ndrangheta
Nelle edicole italiane, Pantaleone Sergi
pone ampio accento sul prezzo della paura
di Ivana Ferraro
Nel presente articolo si vogliono passare in esame alcuni degli elementi distintivi di un’opera che, nel complesso, presenta uno straordinario valore civile e civico atto a comprendere l’evoluzione e le conseguenze devastanti di un fenomeno criminale che ha segnato in modo indelebile il territorio calabrese, la ’ndrangheta.
Attraverso un lirismo intenso, pregnante e evocativo di chi ama e, quindi, conosce bene quei luoghi, Pantaleone Sergi, autore di Sequestri di ’ndrangheta, (La Gazzetta dello Sport, pp.158, € 8,99), ci porta nel cuore oscuro della Calabria, dove per decenni la ’ndrangheta ha usato i sequestri di persona come strumento di intimidazione e finanziamento.
Questo libro indaga un’epoca in cui rapimenti e riscatti erano non solo metodi per accumulare denaro, ma vere e proprie armi distruttivamente psicologiche che lasciavano segni indelebili sulle comunità locali. Egli, con la sua esperienza di giornalista e storico, non solo riporta i fatti con precisione, ma rivela anche l’impatto umano e sociale dei sequestri.

La Calabria dei sequestri: il contesto storico e sociale
L’autore, con una penna asciutta e incisiva, disegna un panorama desolante, fatto di crimini efferati e vite distrutte, partendo dai primi sequestri degli anni Cinquanta fino a giungere a una disamina della situazione attuale; si addentra nelle pieghe della storia, tracciando non solo le dinamiche dei sequestri di persona, ma anche il contesto socio-economico che ha permesso a queste pratiche di prosperare, offrendo ai lettori una prospettiva completa e dettagliata su come la ’ndrangheta abbia sfruttato la debolezza dello stato e la marginalità di alcune aree della Calabria per imporsi come organizzazione temibile e ramificata.
Ci si imbatte in racconti di episodi di violenza e intimidazione con uno stile narrativo coinvolgente, citando testimoni e riportando frammenti di vicende che colpiscono per la loro dannata crudeltà. In uno dei passaggi più significativi, l’autore descrive l’angoscia dei familiari dei rapiti: «Quegli sguardi persi nel vuoto, segnati da giorni di angoscia senza fine, si sono impressi nella memoria di un’intera generazione, che ancora oggi ricorda quel periodo come un incubo collettivo».
Il racconto si fa così testimonianza di una ferita ancora aperta, sottolineando come i sequestri di persona abbiano rappresentato per la Calabria un trauma sociale profondo, che ha inciso nella mentalità e nelle relazioni di intere comunità. Sergi utilizza una narrazione dettagliata che, pur nella drammaticità, non scade mai nel sensazionalismo, mantenendo un tono sobrio e rispettoso.

Le vittime e i carnefici: storie di vite spezzate e di crudeltà
Il volume esplora il fenomeno in tre dimensioni principali: il rapporto tra i rapitori e il territorio, il ruolo dei sequestri nell’economia della ’ndrangheta e le reazioni della società e delle autorità. In un passaggio significativo, Sergi descrive l’impotenza delle vittime e il dolore straziante e lacerante delle loro famiglie, costrette a negoziare con il terrore: «Erano gli anni in cui il telefono di casa poteva squillare in qualsiasi momento, e la voce all’altro capo poteva essere quella che annunciava l’inizio di un incubo. Ogni minuto che passava senza novità era una pena, una paura crescente per quei figli, fratelli e genitori strappati via dalla loro vita e tenuti nascosti tra le montagne, in un territorio che proteggeva i carnefici, non le vittime».
Questo è uno degli aspetti più toccanti del libro: è il racconto delle vite delle vittime e delle loro famiglie, restituendo dignità a coloro che hanno subito ingiustizie indicibili, inenarrabili. L’autore non risparmia dettagli sulle sofferenze fisiche e psicologiche inflitte alle persone rapite, che spesso erano costrette a passare lunghi periodi in condizioni disumane, rinchiuse in nascondigli remoti e sorvegliate da aguzzini senza scrupoli. Sergi racconta di famiglie distrutte e di vite spezzate, riportando anche il dolore dei familiari e la disperazione di chi era costretto ad affrontare la brutalità della 'ndrangheta. In uno dei passaggi più crudi, Sergi scrive: «Nell’oscurità delle grotte e delle baracche, i prigionieri vedevano sfumare ogni speranza, mentre l’odore della terra umida e il silenzio cupo erano i loro unici compagni».
In questa parte emerge chiaramente l’intento di Sergi di non lasciare impunito il ricordo delle vittime, di restituire umanità a chi è stato privato di tutto, perfino della speranza. Viene raccontata la storia di alcuni dei rapimenti più emblematici, come quello di Cesare Casella, giovane studente rapito nel 1988 e liberato solo due anni dopo, o di Marco Fiora, il più piccolo dei sequestrati, tenuto prigioniero per 515 giorni. Queste storie diventano simboli di una violenza bieca e meschina, cieca e efferata che non risparmia nessuno, nemmeno i più piccoli. L’autore, in modo diretto, potente e impattante, descrive il clima di terrore in cui vivevano molte comunità calabresi, dove i sequestri rappresentavano una minaccia costante. Il racconto è arricchito e supportato da testimonianze dirette, interviste e documenti, che rendono la narrazione ancora più coinvolgente e reale, come se il lettore potesse percepire la sofferenza di coloro che sono stati strappati alle loro vite.

Le trasformazioni e il declino del fenomeno: verso una Calabria libera?
La seconda parte del libro si addentra nel modus operandi della ’ndrangheta, un’organizzazione criminale o criminosa che dir si voglia, che ha saputo trovare terreno fertile affinché si insediasse e si radicasse, sfruttando la geografia e la cultura locali. Sergi offre uno spaccato di come la ’ndrangheta si sia evoluta, passando da un’organizzazione quasi “artigianale” a una struttura criminale sempre più sofisticata, capace di mantenere un ferreo controllo sul territorio grazie al denaro dei riscatti.
Il riscatto diventava un elemento di sopravvivenza e crescita per i clan, e la ripetitività dei sequestri, in particolare tra gli anni Settanta e Ottanta, creava una sorta di normalizzazione del terrore: il denaro dei riscatti, versato sotto minaccia e tra sofferenze indicibili, rappresentava una piaga aperta per le famiglie colpite. Ma non solo per loro: esso diventava un’arma che rafforzava il potere dei clan, finanziando attività illecite e rinforzando un sistema di connivenze che legava in una ragnatela l’intero territorio.
Infine, Sergi si concentra sulle reazioni delle istituzioni e della società, sottolineando l’indifferenza iniziale che si trasformò, col tempo, in una vera e propria battaglia contro i sequestri e la ’ndrangheta. Il coinvolgimento dei media e dell’opinione pubblica, oltre alla nascita di movimenti antimafia, furono cruciali per contrastare questo potere. L’autore racconta, per esempio, il ruolo delle madri delle vittime, spesso le prime a sollevarsi per chiedere giustizia: «Le voci delle madri spezzavano il silenzio. Erano loro a organizzare fiaccolate, a esporsi in prima persona, con il viso segnato dalla disperazione ma con una forza inarrestabile. Quelle donne non accettavano che la Calabria rimanesse sottomessa al terrore, e con il loro coraggio riuscivano a smuovere una società troppo spesso rassegnata».

Ciononostante, l’autore non manca di sottolineare come il contrasto da parte dello stato e delle forze dell’ordine, pur avendo ottenuto alcuni esigui successi significativi, abbia dovuto affrontare sfide enormi a causa di un contesto sociale ed economico fortemente segnato dalla povertà, dall’omertà e dall’isolamento. A tal proposito, l’autore chiama in causa le nuove generazioni calabresi e le associazioni locali nella lotta contro la cultura mafiosa. In uno dei passaggi più significativi dell’ultimo capitolo, Sergi scrive: «La speranza risiede in coloro che si ribellano al destino di violenza e paura, che scelgono di restare e combattere, per costruire una Calabria diversa, finalmente libera dal giogo della ’ndrangheta».
Le sue parole trasmettono una visione positiva per il futuro, suggerendo che, nonostante le difficoltà, un cambiamento è possibile e che la Calabria può emanciparsi da un passato di sangue e sofferenza.
Sequestri di ’ndrangheta è un’opera che, attraverso una documentazione accurata e una narrazione avvincente, offre un ritratto spietato ma necessario di una realtà complessa, invitando i lettori a riflettere sull’importanza della memoria e della giustizia. Sergi si conferma una voce autorevole e appassionata, capace di raccontare storie dure ma necessarie, spingendo a non dimenticare e a non cedere all’indifferenza di fronte a una piaga che ha segnato profondamente la Calabria e il nostro paese.

Ivana Ferraro

(direfarescrivere, anno XXI, n. 227, gennaio 2025)
 
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