Procurarsi una buona dose di giovinezza, mista a un pugno di aspirazioni e a una fetta di amara realtà; unire un pizzico di precariato mantecato con una quotidianità fatta di aspettative e obiettivi da raggiungere, insaporiti con una porzione di tensioni e qualche goccia di ansia. Aggiungere al composto una manciata di amore, condito con un filo di tradimento e dolore a sufficienza. Mescolare il tutto con un linguaggio fresco e contemporaneo, semplice e lineare, un intreccio incalzante, con qualche risvolto misterioso, e una schiera di personaggi simpatici e verosimili. Cuocere a piacimento e… voilà! Gustare ogni pagina!
Questa è la ricetta che Marco Bellabarba ha seguito per “impastare” il suo romanzo, intitolato Q.B. A volte non basta osservare. Serve anche aggiungere (Robin editore, pp. 392, € 16,00). Un romanzo che nella buona cucina scopre l’antidoto a un’esistenza sotto pressione, come quella che molti giovani della società contemporanea, loro malgrado, si trovano ad affrontare.
Un bel libro, pubblicazione, che fa parte della “scuderia” di Bottega editoriale (www.bottegaeditoriale.it).
Trent’anni, croce e delizia
Q.B. A volte non basta osservare. Serve anche aggiungere è la storia di un ragazzo che da poco ha superato la soglia dei trenta, un’età cruciale in cui ci si trova “al bivio” tra diverse scelte, tutte ugualmente importanti, che riguardano la vita professionale e quella privata. L’età in cui si stabilisce la direzione da imprimere al proprio percorso; in cui tutto, se si vuole, può cambiare ma, allo stesso tempo, si desidera che rimanga com’è. Paolo – è questo il nome del protagonista del romanzo – vive una storia d’amore ormai al capolinea e che, una volta chiusa, gli lascia in eredità una bruciante sofferenza, e non solo. Era stata proprio la relazione con Deborah a spingerlo ad accettare un lavoro non esattamente in linea con le sue aspirazioni ma che, in un mercato saturo, rappresentava l’unica possibilità “sicura”, seppur precaria, per guadagnarsi una certa autonomia e assicurarsi la possibilità di iniziare a disegnare un futuro con la propria compagna. Un futuro che però, ben presto, si trasforma in un passato da superare, e faticosamente.
A fare da catalizzatore in questo cammino di “riprogettazione” della vita di Paolo è Luisa, una chef molto organizzata e decisa, che il protagonista incontra, casualmente, durante una serata a casa del suo collega-stagista Enrico e nella quale intravede immediatamente una fonte di energia inesauribile. In effetti, Luisa sarà per lui una sorta di mamma – quella vera è un po’ lontana dal “mondo” di Paolo – capace di colpirlo nel segno e di aprirgli gli occhi, con i suoi consigli e l’attività culinaria in cui lo coinvolge, su un orizzonte di possibilità ben più ampio di quello che il ragazzo aveva, fino a quel momento, tracciato.
E così, quasi per caso e per “occupare” quel buco dell’agenda rappresentato dalle vacanze estive, Paolo – che nel frattempo ha anche ricevuto, nel settore di suo interesse, una nuova opportunità presso l’Università di Ginevra – accetta di seguire con lei un corso di cucina, scoprendovi una certa passione e, soprattutto, imparando che il segreto per essere soddisfatti di se stessi è non dimenticarsi mai l’importanza del prendersi cura di sé, di dedicarsi del tempo e di darsi delle opportunità semplicemente seguendo le proprie inclinazioni, perché «la giusta intuizione segue il profumo delle cose buone».
Attraverso la dedizione all’arte culinaria, Paolo imparerà, appunto, ad aggiungere del sano egoismo alla propria vita: ad affrontare il lavoro con maggiore serenità e a scorgere in esso un’opportunità di espressione nonostante non si tratti dell’attività sognata e sperata durante il corso degli studi; proverà, inoltre, a conoscere una ragazza incontrata per caso, consapevole che i “se” e i “ma” fanno parte di ogni aspetto della vita e non possono diventare un elemento di blocco lungo il cammino; a non rinunciare alle proprie emozioni e sensazioni, positive o negative che siano, per seguire la chimera del “che cosa si aspettano gli altri da me”; a non escludere nessuna possibilità che si ritiene possa procurare una soddisfazione personale.
Romanzo di formazione e aspetti da “giallo”
L’intreccio a cui dà vita Bellabarba è piuttosto lineare. Gli eventi seguono un ordine cronologico che permettono al lettore di seguire in maniera distesa le vicende dei personaggi e di comprenderne alcuni prodromi attraverso qualche flashback che consente di incasellare i vari pezzi del puzzle al giusto posto.
Quello a cui si assiste è un percorso “in crescendo” del protagonista, il quale è conosciuto dal lettore in una fase non proprio felice; a congedarlo, però, sarà un ragazzo molto diverso, forse non più così «stanco […] di avere solo 32 anni». Un uomo, ecco, che ha trascinato in salvo la sua vita, aiutato, almeno in parte, dagli eventi.
Nelle pagine del romanzo, infatti, accade di tutto e si accavallano diversi avvenimenti, ciascuno che ruota attorno ai due “problemi” principali del protagonista: l’amore e il lavoro. Ma è in relazione a quest’ultimo che l’opera tesse una specie di “sotto trama” che assume le sfumature del giallo.
Difatti la narrazione centrale, condotta in prima persona da Paolo, viene sovente interrotta da scene e “quadretti” indefiniti nei tempi, nelle ambientazioni e nelle persone coinvolte, attraverso le quali si insinua via via, in chi legge, l’idea che, mentre il protagonista e i vari personaggi vivono le proprie esperienze, stia accadendo qualcosa di inaspettato e “di grosso” destinato a scontrarsi con la narrazione principale facendola implodere.
Un ventaglio di tematiche attuali…
Nel dipanarsi delle vicende, l’autore riesce a comporre una trama che affronta tematiche molto attuali e, per certi aspetti, “delicate”.
Innanzitutto quella del lavoro. Il mondo professionale a cui un giovane “fresco” di studi si affaccia rappresenta quasi sempre la prima vera e propria disillusione della vita perché è il “campo di battaglia” in cui vengono a scontrarsi necessità e aspirazioni, meriti e demeriti.
Paolo incarna il giovane che cerca di intraprendere una strada – quella di una carriera di prestigio a livello internazionale, nella fattispecie – che però in qualche modo non riesce a meritarsi o che deve accettare di percorrere a condizioni non ideali, al limite dello sfruttamento e della frustrazione. Ne imbocca, perciò, spinto da necessità, un’altra, dovendosi accontentare di un contratto precario e, di conseguenza, di un futuro incerto. Paolo, però, non è l’unica “vittima” di questa realtà complessa: c’è Enrico, stagista ignaro degli sviluppi del proprio futuro nell’azienda in cui sta investendo la propria formazione professionale, pedina di uno scambio di favori; ci sono, anche, i colleghi dall’ambizione becera e irrispettosa delle persone.
In secondo luogo, l’amore. Tema a suo modo centrale nell’opera, non solo nell’accezione più comune, cioè quella di “relazione” amorosa: in questo senso c’è sempre Paolo al centro delle pagine, un ragazzo che crede nei rapporti autentici e nella “progettualità” di coppia – tanto da avervi “immolato” le proprie decisioni professionali – abbandonato dalla sua compagna per motivi inizialmente sconosciuti. C’è Francesco, agli antipodi, abile costruttore di storie “qui e ora”, senza vincoli e promesse future; e poi c’è Enrico, con la sua relazione segreta, che rivela una profondità assoluta e la forza di mettere in discussione, da più punti di vista, la propria vita.
C’è anche l’amore materno, che si rivelerà nel dispiegarsi del rapporto tra Luisa e Paolo, e quello amicale, che Paolo vedrà tradito da alcune persone e scoprirà in altre.
E ancora, l’amore inteso come “soddisfazione e passione per ciò che si fa”, responsabile dell’irrequietezza interiore del protagonista e molla dell’esistenza di Luisa. Quest’ultima dentro di sé cela un grande dolore e un’enorme insoddisfazione che però ha imparato ad accettare e con cui convive, riversando ogni sua energia nella cucina.
In questo ventaglio di tematiche, è lo scontro tra l’ideale e il reale il vero terreno di gioco, ma non è la vittoria del primo sul secondo il “bottino” in palio: «D’altronde la felicità è un sentimento straordinario ma spesso effimero. Mentre la serenità può diventare un modo di vivere. Del primo c’è da stare attenti. Ma il secondo, fidati, è da invidiare».
… e la buona cucina: da romanzo a manuale di gastronomia
Il mondo culinario, negli ultimi anni, ha preso il sopravvento sia in ambito editoriale, sia in ambito televisivo, sia in ambito sociale (si pensi all’Expo di Milano). Bellabarba, nel suo romanzo, lo mette addirittura al centro della maturazione del protagonista. Imparare a cucinare, infatti, diventa per lui il modo di iniziare a capire quanto sia importante non trascurarsi, quanto sia fondamentale trovare il giusto equilibrio tra gli ingredienti per ottenere un piatto bello da vedere, buono da gustare.
Fuor di metafora, a noi è richiesta la stessa attenzione nella cura che riserviamo a ogni singola giornata. Solo noi possiamo decidere quale grado di sapore conferire al nostro tempo. Solo noi possiamo stabilire di aggiungere “sale” alla nostra vita e solo noi possiamo quantificare concretamente quel “q.b.” (“quanto basta”) che, non a caso, dà il titolo all’opera.
L’autore però non si limita a sfruttare l’argomento dell’arte culinaria al solo fine di trasmettere un messaggio, peraltro molto positivo, di natura metaletteraria. E così, ibrida il suo romanzo e lo trasforma, per certi aspetti, in un libro di gastronomia, fornendo le ricette dei piatti preparati dai personaggi, con tanto di ingredienti e dosi, in forma schematica e utile a chi, incuriosito da questo o quel sapore, non riporrà il libro tra gli scaffali della libreria al termine della lettura, ma lo terrà in cucina, per consultarlo nel tentativo di cimentarsi nella preparazione di quelle pietanze.
Ciò conferisce al testo un tocco di originalità non indifferente: un piacevole intrattenimento nel tempo libero, ma anche un pratico manuale da sfogliare accanto ai fornelli.
Ci permettiamo, a questo proposito, di dare un suggerimento: se siete passibili di attacchi di fame, leggete Q.B. lontano dai pasti… oppure, assicuratevi prima di aver fatto una buona spesa!
Cecilia Rutigliano
(direfarescrivere, anno XI, n. 118, ottobre 2015)
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