Anno XX, n. 225
novembre 2024
 
In primo piano
Un saggio è illeggibile e autoreferenziale
se non accompagnato dagli indici
L’ottima prospettiva degli “ultimi”:
risultare “primi” quanto a utilità
di Ilenia Marrapodi
Scorrere l’indice lungo le colonne degli indici.
Un gioco di parole, sì, che però nella sua trasfigurazione in immagine rende chiara l’idea di quel complesso lavoro “artigianale”, ma anche inevitabilmente digitale, che accompagna molti libri. Un cammino che, al contrario di quanto potrebbe sembrare, è carico di ostacoli, dubbi e difficoltà.
A rendersi quindi indispensabili sono le elencazioni (gli indici, appunto) soprattutto per quanto riguarda i saggi che, se mancanti di questi apparati di immediata ricerca interna, risultano poco fruibili, quasi impossibili nella loro stessa consultazione.
Importantissimi per contenuto e, in molti casi, complessi nella realizzazione, sono la croce e la delizia delle redazioni editoriali. Procedere, infatti, alla compilazione di indici – quanto più possibile dettagliati e specifici – è attività di sensibile spessore, tanto culturale quanto logico e organizzativo: occorre che il redattore si inserisca all’interno di un meccanismo che faccia leva su ingranaggi di ricerca, di attenzione nonché di specializzazione. Fare indici è un’operazione certamente gratificante, non solo per il risultato finale raggiunto, ma anche, e forse soprattutto, per il percorso di “costruzione” che presuppone: nella maggior parte dei casi, la redazione o il singolo redattore affronta un percorso “imposto” di acquisizione di conoscenze, un viaggio intellettuale che va ben oltre la sterile elencazione di voci.
La realizzazione di un indice (o di più indici all’interno dello stesso testo) reca con sé l’attesa degli “ultimi tempi”, è dall’impaginato semifinale (perché deficitario appunto della sezione ad essi dedicata) che ci si può permettere di portare a compimento quest’ultimo importantissimo segmento “peritestuale”. Gli indici rientrano, infatti, in quello spazio definito del peritesto (tutto quello che non è testo ma che si trova dentro al testo stesso, come titoli, immagini, didascalie, note, ecc.); sta al di qua del testo ed ha un ruolo di primo piano.
Rappresentano così l’ultimo gradino della scala editoriale, prima che il “quasi libro” ceda il testimone alla stampa.
Esigenze di completezza, chiarezza, evidenza immediata li rendono una componente fondamentale, un vero e proprio strumento di “lettura” e di orientamento indispensabile per chiunque si approcci al testo.
Che si sia digiuni o meno rispetto all’argomento “in mano”, gli indici offrono ai lettori una panoramica immediata del libro: la loro consultazione permette al disaminatore di rintracciare rapidamente un dato elemento, raggiungendo subito una specifica sezione del testo. Servono inoltre affinché il fruitore capisca già a primo impatto – senza quindi dover soffermare la sua attenzione sulla lettura di qualche pagina – se il libro possa essere di suo interesse o meno.
In sostanza, si tratta di un binocolo che consente di avere una visione d’analisi immediata.
Se volessimo paragonarli ad una figura retorica sarebbero con tutta probabilità un ossimoro: primi ed ultimi. Primi e fondamentali per importanza, ultimi per collocazione.
Sono confinati, infatti, sempre a fine pubblicazione, ad eccezione degli indici generali, che si possono trovare anche all’inizio.
La creazione di un apparato dedicato agli indici, oltre a essere un utile servizio rivolto al lettore, è pure manifestazione di cura e meticolosità redazionale.
Tra i requisiti che sono chiamati a soddisfare ricordiamo due tra i più importanti: la chiarezza e l’immediata comprensibilità.
Varie e tecnicamente di diversa fattura sono le tipologie di indici. Qui accenneremo alle più diffuse.

Indici generali
Riportano fedelmente, con gli stessi termini e la stessa eventuale numerazione, tutti i titoli dei capitoli (quelli dei paragrafi e dei sottoparagrafi possono anche non comparire qualora si scelga di non creare un indice “eccessivamente” dettagliato) e ad essi si fa seguire il corrispondente numero di pagina.
Sono l’unica tipologia di indici ad avere una collocazione variabile: in base al testo, oltre che a scelte propriamente editoriali, si possono trovare all’inizio o alla fine del libro. Tra i vari criteri di preferenza di sistemazione, uno dei più incisivi è legato al loro utilizzo: gli indici generali devono risultare “comodi” e “agevoli” alla consultazione. E in base a questi stessi principi bisogna anche scegliere come dettagliarli: troppo minuziosi diventano dispersivi, troppo scarni, al contrario, eccessivamente sintetici. La soluzione ovviamente è in medias res.
Hanno una disposizione generalmente verticale nella quale la successione dei diversi segmenti riflette simmetricamente quella del testo.
Se quest’ultimo contiene una suddivisione in paragrafi e sottoparagrafi, bisogna creare un gioco visivo che indichi anche graficamente la differenza fra i vari livelli: si potrà optare per un allineamento più rientrato, diverse dimensioni del carattere, maggiori interlinee, aumento di spaziature, ecc. (es. cap. 1. p. 3; 1.1 p. 7; 1.2 p. 9).
Non rientrano tra le voci dell’indice generale le pagine dedicate al frontespizio, al colophon e agli indici stessi.

Indici analitici
Rappresentano un’elencazione dei termini dei principali argomenti trattati nel testo.
Vengono stilati riportando i lemmi che dal punto di vista contenutistico, e non quantitativo, sono più significativi rispetto all’argomento trattato.
Nella progettazione e decisione di quali saranno i termini ad essere inseriti ci si basa in primis su un approfondimento dei concetti citati nell’indice generale, oltre che su una logica di previsione rispetto a quelle che potranno essere le esigenze dei lettori. Bisogna, infatti, tener sempre conto degli interessi di chi consulta, con l’obiettivo di facilitare loro la ricerca. In tale ottica qualora si pensi che un dato argomento possa essere ricercato, ma che la parola corrispondente non risulti nel testo, si può optare per inserire un nuovo termine con l’opportuna aggiunta di un rimando volto a richiamare uno o più lemmi a questo collegato.
Gli indici analitici contengono nomi di argomenti, ma potrebbero esservi presenti anche nomi di persona e/o di luogo (e/o di eventi), ecc. In queste ultime ipotesi, tali indici possono sostituire del tutto quelli specifici.
Ugualmente per gli analitici, così come per quelli generali, si possono utilizzare diversi espedienti grafici per differenziare le varie “categorie” (ad esempio, il grassetto per le pagine che trattano maggiormente l’argomento o il corsivo per alcuni specifici nomi). I termini vanno fatti seguire dal numero della/e pagina/e (più raramente dei paragrafi) in cui si trovano le diverse occorrenze.
Di solito si pongono tra le componenti finali del testo, quindi dopo l’ultimo capitolo e prima delle indicazioni di stampa relative alla pubblicazione.

Indici dei nomi e/o dei luoghi
Contengono un elenco ordinato alfabeticamente dei nomi propri delle persone citate. Si può peraltro scegliere di accompagnare l’indice dei nomi a quello dei luoghi.
I criteri per la stesura di un indice dei nomi sono spesso assai soggettivi e dipendono dalla singola casa editrice. In virtù di tale flessibilità è bene far precedere all’elenco una nota esplicativa o una legenda, che permetta al lettore di comprendere quali siano i principi secondo i quali è stato logicamente organizzato.
Di solito l’impostazione più diffusa segue l’ordine del cognome, nome (o viceversa) seguito sempre dal numero di pagina di riferimento.
Un buon indice cercherà comunque anche in questo caso di guardare alle esigenze del lettore, oltrepassando la stretta rigidità cui richiama l’impostazione per rispondere al bisogno di immediata comprensione.

Indici delle illustrazioni (e/o delle tabelle)
Contengono i titoli delle illustrazioni (ma generalmente ridotti e dunque non integrali) che compaiono negli apparati didascalici del testo. Sono presenti soprattutto nei libri di carattere artistico o tecnico.
In questo contesto è bene ricordare che il diritto d’autore sulle fotografie dura 20 anni dalla data di pubblicazione dell’immagine, mentre per le opere d’arte 70 anni dalla morte dell’autore. Pertanto, va prestata la massima attenzione per evitare di trovarsi impelagati in complessi contenziosi legali.
Nelle didascalie, dopo la descrizione dell’immagine fotografica, è bene indicare tra parentesi la fonte. Nella riproduzione di opere artistiche, è importante specificare il maggior numero di informazioni possibili (titolo dell’opera, datazione certa o presunta, supporto e materiale adoperato, dimensioni, città e luogo di conservazione, autore, eventualmente con le date di nascita e morte, coi giorni precisi se la pubblicazione lo richiede). Se si è scelto di raffigurare solo una parte o un dettaglio dell’opera, bisogna far precedere il titolo dal termine “particolare”.
In pubblicazioni di carattere scientifico, matematico, tecnico, economico, statistico e altro ancora, può esservi anche un indice delle tabelle, degli schemi, dei dati, delle formule, ecc.
Ecco così che si dimostra vero il proverbio secondo il quale gli ultimi (per posizionamento) saranno i primi (per importanza)!

Ilenia Marrapodi

(direfarescrivere, anno XI, n. 117, settembre 2015)
 
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