Scegliendo di scrivere un romanzo autobiografico l’autore decide di condividere coi suoi lettori alcuni momenti della propria vita, mettendo a nudo anima e sentimenti, ponendo l’accento sulla propria personalità, riscoprendosi così agli occhi di chi lo legge e lo attraversa. Così facendo, Carlo Buttari scava nel suo passato, tramite due modalità, opposte ma complementari: l’occhio critico ed esterno dello scrittore che narra e quello interno di colui che, rivivendo il proprio trascorso, riscopre le gioie e i dolori vissuti, mostrando in tal modo la parte più sensibile di sé.
Il romanzo, di imminente pubblicazione, L’età bella (Robin edizioni, pp. 224) di Carlo Buttari, fa parte della “scuderia letteraria” dell’agenzia Bottega editoriale.
Un viaggio interiore in cui l’autore racconta con dovizia di particolari la storia della sua vita, portandoci attraverso il suo percorso di crescita non tanto fisico ma soprattutto emotivo. Vi proponiamo di seguito la Prefazione a firma di Nerina Garofalo, che sottolinea i sentimenti che la lettura di questo testo ha risvegliato in lei.
Bottega editoriale
Prefazione
«Cammino da solo, spessissimo, per delle ore, in tutte le possibili
situazioni in cui mi trovo. Ed il mio passo, il mio cuore e la mia
mente si muovono all’unisono, ed il pensiero va felice, a vivere
ancora (…)» C. Buttari, L’età bella
Quando ho letto, per la prima volta, L’età bella, di Carlo Buttari, ho provato un’emozione tutta particolare. Un ritrovare, nel testo e nelle mail che lo hanno accompagnato fino a me, qualcosa di sorprendente se confrontato ai moltissimi scritti di memoria autobiografica che le nostre letterature maggiori e minori ad oggi producono.
Questo qualcosa è nel tono, nel posizionamento, nella prospettiva di sguardo che Carlo Buttari ha adottato nel testo per ri-vivere e per con-dividere, non solo una storia familiare avvincente, articolata con molta grazia fra i percorsi delle figure più importanti nella formazione sentimentale e personale dell’autore, ma anche e soprattutto per il recupero di un sentimento d’infanzia che è, in questa narrazione autobiografica, davvero particolarmente riuscito.
La prospettiva da cui guardiamo fonda la nostra etica del ricordo e, in larga misura, il nostro possibile sentimento del mondo. E il sentimento di Carlo è caldo, ironico, sferzante senza mai essere aspro.
È un narratore divertito, quello che si impadronisce di lui in questa bella narrazione, con una vena a tratti malinconica e al tempo stesso stanca di vivere e di ripensare. Ripensare al passato attraverso l’inesausta cornice del desiderio di futuro di oggi. La prospettiva di Carlo, nel racconto, è quella del bambino che sa guardare e trovare e capire, e che si vede crescere mentre le vite degli altri si compiono e si avvicinano o si allontanano, a volte incomprensibilmente, dalla sua.
Il ritmo quasi rotto dei paragrafi e dei periodi riflette il modo intimo, in alcuni punti quasi paradossale, di guardare il mondo dagli anni dell’infanzia e dell’adolescenza. Come un ragazzino che si mette appeso, a testa in giù, al muretto certo dei pochi anni, e da quella precisa e libera e affettuosissima e disincantata ottica di sguardo, cominci a dire a sé di sé dal perimetro altalenante dei legami familiari.
È stata per me una lettura commossa e un arricchimento personale ed umano. E di questo ringrazio l’autore che me ne ha fatto dono prima che il libro fosse libro.
Il mio legame con Carlo è nato nel mondo del lavoro, quel mondo di cui parla in chiusa con il rigore delle ragioni che lo caratterizza. Mondo del lavoro nel quale la sua onestà e il sentimento del giusto me lo hanno fatto vivere come una persona dalla quale si poteva solo imparare, e molto. Capace di letture non ambigue dei contesti, con una correttezza di analisi e di coordinamento, nei rapporti umani, rara e preziosissima. Accadeva questo molti anni fa, e ritrovarci oggi sul versante della scrittura biografica e del racconto, attraverso questo suo breve e intenso romanzo familiare, è per me un ulteriore dono di Carlo di insegnamento e di dialogo. Possibile ri-scoperta di sentimenti e di modi del tempo, per ciascuno tra noi che si inoltri con grazia in questo denso spaccato di vita, personale e sociale, di pieno Novecento.
Un amoroso disvelamento e la condivisione piena, di una storia familiare che arriva viva e limpida e senza asprezze, persino nel dolore, fino a noi. Un’occasione di formazione allo sguardo, di convivenza sentimentale con le infanzie e le storie ancora vive in ciascuno di noi, lettori e lettrici che si incantano su una bella età che non si perde.
Nerina Garofalo
(direfarescrivere, anno XI, n. 114, giugno 2015) |