Una figura leggendaria e affascinante è la protagonista del romanzo storico di Santino Oliverio, Uccialì, il re di Algeri (Città del sole edizioni, pp. 384, € 16,00). L’imponente volume prende le mosse dalla cattura, da parte dei turchi, di Giovanni Galeni, giovane originario di Isola di Capo Rizzuto che, durante un’incursione turca, viene fatto prigioniero e costretto alla schiavitù. Grazie alla sua conoscenza del mare e alla sua tempra – e, anche, alla conversione alla religione musulmana –, Giovanni diventa Uluch Alì (Alì il rinnegato), un corsaro con regolare licenza, fedele suddito del Sultano e, in seguito, re di Algeri e del Maghreb. La storia si snoda attraverso le diverse guerre di cui sono stati protagonisti turchi e spagnoli, prima fra tutte la battaglia di Lepanto del 1571.
Con maestria, l’autore Santino Oliverio riesce a narrare le vicende personali del protagonista, intrecciandole sapientemente con i fatti storici e le guerre del tempo.
Di seguito, potrete leggere il testo della Prefazione che apre il romanzo, a firma di Salvatore Reale, il quale ci offre un’interessante lettura dell’opera e delle sue svariate chiavi interpretative.
Buona lettura!
La redazione
Prefazione
La Calabria è stata terra di approdo per diverse popolazioni provenienti soprattutto dal mare. Alcune di esse vi si sono stabilite a lungo, contribuendo ad imprimere il carattere culturale della regione e costruendone la storia. Altre, invece, sono state solo di passaggio: vi si sono fermate per un attimo. Sarebbe interessante aprire un sipario verso queste ultime, per comprendere chi fossero realmente, da dove venissero e dove, dopo aver compiuto la propria missione, andassero.
In parte, a questo ha pensato lo scrittore crotonese (originario di Punta delle Castella) Santino Oliverio nelle pagine del romanzo Uccialì, il re d’Algeri, il quale ha costruito la sua opera plasmando un personaggio che si pone come protagonista su uno sfondo storico ben preciso.
Il romanzo viaggia in due direzioni: l’una è quella di raccontare, analizzare e, a volte, interpretare, anche enfatizzandoli, dei precisi avvenimenti storici del XVI secolo; l’altra è quella di dar vita ad un personaggio di tempra tipicamente calabrese: di carattere sanguigno, cocciuto, pronto a raggiungere i propri obiettivi ad ogni costo. Queste sono alcune peculiarità che traspaiono del carattere di Giovanni Galeni, il protagonista, appunto, del romanzo.
Santino Oliverio si fa, dunque, ispirare da un personaggio legato all’epopea popolare: Giovanni Galeni, corsaro conosciuto sotto vari nomi (Luccialì, Occhialì, Uccialì), storpiature del nome arabo Uluch Alì. La leggenda lo vede nascere intorno al 1507 a Le Castella; fatto prigioniero da pirati ottomani e diventato in seguito di religione musulmana, si distingue in varie imprese marittime.
Sono proprio queste ultime, nonché la lunga serie di battaglie combattute fra spagnoli e turchi, a fare da cornice all’ambientazione del romanzo. Un esempio per tutte: la battaglia di Lepanto del 1571, che decise i destini dell’intera Europa occidentale e che assume ruolo centrale nella storia narrata poiché vissuta dal protagonista come un «pensiero ossessivo».
Oltre all’aspetto storico – e a quello legato alle vicende leggendarie di uno dei luoghi più affascinanti della Calabria – nel romanzo, vi è, molto forte, anche un importante aspetto religioso. Interessante, infatti, risulta l’analisi della conversione alla religione musulmana vissuta dal protagonista.
Giovanni Galeni è, all’inizio della storia, un ragazzo calabrese che prova il desiderio di approfondire, in qualche modo, il rapporto con la religione che professa: quella cristiana. Si guadagna la vita come pescatore, ma la sua intenzione è quella di diventare prete.
Un avvenimento di forte impatto, però, lo porta a cambiare “rotta” e ad abbracciare la religione musulmana: Giovanni diventa un instancabile corsaro, vincitore di tante battaglie e, infine, re della città di Algeri. Emblematica risulta, a questo proposito, l’evoluzione che la personalità di Giovanni subisce nel corso della storia: nella sua terra di origine, quando ancora cristiano, Giovanni si presenta come un uomo pacato, incline a profonde conversazioni di carattere spirituale, affascinato dalla dedizione agli altri, dall’eloquio, dalla semplicità del suo mentore spirituale, il monaco padre Poerio. Con la conversione alla fede ottomana, Giovanni cambia temperamento: passa all’azione, manifestando spesso un carattere combattivo.
Si tratta di una peculiarità molto forte del romanzo che, in questo senso, si rivela un’occasione di approfondimento del tema dello “sradicamento” e, di riflesso, dell’integrazione: l’essere umano necessita di radici, ha bisogno di ricevere la propria vita morale, intellettuale, spirituale dagli ambienti cui appartiene naturalmente. L’allontanamento forzato può avere conseguenze profonde nell’animo di chi lo subisce.
Non è superfluo evidenziare che al “meccanismo psicologico” che si innesca nella narrazione corrisponde un cambiamento di ambientazione geografica: infatti la prima parte del romanzo si svolge in Calabria, a Le Castella, sullo sfondo naturalistico della terra natia di Giovanni (e dello stesso autore). Le vicende poi si spostano sullo sfondo delle atmosfere misteriose dell’Impero Ottomano, passando attraverso i paesaggi costieri avvistati dalle navi turche durante le battaglie.
I cambiamenti di ambientazione e l’evoluzione caratteriale del protagonista – assieme al racconto che incalza man mano, con un ritmo di scrittura e di episodi sapientemente misurati e sempre in crescendo – permettono di scorgere nella prosa alcuni fondamentali temi di carattere umano, psicologico, spirituale, antropologico. Dal punto di vista umano vi è una profonda sapienza, da parte dell’autore, a creare personaggi “di spessore” che prendono forma nella pagina e divengono, a contatto con la sensibilità del lettore, persone reali, con caratteristiche talmente incisive da riuscire a convincere e coinvolgere chi legge, come se fossero realmente esistenti.
Dal punto di vista psicologico traspare la capacità di trattare i meccanismi che sottendono le scelte, i ragionamenti, le riflessioni, soprattutto del protagonista del romanzo, con una precisione di intenti e una scioltezza che rendono la scrittura credibile, accattivante, appassionante. Merito anche di una sintassi scorrevole, di facile lettura, capace – anche grazie alla presenza di dialoghi che, mentre contribuiscono a dare “umanità” a ciascun personaggio, permettono contemporaneamente al lettore di “entrare” nelle vicende e farsi trasportare da esse.
Quello spirituale è uno dei temi centrali su cui si snoda tutta la storia, come già accennato, perché tocca tutti gli aspetti che caratterizzano la vita interiore di un uomo. Vi è un momento di profonda conversione da parte di Giovanni Galeni, che lo porta ad abbracciare una certa religione e a professarla, vivendola pienamente con delle convinzioni che lo condurranno a fare determinate scelte. Non mancano, tuttavia, i momenti del dubbio, della crisi esistenziale e delle domande che ci si pone quando si fa una precisa scelta religiosa. Emerge, inoltre, la profonda (e moderna) convinzione che, indipendentemente dai rituali, dalle dottrine e dalle “pratiche” religiose, gli uomini abbiano tutti uno stesso Dio.
Infine traspare tra le righe anche l’aspetto antropologico, estremamente significativo dal punto di vista dell’approfondimento sociale e culturale a cui il romanzo si presta. Il duplice contesto geografico, nonché la duplice condizione religiosa e psicologica vissuta dal protagonista – di cui si è parlato prima – permettono di andare oltre la storia narrata e di interrogarsi, in generale, sull’uomo dal punto di vista sociale e culturale.
Il romanzo è intessuto anche da una storia d’amore che il protagonista vive con la donna che da sempre ha amato sin da giovane; e anche quando cambia vita costei è continuamente presente, come per dire che l’amore è l’unico anello di congiunzione fra il passato e il presente, in quella dinamica – su cui si basa l’intero racconto – per cui il prima e il dopo non coincidono fra loro.
In particolare, in Uccialì, il re d’Algeri, la storia amorosa diviene anche simbolo del contatto e del legame indissolubile con la terra d’origine; contatto che nel romanzo non si annulla mai definitivamente proprio in virtù dell’amore, uno dei sentimenti più forti, anzi, quello che prevale su tutto e su tutti.
Ecco un altro tema che sgorga dalla penna di Santino Oliverio, il quale, essendo egli stesso calabrese, “trapiantato in altro luogo”, non può non far emergere il legame alla propria terra, alla propria gente, alle proprie tradizioni. Anche se il romanzo appare, a primo impatto, come una storia spietata di guerra, di rottura, da parte del protagonista, con un passato che sembrava più mite, più sereno, non votato alla violenza, vi è un filo sottile che lega il protagonista alla “sua” Calabria; un filo all’apparenza precario e fragile, ma allo stesso tempo forte come lo è il cordone ombelicale che lega una madre al proprio figlio.
Il romanzo dunque risulta piacevole da leggere, soprattutto per gli appassionati di storia, ma anche per coloro che amano l’avventura, i sapori forti di una scrittura che non tende mai le briglia e che scorre come un fiume capace di travolgere ogni pensiero e ogni sentimento.
Vi è una certa naturalezza a legare insieme i fatti storici e la vita individuale dei personaggi che nascono in queste pagine. Ciò nasce da una certa, ormai acquisita, esperienza, da parte dello scrittore, di saper trattare e modellare le parole con gusto e sapienza. Il romanzo è particolarmente equilibrato nel combinare la narrazione in prosa con quella che si snoda sotto forma di dialogo; lo è anche nell’utilizzo degli esoterismi della lingua turca, necessari per comprendere meglio il significato degli eventi, ma soprattutto per far immergere il lettore in una dimensione spazio-temporale ben precisa, rafforzata dalla descrizione di luoghi, di date, di avvenimenti storici.
Il mescolare insieme, con maestria e con senso della misura, fantasia e realtà storica, è il punto di forza maggiore di questa ultima fatica di Santino Oliverio.
Salvatore Reale
(direfarescrivere, anno VIII, n. 74, febbraio 2012)
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