Anno XXI, n. 230
aprile 2025
 
In primo piano
Partito senza se stesso: Centrosinistra,
un suicidio con tanti colpevoli e moventi
Città del sole propone ai lettori un caso emblematico che riflette
in toto la situazione di empasse di una egotica politica nazionale
di Fulvio Mazza
È in distribuzione da pochi giorni il libro di Ubaldo Schifino, dal titolo Un Partito senza se stesso. Una sconfitta ideale all’ombra delle oligarchie. La Questione meridionale e la sua classe dirigente, pubblicato da Città del sole edizioni (pp. 168, € 10,00). Il libro racconta un suicidio politico che il Centrosinistra ha commesso, durante le elezioni amministrative della primavera 2009. Il luogo del misfatto è una città di media grandezza del Meridione. Ma, a fronte della perifericità, la vicenda acquisisce una notevole importanza nazionale poiché si tratta di un caso emblematico di quanto è successo in diverse altre situazioni italiane. Crotone, questa la città in questione, rappresenta dunque un avvenimento paradigmatico che, nelle intenzioni dell’autore (e dell’editore…) vuole essere un monito per evitare situazioni simili.
Si tratta di un resoconto intriso di pathos, articolato tra polemiche e ironie sullo strano modo di fare politica in Italia, che si riflette necessariamente nella quotidianità delle piccole realtà, in questo caso Crotone, da sempre tempio sacro della Sinistra.
Il libro è ricco di apparati di approfondimento quali la Prefazione dello storico Fulvio Mazza, l’Introduzione della giornalista Rossana Caccavo e l’Intervento del Vicepresidente vicario del Parlamento europeo Gianni Pittella.
A pochi giorni dalla prova delle elezioni regionali, i temi qui affrontati riscuotono interesse ma si pongono soprattutto come monito per una rinascita e una rinnovata compattezza del Centrosinistra.
Per entrare subito nel clima del libro – la cui pubblicazione si deve alla sinergia tra l’agenzia letteraria la Bottega editoriale e la casa editrice Città del sole – e delle vicende raccontate, riportiamo di seguito in versione integrale la Prefazione a firma di Fulvio Mazza.

La redazione



PREFAZIONE

1. Fare politica: perché? Genuina politikè o cadute nell’affarismo?

Il panorama editoriale ci offre ogni giorno “libri inchiesta” o “libri testimonianza”; accade spesso che ci siano libri e testimonianze che non apportano nulla di nuovo e libri e testimonianze - come quella che si palesa nel libro che avete in mano - che aprono al lettore una finestra su un particolare universo.
Un ambiente che sembra essere avulso da ogni concreto contatto con il reale. O che per lo meno così è avvertito dalla maggioranza dei cittadini. Un universo che non soltanto dovrebbe essere parte integrante del reale medesimo ma dovrebbe sorreggerlo giustificandone l’essenza: l’universo della politica.
Il termine stesso, derivante dal greco politikè (cioè che attiene alla polis), dovrebbe spiegare la sua funzione a quanti la vivono vantando una dedizione che spesso e volentieri è solo di facciata.
Ma così non è. Politica e politici sembrano troppo spesso interessati ad altro o, quantomeno, distratti.
Ma, fortunatamente, ci sono anche eccezioni. Ubaldo Schifino, storico militante dell’ormai (purtroppo troppo precocemente) dimenticato Partito comunista italiano, è uno di quei politici che ha un concetto alto di politica, che ha compreso che fare politica significa interessarsi del bene comune dando la priorità alle esigenze della collettività. E che, magari, i compromessi in politica tal volta si devono purtroppo fare e, talvolta, anche subire.
Ma fino ad un certo punto. E che quando quel punto - che deve comunque essere alto e mai basso - viene oltrepassato, conviene denunciare l’accaduto e ritirarsi, e non invece cercare ad ogni costo di entrare nella partita a rischio di snaturarne il contenuto.
La sua testimonianza ci offre la possibilità di entrare in quel “dietro le quinte” nebuloso e a volte oscuro della politica. Un “dietro le quinte” che da locale diventa meridionale e nazionale. E lo fa da una posizione privilegiata, da uno che ci sta dentro e che conosce perfettamente i meccanismi di coesione/scissione che rappresentano il substrato naturale dell’azione politica di oggi.
E a proposito di scissioni e divisioni, quale tra i partiti italiani rappresenta il migliore esempio se non il Partito democratico?


2. La Sinistra, i rischi del berlusconismo e la “Banda Bb”

Schifino ci racconta anche e soprattutto questo: l’harakiri di quel partito che dovrebbe essere l’ancora di salvezza di quei milioni di italiani che non sono, direttamente o indirettamente, complici dell’involuzione etica, prima ancora che politica, del berlusconismo.
Certo, si potrà obiettare, egli ci descrive una situazione politica strettamente territoriale, circoscritta nella “Provincia” di Crotone, un tempo territorio conosciuto come patria di Pitagora; ora territorio avvelenato e dimenticato; si potrebbe pensare che, invece, la situazione della Sinistra nazionale sia del tutto diversa. E invece no, è sempre uguale a se stessa: rissosa, personalista, quando - come emerge dall’impietosa analisi di Schifino - non anche tendente al declino etico.
Quand’anche il significato della parola “Sinistra” fosse venuto a decadere, in questa trasversalità di interessi che non distingue più Destra o Centro, cosa resta se non cercare di raccogliere i cocci, di tentare di comprendere dove e come abbia perduto la sua veste di “Sinistra” rimanendo “nuda” di quei valori che le erano propri, la tutela del più debole e dell’indifeso?
Ciò che ha destabilizzato e fuorviato la nostra Sinistra, è legato all’idea secondo la quale - per avere consensi popolari (ed elettorali) - bisogna arrendersi, nella sostanza, al berlusconismo e al suo modo di fare (mala) politica; ed ecco che ne è divenuta l’immagine speculare, copiandone e mutuandone gli atteggiamenti. Con una differenza sostanziale però: senza la compattezza, dovuta agli interessi (spesso), di casta economica e/o xenofoba e di civiltà retriva che invece rappresenta l’amalgama della Destra.
Ecco cosa emerge dalla lettura di questo libro: l’assenza, nel campo del Centrosinistra (senza trattino…) di interlocutori altrettanto forti che possano frenare la folle corsa verso il baratro etico e civile in cui la “Banda Bb” (Berlusconi-Bossi) sta portando l’Italia.
Schifino ci racconta di quanto in quel baratro stia però precipitando la nostra sinistra e lo fa dati alla mano, con nomi e cognomi.
Scrive, tra l’altro: «Oggi devo, per amore e rispetto della tradizione politica che mi ha nutrito, dire quanto c’è stato finora di precario nell’idea stessa del Pd. Che se a livello nazionale mostra zoppicamenti preoccupanti, nei suoi localismi risulta quale sistema impazzito». E ancora: «Quanto si è mostrato nella sinistra italiana dispersa in rivoli parla di lacerazioni personalistiche dei gruppi dirigenti, immobilismo politico, appiattimento istituzionale, scarso insediamento organizzativo sul territorio, assenza nel dibattito politico e mancanza di concretezza sui problemi reali delle comunità».
Purtroppo, però, è proprio così. E, fuor di metafora, va evidenziato come Schifino faccia di questa vicenda non un episodio di piccolo cabotaggio locale ma un caso emblematico di riflessione meridionale e nazionale.
Ecco perché Schifino parla di «una sconfitta ideale all’ombra delle oligarchie del potere». La storia elettorale, unica in Italia, per come emerge dalla campagna elettorale, è un grido di allarme democratico, economico- sociale, civile e ambientale delle condizioni di abbandono della nostra Provincia e del Sud del paese. Il racconto della sua candidatura a presidente della Provincia, lascia basiti non solo per le evoluzioni da esperti circensi di molti dei suoi “protagonisti”, ma anche perché evidenzia quanto spaccato e parcellizzato sia il Pd crotonese e calabrese e quanto debole si sia dimostrato lo stesso partito nazionale.
La lotta interna al Pd crotonese si è evidenziata anche agli occhi esterni nel momento in cui, alle elezioni, il partito si presenta con ben cinque liste e relativi schieramenti.


3. La Provincia: ente contestato in Italia; agognato a Crotone

Pur nell’economia dello spazio necessita effettuare un sebbene breve “riepilogo” della situazione che si prospettava alla vigilia della consultazione elettorale provinciale. Una consultazione - va evidenziato a beneficio dei lettori “foresti” che considerano le Province come enti inutili o quasi - che nel Crotonese presenta invece una valenza ben maggiore che altrove. Non va dimenticato, difatti, che la “Provincia” ha rappresentato un grande traguardo recentemente conquistato dalla popolazione crotonese, dopo anni di “emarginazione” subiti in virtù della “mamma” Catanzaro.
Per comprendere meglio la problematica facciamo adesso un piccolo passo indietro e vediamo come giunge l’agognata Provincia crotonese.
Nel 1991, l’allora sindaco del Pds Giancarlo Sitra poté fregiarsi di essere l’amministratore che ricevette il provvedimento legislativo che elevava il territorio del “Crotonese” a “Provincia di Crotone”.
Ripercorrendone velocemente le tappe fondamentali, ricordiamo che si trattò di una battaglia iniziata negli anni Trenta con il podestà fascista Giuseppe Cosentino; proseguita, negli anni Cinquanta, con il sindaco comunista Silvio Messinetti; ripresa con forza, negli anni Ottanta, dal leader missino Pasquale Senatore. Ciò avvenne anche e soprattutto grazie all’alleanza sinergica con diversi “nemici politici” (fra cui i socialisti Visconte Frontera, Pino Napoli e Pino Vrenna e i comunisti Maurizio Mesoraca e - appunto - lo stesso Ubaldo Schifino che, assessore della giunta regionale di allora, fu decisivo per l’ottenimento del necessario parere regionale), fra la fine del decennio stesso e l’inizio di quello successivo.
Poggiato lo spumante del trionfo istituzionale, si passò subito, nel 1995 e nel 1999, a due entusiasmanti vittorie politiche. Si trattò dell’elezione prima, e della conferma poi, del pidiessino Carmine Talarico come presidente della neonata Provincia.
Il bel sogno durò però poco perché Talarico, presto affiancato, anche nelle vicende giudiziarie, dal leader del Ppi Enzo Sculco (un potente Ras democristiano con alle spalle una lunga esperienza sindacale al vertice della Cisl calabrese) ebbe modo di farci amaramente pentire di averlo eletto e poi rieletto a furor di popolo! Vanno difatti considerate le successive vicende che li videro coinvolti entrambi, pur se per motivi diversi, in condanne giudiziarie (anche se con sentenze non ancora a carattere definitivo).
Da qui, nel 2004, la volontà di cambiamento che si tradusse nella scelta di Sergio Iritale, un professionista riconosciuto e stimato che aveva alle spalle un passato tanto di amministratore pubblico (nel Pci) quanto di imprenditore (di diversi settori). Ma anche (Veltroni mi perdoni per il furto di copyright) caratteristiche brezneviane sommerse che sono subito emerse all’indomani della sua elezione. Caratteristiche che hanno portato il Conducator crotonese a privilegiare atteggiamenti autoritari tanto da creare, nel partito e nell’opinione pubblica, un crescente vuoto attorno a sé.
Ma non si trattava solo di un giudizio critico generale verso l’“Iritale-persona” ma anche verso l’“Iritale-gestione”. Una direzione contraddistinta, nel migliore dei casi, da un’esasperata gestione personalistica del potere amministrativo.


4. La denuncia sul contesto generale del malaffare crotonese

Volendo e dovendo dare un po’ di contenuto a tali affermazioni generali sulla profonda crisi della politica crotonese (che ha sempre storicamente coinciso con la politica in generale visto che il Centro e la Destra - con la sola sostanziale eccezione di Pasquale Senatore - hanno quasi sempre solo effettuato gestione e indigestione del “potere”) ci addentreremo su un paio di considerazioni più particolari.
Il Centrosinistra, e le amare pagine scritte da Schifino lo denunciano a chiari lettere, scontava responsabilità pesanti.
Innanzitutto quelle di aver ridotto la Provincia, in un centro di potere fine a se stesso, e talvolta anche di malaffare; di non aver contrastato quell’altro analogo malaffare che aveva contraddistinto diversi amministratori comunali e dirigenti amministrativi della giunta di Centrodestra di Pasquale Senatore (che comunque - va sottolineato - dal punto di vista personale e diretto non era rimasto affatto coinvolto in tali vicende delinquenziali).
Ma pure di aver avallato, anche e soprattutto a causa della crisi conseguente ai fallimenti relativi alla Provincia, il vuoto dei e nei partiti e, di conseguenza, il vuoto nella e della politica. E - ma qui purtroppo il ragionamento va al di là dei confini crotonesi per coinvolgere l’intero ambito nazionale - di aver nefandamente contribuito a non far nascere un partito “vero”.
In troppi e disparati casi, difatti, il Pd è apparso e appare tuttora come un contenitore di partiti diversi e centri di direzione politica contrastanti tra di loro. In tal senso va notato come, nel nostro specifico, Schifino, in riferimento alla realtà crotonese, scriva di quattro componenti interne mai amalgamatesi e - addirittura - di tre sedi per così dire “ufficiali”.
Oltre a quella formale - e ufficiale senza virgolette - di “Via Panella” (si tratta della storica sede dell’ex Pci-Pds-Ds), operavano difatti le “sedi” di “Via Roma” (ove a molti ex Dc-Ppi-Margherita non faceva evidentemente specie farsi dirigere, nonostante le condanne, da Sculco) e di “Via Nicoletta” (ove, nella sede della Provincia, spadroneggiava il Conducator Sergio Iritale). Va notato come, invece, Talarico ebbe la decenza politica di mettersi da parte e, soprattutto, come la sua area politica d’appartenenza (il Pci-Pds-Ds) non si sognò mai di rimetterlo in pista né ufficialmente né ufficiosamente.
La situazione politica generale, peraltro, affondava le proprie radici in un’altrettanto grave crisi economica, sociale e ambientale.
Va difatti ricordato che, dopo la fine della fase industriale, l’economia provinciale era (ed è) veramente malmessa.
In crisi, quasi strutturale, appare l’intero settore economico. Lo si nota anche dall’abbandono e dall’isolamento del territorio. Alcuni esempi emblematici: il Porto in continua decrescita, l’Aeroporto sempre sull’orlo del baratro, le Ferrovie dello stato sempre più periferizzate, la Strada statale 106 mai avviata. Per non parlare dell’avvelenamento del territorio, perfino di alcune scuole, con rifiuti tossici industriali con timori (purtroppo fondati) di radioattività. Il libro di Schifino denuncia le oligarchie, parla di poteri occulti messi in evidenza dalle numerose indagini giudiziarie della magistratura crotonese (che i lettori potranno verificare anche grazie alla documentazione dei diversi articoli di giornali che vengono pubblicati in Appendice).
Si parla di imprenditori del Nord che hanno ripulito i fondi per la reindustrializzazione del Crotonese con la complicità di faccendieri locali (imprenditori, politici e amministratori pubblici infedeli), di organizzazioni criminali e, perfino, di settori deviati dei servizi segreti, come sembra emergere dall’indagine della Procura di Crotone denominata “Energiopoli”. Con la massoneria che, dimentica del suo passato di promotrice del progresso culturale, si dedica in larga parte all’affarismo più ambiguo.
Il libro denuncia anche il tentativo delle lobbies affaristiche di fare dell’area di Giammiglione una discarica nazionale di rifiuti, compresi quelli tossici e pericolosi, compromettendo ulteriormente ogni possibilità di sviluppo produttivo compatibile con l’ambiente e con la tutela della salute dei cittadini.
E, su tutto, la prepotenza pervasiva della mafia che imperversa da Isola Capo Rizzuto a Cutro, da Strongoli a Belvedere Spinello, da Papanice al pieno centro cittadino di Crotone. Una criminalità organizzata, accettata quasi come “norma quotidiana”. Ormai gli attentati e le deflagrazioni a carico di chi si oppone ai racket rientrano quasi nella normalità psicologica della cittadinanza!
Crotone e il Crotonese sono diventati simboli di negatività generale e le poche eccellenze (l’arte imprenditoriale di Gerardo Sacco, la Banca Popolare del Mezzogiorno, il giornale il Crotonese, l’Istituto di riabilitazione Sant’Anna, l’azienda medicale Dentalia e un paio di cantine vinicole cirotane, quale l’ormai “storica” Librandi o l’emergente Senatore vini e poco - veramente poco - altro) difficilmente riescono a contrastare il degrado.
Un baratro che si nota anche e soprattutto in un ambito, quello culturale, che, come è noto, relega la città di Crotone e l’intera Provincia in fondo a tutte le classifiche tanto qualitative quanto quantitative.
Male per le biblioteche: poche, carenti nell’organizzazione e dall’attività propositiva e divulgativa inesistente. Male per i cinema: pochi e con scarsa programmazione di qualità. Male per i teatri: per carità di patria è meglio cambiare argomento… Male per le case editrici: ce n’era una accettabile, la Csa, ma qualche mese fa ha traslocato in Puglia. Male per l’associazionismo culturale: esistente solo a rari sprazzi. Male persino - e in una città e in un territorio così mal messo dal punto di vista degli inquinamenti è tutto dire! - per l’associazionismo ambientale: solo Legambiente mostra una certa vitalità. Male per le librerie: presenti in modo organizzato quasi solo nel Capoluogo. Male per le scuole superiori: la cui attività di coinvolgimento del territorio è scarsissima. Male per i premi culturali: che oscillano tra il promuovere improbabili libercoli di autori sconosciuti e sconoscibili (vedi premi “Kroton” dello scorso decennio) e il proporre passerelle di super star nazionali (vedi premi “Crotone” degli scorsi anni). Quello che è sempre mancato, insomma, è stata la promozione dei giovani autori validi, delle giovani valide idee, delle giovani valide iniziative.
Male - malissimo - addirittura anche per le strutture museali: non perché siano assenti, ma perché non pubblicizzate e mal organizzate. Malissimo perché questa miniera storico-culturale che la Magna Grecia, i Romani, Carlo V e tanti altri ci hanno lasciato in eredità non è affatto valorizzata visto che, a causa dell’inesistente propaganda, praticamente nessuno sa dove siano e cosa contengano: una prova? L’inesistenza di depliant, mappe, cartelloni e siti internet.
Il motivo di tale scarso humus culturale è da addebitarsi, ovviamene, a tutto l’arco politico e non solo a quello di Sinistra. Ma, se non fa eccessiva meraviglia la scarsa propensione del Centro e della Destra verso la Cultura, un po’ più meraviglia sovviene quando si pensa che tale scarsa attenzione sia stata messa in atto dalla Sinistra stessa. L’interpretazione che va data è che, generalmente all’opposizione, il Pci-Pds-Ds ha coltivato l’alleanza con la borghesia intellettuale e che qui invece, stando al governo amministrativo, ha spesso nutrito la cultura del clientelismo.
Pur con eccezioni da non sottovalutare - quella dello stesso Schifino, di Antonio Nicoletta e di (pochi) altri - la Sinistra crotonese è stata costituita in larga parte da leadership contadine e operaie. Pienamente rispettabili, perbacco. Ma certamente poco avvezze a interessi e a investimenti culturali, anche quando potevano disporre di intellettuali, quali Claudio Scibilia, che, appunto, mai furono impegnati a livello amministrativo.
Questo doppio handicap storico (humus di costante governo amministrativo ed humus operaio-contadino), come si sarà notato, non ha coinvolto solo la Sinistra in quanto “governo” locale ma anche la Sinistra in quanto Società civile: se la carenza estrema di strutture pubbliche (librerie, musei, etc.) scontano la responsabilità istituzionali, quelle dell’associazionismo debole e flebile non possono di certo essere a questi imputate!


5. La “scelta” del candidato del Centrosinistra e le “Primarie”

Questo il contesto generale. E il Pd, volendo evitare una sconfitta pressoché certa, prende una decisione coraggiosa: quella di non dare per “automatica” la ricandidatura del presidente uscente e di ragionare un po’ su quale possa essere il candidato migliore da proporre agli elettori. Scelta, ripeto, coraggiosa anche e soprattutto perché, come è noto, è ben difficile che un presidente uscente non venga ricandidato. Ma, per l’appunto, risulta ben difficile ripresentare un candidato così screditato come Iritale.
Ed eccoci dunque, alle “Primarie”. Ma chi, si venivano a domandare Francesco Sulla e gli altri leader del Pd calabrese, potremmo andare a “sollecitare” per proporsi alle elezioni stesse? È chiaro che qualsiasi militante del Pd medesimo aveva la legittimità all’elettorato passivo nelle “Primarie” in questione. Ma è anche vero che, nella pratica delle azioni “positive” della politica “materiale” qualsiasi dirigenza politica che si rispetti cerca di far presentare alle elezioni “Primarie” persone che possano adeguatamente competere.
Ed ecco diversi leader locali, regionali e nazionali - Marco Minniti e Franco Laratta, soprattutto - rivolgersi ad Ubaldo Schifino.
Un dirigente politico che, non ritrovandosi granché nel “nuovo” (chiamiamolo così) ambiente politico che si era costituto a Crotone e in Calabria, si era “ritirato” dalla politica attiva per dedicarsi alla riflessione culturale anche (ma non solo) attraverso l’associazione “Il Cittadino”.
Quando il Segretario nazionale Franceschini, su indicazione dei citati Laratta e Minniti, lo contatta (tramite il portavoce di Minniti, Pino Caminiti), Schifino dapprima temporeggia un po’, ma poi accetta. E lo fa con la serietà che è nota.
Ma ecco scatenarsi subito un polverone sul fatto se, dietro alla candidatura di Schifino, ci sia, in effetti, Enzo Sculco. E qui va aperta una sorta di sub parentesi. Il Ras, sodale di Iritale per diversi anni, era poi entrato in rotta di collisione con lo stesso Conducator. Le cause di tale rottura entrambi dicono siano eminentemente politiche ma, ai commentatori, è sembrata essenzialmente una questione di mancati accordi sulla divisione del potere.
Dunque: Sculco, in qualità di “eminenza grigia” sarebbe stato il supervisore di Schifino in funzione anti Iritale.
Un’alleanza, quella “Schifino-Sculco” che il primo dei due ha sempre negato ma su cui molti (anche io stesso) hanno, in tutto o in parte, per un po’ di tempo dubitato.
In quelle settimane passava difatti una “vulgata” secondo la quale Sculco - un po’ per vendicarsi di Iritale un po’ per cercare di riprendersi quel ruolo politico che il Pd, a causa delle citate vicende giudiziarie, gli aveva tolto - aveva avallato la candidatura di Schifino.
Un tentativo, quello di Sculco, legittimo dal suo punto di vista, ma certamente assurdo da quello pubblico. Viene difatti assai difficile pensare a come esponenti - tanti, troppi! - del Pd crotonese e calabrese (con il consenso di leader nazionali del calibro, per esempio, di Franceschini) si augurino di poter rimettere in campo personaggi così discussi.
In ogni caso, tornando ai fatti reali e tangibili, notiamo che la risposta pratica e incontrovertibile è giunta assai presto.
Ci riferiamo al momento del ballottaggio, e qui anticipiamo per un attimo un punto sul quale ritorneremo fra poco. In quella fase tale ipotetico connubio si configurerà come inesistente a causa dell’ambiguo (ma, in fondo, forse nemmeno tanto) atteggiamento che, come vedremo, Sculco assumerà a favore della Destra.
Comunque, Sculco o non Sculco, Schifino si presenta alle elezioni “Primarie”. Iritale, ritenendo (ben legittimamente dal punto di vista formale ma ben peregrinamente da quello sostanziale) di aver ben operato, pone un’analoga candidatura. Lo fa anche e soprattutto in quanto ritiene che il Pd non avrebbe abbandonato, come - in effetti - non fa quasi mai alcun partito, un candidato uscente.
Ma Iritale è ormai politicamente delegittimato e, in tal senso, avvertendo il fondato rischio di perdere le “Primarie” stesse, il (quasi) ex presidente della Provincia tenta di buttare le carte all’aria e di far fallire la consultazione preliminare. La cosa, come noto, non gli riesce e Schifino - ormai senza competitori - vince.
Ma - come diceva Andreotti - il potere logora chi non ce l’ha e Iritale non intende per nulla logorarsi. Ed ecco presentarsi, in diretta, plateale e chiara contrapposizione con Schifino, ormai conclamato candidato ufficiale del Pd.


6. L’egoismo del Conducator disintegra il Centrosinistra

La sortita di Iritale, in verità, riesce a conquistare una non irrisoria parte dell’establishment del Centrosinistra, testimoniato anche dallo spuntare di una serie di liste di Centro e, soprattutto, di Sinistra d’appoggio alla candidatura del presidente uscente. Ma che determina anche e soprattutto il frantumarsi del Centrosinistra in ulteriori liste e listarelle.
Andiamo ad esaminarlo: Italia dei valori, partito che, grazie ad Antonio Di Pietro prima, e a Luigi De Magistris dopo, porta avanti una politica di rigore e di coerenza, avallando, in questa nostra preziosa ma, al contempo, disgraziata regione, ogni trasformismo possibile.
E, se la città di Crotone riesce ad esprimere una personalità di rilievo etico, professionale e politico, qual è Luigi Li Gotti, riesce anche a consentire a Emilio De Masi, sino al giorno prima esponente di rilievo del Pd locale, di trasferirsi armi e bagagli nell’Idv.
Ottiene, con ciò, due ben opinabili risultati: distruggere quella base di giovani militanti che avevano lavorato, con abbondanza di “olio di gomito”, per la nascita e lo svilupparsi del partito crotonese (Giuseppe Trocino e tanti altri) e - per rimanere nell’alveo della nostra trattazione - a creare una forte spaccatura nell’ambito del Centrosinistra. Di Pietro, in verità, si è spesso distinto, su scala tanto regionale quanto nazionale, per essere un pessimo talent scout e un ottimo involontario riciclatore di politici da rottamare. Non è pienamente il caso di De Masi (che ha struttura culturale e politica da non disdegnare); ma certamente è all’accoppiata Di Pietro-De Masi che il Pdl deve il primo ringraziamento per l’inaspettata vittoria poi ottenuta dal Centrodestra.
Sempre dal Pd proviene anche Salvatore Lucà che si presenta con una non meglio definita Compagnia dei democratici.
I comunisti, quelli veri, in Italia si sono sempre distinti per una politica lungimirante e unitaria. L’isolazionismo fine a se stesso - e men che meno quello a fini di frattura - non ha mai caratterizzato né il Pci né i suoi epiloghi. Ma, incuranti di ciò, Ottavia Oliverio, certamente ottima persona, ma - nella politica – sconosciuta ai più (e anche ai meno…) ha coraggiosamente deciso di porre anche lei una nuova candidatura nelle file di Rifondazione comunista.
E già ne potrebbe bastare. Ma no. Manca il principale oppositore del candidato del Centrosinistra: il presidente uscente Sergio Iritale. Già: come se il raggruppamento progressista non fosse già abbastanza dilaniato, Iritale si pone come principale antagonista del candidato ufficiale del Pd: Schifino, appunto.


7. Fra Conducator e Ras, le elezioni vanno nel peggior modo possibile

Il momento dell’analisi del dato finale e, ancor di più, di come è stata svolta la campagna elettorale vedeva altre anomalie diverse fra loro ma analogamente gravi: quelle del trasformismo e quelle della delinquenza politica.
Nel primo ambito Schifino ricorda il caso di Dorina Bianchi (ma, non fosse altro che per par condicio, ricordo l’analogo esempio di deteriore “pendolarismo politico” rappresentato da Marilina Intrieri) che, pur ancora nel Pd, decide di precostituirsi al meglio il suo futuro politico. Mi riferisco a quel passaggio all’Udc che andrà a compiere da lì a pochi mesi. In tal senso evita di impegnarsi nella campagna elettorale in favore del candidato del Pd (e, sembra, appoggiando sotto sotto il candidato Proto). Riguardo al Ras l’autore ben evidenzia i segni premonitori di quell’analogo voltafaccia che poi si concretizzerà all’inizio del 2010.
Nel secondo ambito i lettori noteranno come l’autore denunci a voce chiara quel clima elettorale turbato da sospetti di voti di scambio, segnalato pubblicamente dalla stampa e dal vescovo Domenico Graziani. È in tal senso doloroso constatare come la politica crotonese abbia assai poco fatto tesoro degli esiti delle coraggiose inchieste portate avanti dal sostituto procuratore Pierpaolo Bruni che - confermate poi da diverse sentenze giudiziarie - hanno dimostrato come la delinquenza (organizzata o meno, dalle mani callose o dai colletti bianchi) abbia condizionato la vita pubblica e, cosa ancor peggiore, di come molta politica (anche, talvolta, quella della Sinistra) sembrava quasi non attendere altro che scendere a patti con il malaffare.
Ma gli elementi cardine della sconfitta del Centrosinistra sono certamente il Conducator e il Ras. L’operazione di Iritale non risulta vincente in quanto questi giunge solo terzo (con il 20,52% dei voti); ma riesce nell’intento di togliere a Schifino quella parte di suffragi necessari a farlo vincere al primo turno. Il risultato del candidato ufficiale del Pd si attesta, difatti, al 33,16% dei voti. Al ballottaggio vanno dunque Schifino e il candidato di Centrodestra, Zurlo, che consegue il 29,65% dei consensi.
Ecco concretizzarsi, grazie soprattutto ad Iritale, un miracolo: quello di portare al ballottaggio, e in una posizione di rilievo, Stanislao Zurlo, candidato di Centrodestra. Non che questi fosse un personaggio disdicevole, anzi, aveva una piena dignità personale e politica fuori discussione. Ed anche una storia familiare non da poco (proviene da un casato baronale che, nel bene e nel male, ha segnato - da diversi secoli - vasta parte della storia del Crotonese). Il punto è che la Provincia di Crotone è stata sempre tradizionalmente orientata a Sinistra e che ora - con l’aggiunta del Centro dell’ex Margherita e affini - avrebbe potuto e dovuto solo “spopolare”. Va in tal senso notato che anche durante l’epoca di Pasquale Senatore il suo “podestariato” abbia poco e nulla oltrepassato i confini della città capoluogo.
Comunque, ballottaggio o meno, appariva a tutti evidente che il Centrosinistra avrebbe vinto con estrema tranquillità in quanto non si poteva certo immaginare che Iritale non avrebbe fatto mancare il proprio appoggio al candidato del Pd. Sembrava pacifico che si trattasse solo di festeggiare con 15 giorni di ritardo.
E invece no. Qui, oltre che ad Iritale, emerge con forza determinante anche lo zampino di Sculco.
Dopo una serie di ambiguità, Iritale non fornisce, nelle sedi pubbliche, indicazioni chiare. Cosa dica e quali indicazioni politiche fornisca in privato nessuno può ovviamente saperlo, ma i dati oggettivi della successiva analisi del voto diranno che i suoi adepti hanno disertato le urne o, addirittura, hanno votato il candidato ex missino Zurlo.
Il Ras Sculco, che, evidentemente, non riesce a farsi promettere da Schifino quel che avrebbe voluto, ha un comportamento altrettanto, anche se differentemente, ambiguo.
Sculco lavora nell’ombra, si mette di traverso nelle trattative con i candidati esclusi al primo turno e, in particolare, riesce a bloccare l’apparentamento (in contrasto con le indicazioni nazionali e regionali del partito e con il silenzio della “dirigenza” di “Via Panella”) con l’Udc di Proto.
Di converso Schifino annota, e io con lui, la scelta ibrida e innaturale effettuata dal Centrodestra, che si allea con Iritale - considerato da Zurlo, per tutta la campagna elettorale, un presidente della Provincia fallimentare - e altri pezzi della Sinistra, senza idee e programmi, senza una classe dirigente competente e soprattutto senza radicamento sul territorio, facendo patti palesi e occulti con tutti, senza badare al colore politico, pur di vincere.
Quella di Zurlo si mostrerà una scelta vincente perché le urne gli daranno ragione. Ma certamente dal carattere politicamente disdicevole. Che dobbiamo dire: una volta i fascisti erano - almeno - persone serie!
Il disimpegno di Sculco (che, piaccia o meno, dimostra di essere un - o forse addirittura “il” - “padrone” di vasta parte del Pd crotonese) lo si evince dall’amara vicenda relativa ai rappresentanti di lista del Centrosinistra.
Come Schifino nota con concretezza, che il suo non voler soggiacere ai diktat del Ras gli sarebbe costata l’elezione, lo comprende quando, la mattina del ballottaggio, si reca in varie sezioni e rileva una sorta di “epidemia” tra i rappresentanti di lista stessi. Insomma, fuor di metafora: il Ras aveva dato indicazione ai “suoi” rappresentanti di lista e questi, da bravi esecutori, avevano obbedito disertando l’impegno assunto.
Ed ecco, fra lo stupore generale, bell’e confezionata la vittoria del Centrodestra (seppur di misura: il 51,81%, pari a 32.351 voti per Zurlo contro il 48,19%, pari a 30.094 per Schifino) in una Provincia che, da cent’anni a questa parte, quando ha potuto votare liberamente, lo ha sempre e costantemente fatto a Sinistra. Chi non si è meravigliato di ciò, bisogna riconoscerlo, è stato il direttore de il Crotonese, Domenico Napolitano, che questi giochetti di Iritale (ma anche di Sculco) li aveva già denunciati ripetutamente.
Tutto qui, se vi par poco. E, se ora avete la voglia di prendervi un po’ di mal di stomaco (mi riferisco al popolo del Centrosinistra) o se avete voglia di gioire delle disgrazie altrui (mi riferisco al popolo di Centrodestra) leggete pure il libro con tranquillità.


8. Pillole d’ottimismo: Schifino, Pittella e Bersani ci danno speranze

Ma non voglio chiudere con questa frase di disperazione sia perché non intendo fornire alibi a chi vuole “riflussarsi”, a chi vuole dire che in politica fanno tutti pena, a chi vuole lasciare la Res publica agli affaristi, a chi, nato incendiario è divenuto poi pompiere. Quanti amici e compagni vedo “riflussati” nell’apatia o, peggio, infilati nell’affarismo politico (e non)? Quanti compagni degli anni Settanta e Ottanta – rivoluzionari intransigenti che ci tacciavano di riformismo infamante - sono ora diventati burocrati dal lauto stipendio (possibilmente) pubblico? Quanti di questi sono diventati emuli incoscienti (o coscienti?) di Sergio Cusani & Company? Tanti! E, per di più, con la differenza che Cusani si è reso conto della propria delinquentosità etica e politica mentre i nostri ex rivoluzionari casarecci no!
Ebbene, seguiamo il ragionamento di Schifino. Nel suo testo l’autore non si limita alla denuncia ma la considera solo come punto di partenza per la proposta.
Gli elementi politici fondamentali di questa impostazione sono stati anche colti e sottolineati da Gianni Pittella nel suo prezioso Intervento a conclusione del libro, quando afferma: «Sono convinto peraltro che la preoccupazione che ha animato la scelta di Ubaldo di dare alla luce questo libro, non sia quello di fare processi a singoli personaggi, ma quello di denudare uno stato di precarietà grave in cui versa il sistema politico del Sud. Senza un grande rinnovamento morale e civile, che coinvolga partiti e società, il Mezzogiorno non si libererà dell’acqua melmosa in cui navigano trasformismo e qualunquismo, pressapochismo e affarismo, malavita e bande di ogni tipo».
In questo senso il leader democratico si riallaccia, come Schifino stesso, d’altronde, alle speranze e alle nuove prospettive politiche che in campo nazionale, e non solo, sono rappresentate dalla nuova segreteria politica di Pier Luigi Bersani.
Il testo di Schifino rappresenta la speranza e l’auspicio che la politica, a Crotone, in Calabria, in Italia, possa rinnovarsi, nutrirsi di principi etici e valoriali, porsi al servizio del bene comune. Questo è il messaggio finale del libro, di chi crede ancora nella politica, nell’impegno civile verso la Res Publica.

Fulvio Mazza

(direfarescrivere, anno VI, n. 51, marzo 2010)
 
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