Scrivere racconti è già di per sé un punto a favore in un mercato editoriale sempre più saturo di romanzi, che spesso, poi, non sono altro che racconti arricchiti e infarciti più del necessario per raggiungere la più commerciale forma di un volumetto di almeno 200 pagine.
E forse scrivere un buon racconto è ancora più difficile che scrivere un buon romanzo. In una manciata di pagine non si possono nascondere i punti deboli come dietro sostanziose descrizioni e articolate trame. Il racconto è essenzialità, di intreccio innanzitutto, e di scrittura. Come scrittori se ne esce veramente a nudo. Possiamo affidarci alle parole di Julio Cortazar, che ci ricorda che «il romanzo vince ai punti, il racconto per k.o.».
Amori clandestini (Sovera edizioni, pp. 144, € 12,00) è una raccolta di racconti, la prima di Italo Ghirigato, che pure non è nuovo nella narrativa.
L’amore è un terreno minato, nella misura in cui è stato descritto in ogni modo e in ogni tempo, scandagliandolo e declinandolo in maniere tanto varie che, di fronte all’ennesimo libro su questo argomento, ci si chiede legittimamente se ce ne fosse bisogno o meno. Non che l’amore possa scadere come tema narrativo, ma bisogna aver ben presente che ci si confronta con un gran numero di modelli e suggestioni letterarie.
Si deve dire che Ghirigato ha un bel guizzo d’inventiva nel tracciare sei storie, sei momenti, che hanno un seme di originalità nel declinare la clandestinità in modi sottili e delicati. È buona l’idea di scavare nei sensi di colpa. Non in quelli che tutti si aspetterebbero, tipici del tradimento e in certo senso giustificati e legittimi, ma in quei sensi di colpa che vivono a lato della relazione amorosa vera e propria. Le occhiate dei paesani, gli sguardi fugaci scambiati in treno o un incidente innescato senza volerlo.
Sei declinazioni della clandestinità
Questi sono racconti che parlano della clandestinità vissuta come impossibilità, o incapacità, o “incompetenza” ad esprimere e rivelare i propri sentimenti e ad accogliere quelli degli altri. Sono storie d’amore sospese nel disincanto e nelle illusioni.
Amori clandestini è il primo racconto, che dà il titolo anche al libro. Due ragazzi, Elisa ed Alex, già sentimentalmente legati ad altri, leggono i loro nomi in una lista affissa sulla bacheca del sagrato della chiesa: un elenco di fedifraghi impegnati in presunti rapporti di coppia segreti. L’accusa di infedeltà sembra essere ingiustificata ma…
In Un amore finito sulle strisce a zebre, Maria e Saverio sono già anziani ma felicemente innamorati. Un giornalista indaga sulla morte di un uomo che lascia sull'asfalto un mazzo di fiori che un bigliettino rivelerà non diretto alla moglie...
Il mistero della foto narra la storia di un uomo che prova attrazione e curiosità per una donna incontrata al cimitero, la quale ha un loculo con la propria foto. Convinto di non amare un fantasma, indaga sulla vita di questa donna, Ivonne, scoprendo che dalla morte del marito e del figlio il suo unico desiderio è passare a miglior vita. Amore e morte, un’eterna contrapposizione, si trasforma, con Ghirigato, in un riuscito connubio.
Adulterio sul treno è una storia del non detto, dove tutto è narrato attraverso i pensieri, gli sguardi che si scambiano un uomo e una donna, accidentali compagni di viaggio nello stesso scompartimento. Una relazione breve, che vive solo per il tempo di un percorso in treno.
E poi, ancora, Un’anima e un corpo e Amore di madre.
Sul bordo del canestro
Bisogna innanzitutto dare allo scrittore il merito di essersi messo in gioco su un campo, quello del racconto per l’appunto, per niente facile. La scrittura si distingue per un certo, piacevole, sperimentalismo letterario, per un cambio di tono da un racconto a un altro che non guasta. «Se siamo fortunati, non importa se scrittori o lettori, finiremo l'ultimo paio di righe di un racconto e ce ne resteremo seduti un momento o due in silenzio. Idealmente, ci metteremo a riflettere su quello che abbiamo appena scritto o letto; magari il nostro cuore e la nostra mente avranno fatto un piccolo passo in avanti rispetto a dove erano prima», così scriveva Carver. E questo tempo di sospensione e incanto, di riflessione e degustazione, che segue la chiusura di un racconto vincente, non sempre è facile da far arrivare, nemmeno per un autore esperto come Ghirigato. Certo è che, messi a confronto con un “mostro sacro” della letteratura mondiale del calibro di Carver, ben pochi scrittori, pur estremamente talentuosi, rivaleggerebbero ad armi pari. C’è anche da dire poi che, a differenza del mondo-Carver, tutto volto a sviscerare le miserie e le incertezze della classa media, tema che ha caratterizzato buona parte della narrativa americana, Ghirigato si immerge in personaggi senza problemi sociali o economici, e che, anzi, sono spesso emblemi dei valori della piccola borghesia. Ci si muove così attraverso una scrittura che richiama facilmente quella dei grandi scrittori italiani degli anni tra i Cinquanta e i Settanta. E, come dice Margherita Ganeri, docente di Letteratura italiana contemporanea, nella Prefazione al libro, lo stile dell’autore è «nitido, riflessivo, senza punte drammatiche, improntato a un senso di consapevole leggerezza che fa venire in mente soprattutto Italo Calvino, e in particolare i suoi racconti de Gli amori difficili». Un punto di riferimento complesso, quindi, con il quale è quasi impossibile confrontarsi, seppure qui il tema sia affrontato in una chiave postmoderna volta a mettere in evidenza la fragilità delle persone e delle relazioni. Il risultato è quindi quello di una palla che gira sul bordo del canestro. Si lascia al lettore decidere se può realizzarsi in un punto o meno. È certo che sarebbe una buona cosa leggere un secondo tentativo, più carico di consapevolezza.
Sara Meddi
(direfarescrivere, anno VIII, n. 77, maggio 2012)
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