Nel panorama letterario italiano sta emergendo un nuovo scrittore, Ciro Comini, che, per la verità, di professione fa tutt’altro. Egli infatti, nato a Milano, è un affermato consulente informatico che vede nella scrittura l’espressione della creatività e un momento di emozione intensa soprattutto, come afferma in un’intervista pubblicata nel marzo del 2011, «nel riguardare ciò che si è creato. Quando rileggo più volte, in un discreto arco temporale, qualcosa che ho scritto e ad ogni rilettura provo sempre una forte emozione, allora capisco che ho scritto qualcosa di bello». Questo atteggiamento, emotivamente intenso e coinvolgente, appartiene al quarantacinquenne protagonista del suo libro d’esordio, Il giardino nascosto di Lilith (0111 edizioni, pp. 114, € 13,00). Marco Augusto, infatti, dopo mesi di estenuante lavoro a Milano, città in cui vive, decide di prendersi una vacanza per andare a trovare i genitori che abitano a Posillipo. Sceglie di fare il viaggio in treno, di notte, per schiacciare eventualmente un pisolino e, soprattutto, per riscoprire se stesso e rispondere alle domande che «sempre lo tenevano in sospeso e la cui risposta era sempre rimandata a domani».
È proprio il viaggio da Milano a Napoli il luogo fisico e metaforico che consente al protagonista di riflettere sulla propria parte più istintiva, su quel "giardino nascosto" di cui Lilith tiene le fila. Due ragazze straniere e una grossa agenda trovata per caso nell’imbottitura del sedile dello scompartimento offrono spunti di riflessione sulla realtà, sui sogni e sugli incubi che la vita riserva alle persone.
La liberazione dell’istinto: il sogno
L’autore, Ciro Comini, così come il protagonista Marco Augusto, vivono una realtà concreta, fatta di consulenze informatiche per l’uno, di attività bancarie per l’altro. A Marco Augusto, preso dalla realtà quotidiana, mancano gli spazi per abbandonarsi ai sogni, a comportamenti che talora l’istinto richiede ma che la ragione controlla, inesorabile. È proprio la dimensione onirica che prevale negli otto racconti che, puntualmente, seguono a qualche pagina di diario nella quale, come si suol dire, lavoro ed affetti sembrano sotto controllo.
C’è un sogno, in particolare, in cui sembrano rievocate atmosfere kafkiane, L’annuncio, nel quale il protagonista, un certo signor Giusti, frequenta uffici in cui sembra trovare soluzioni ai problemi che più lo assillano: una vita gratificante e una casa per il padre. Improvvisamente, la realtà si impadronisce dei sogni: uffici, impiegati scompaiono per lasciare spazio ad impietose rovine frequentate da topi che nessuno riesce ad eliminare. Precisa e puntuale arriva la risposta dall’autore: «A volte viviamo d’illusioni, di sogni che ripetiamo sempre uguali nella nostra mente. Forse perché speriamo che prima o poi qualcosa realmente vada come lo abbiamo sognato. […] Il sogno è materializzazione della nostra realtà quotidiana, o la realtà che vorremmo veder realizzata è solo una chimera?». Il manoscritto trovato da Marco Augusto in treno e il cui autore è anonimo ha un titolo, Il giardino di Lilith. In esso vengono riportate date reali e otto racconti di sogni e sensazioni che sembrano ripercorrere la vita del protagonista, fino a quel giardino misterioso in cui Lilith, offrendo se stessa, annienta l’uomo proiettandolo in una dimensione in cui amore e passione, curiosità e conoscenza, vita e morte diventano una sola cosa, «uno, all’infinito, moltiplicato per l’infinito».
La struttura del romanzo
Dopo la lettura delle prime pagine, che sembrano rientrare in un’atmosfera tutto sommato normale e rassicurante, l’autore ci conduce in una dimensione che via via perde i connotati del reale per lasciare spazio all’immaginazione e al nuovo protagonista: l’autore anonimo dell’agenda, nascosta nello schienale del sedile del treno. Ci troviamo di fronte, quindi, ad una cornice reale, il viaggio di Marco Augusto, e ad una sorta di passe-partout, le pagine di diario, sul quale si stemperano, come in un quadro, i sogni, gli incubi che concorrono a creare, immagini e visioni dettate dall’impulso creativo dell’immaginario pittore. Il risultato finale è quello di un’opera che, nonostante l’esiguità del numero di pagine e la non ancora nota esperienza narrativa di Ciro Comini, coinvolge completamente il lettore, il quale può ritrovare, soprattutto nel racconto finale, Il giardino nascosto di Lilith, una parte sconosciuta di sé, l’abbandono ad un impulso che attrae fortemente ma che può anche annientare l’anima.
Chi è Lilith?
Marco Augusto, pur avendo ricevuto un’educazione tipicamente cattolica, aveva scoperto l’esistenza di Lilith in letture «non proprio divine, testi apocrifi, libri esoterici». Di fronte al titolo, i cassettini della memoria si aprono, così che Lilith diventa la donna «creata insieme ad Adamo, dalla stessa terra e, forse, per questo motivo, in competizione con lui».
Secondo la tradizione ebraica, infatti, Lilith, il cui nome significa "essere femminile della notte”, “demone", era la prima moglie di Adamo; poiché ella si rifiutava di ubbidire al marito, questi chiese a Dio di allontanarla da sé. Il Creatore, quindi, creò Eva dalla costola di Adamo. Lilith, però, non scomparve, si rifugiò in un mondo oscuro, simbolo del femminile che non si sottomette al maschile e divenne, così, esperta nello scoprire i segreti della natura umana e nel far emergere la forza degli istinti coi quali poi annienterà l’uomo, che cede alle lusinghe della sua voce e della musica che accompagna la sua presenza. Lilith è sempre presente, dunque: è sogno, è sete di conoscenza, è passione travolgente come l’amore e la curiosità di noi stessi e del mondo.
Verso la realtà
Marco Augusto, da protagonista, diventa il filo conduttore del libro, insieme alle ragazze straniere e al capotreno che, peraltro, appare solo nella parte conclusiva. Il vero interprete è quindi l’anonimo autore dell’agenda e dei racconti che alternano momenti reali, contrassegnati da date precise, a sogni nei quali si proiettano angosce, smarrimenti, condanne a morte, passioni e curiosità. Si tratta di situazioni oniriche che riflettono la parte più istintiva, la parte più sconosciuta e talora negata di ognuno di noi. La sete di conoscenza e la curiosità portano infine l’anonimo autore in un mondo sconosciuto, dapprima nero e tenebroso e apparentemente senza vita, in cui prevale la paura dell’ignoto, poi via via svelato dalla musica e dalla voce della misteriosa creatura, Lilith, che si manifesta e avvolge definitivamente con la sua presenza l’incauto esploratore di mondi sconosciuti.
È sorprendente constatare come la narrazione di Ciro Comini parta da elementi reali per dissolversi in una dimensione onirica che sembra contraddire le più elementari regole della quotidianità. Anche la scrittura riflette questo atteggiamento: a volte è rapida, incisiva fino a perdersi in punti di sospensione che sembrano riflettere quasi lo stupore dell’autore di fronte alla "prepotenza" del sogno che si sovrappone alla contingenza del reale. Scompaiono anche le ragazze, una delle quali aveva condiviso l’emozionante stupore della lettura, tanto che Marco Augusto rinuncia ad approfondire la ricerca. Nulla di loro sa dire il capotreno, sonnolento e malinconico, al suo ultimo viaggio prima della pensione. Suo, forse, il diario "volutamente" nascosto? Infine queste figure reali svaniscono: diventano realtà possibile, come quella del sogno in cui sembra dissolversi persino l’agenda manoscritta, quando l’arrivo alla stazione di Napoli coincide con la conclusione del viaggio e l’alba di una nuova giornata.
Vilma Formigoni
(direfarescrivere, anno VIII, n. 73, gennaio 2012)
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