Inconsueto il nome della protagonista, volutamente singolare, incarnazione di regolarità e purezza: Perla. Così misteriosa, nella compiutezza della sua forma geometrica, immersa in una luce quasi mistica, la lattea gemma sembra voglia chiederci: «svelate il mio segreto». Come negare che ci siamo spesso chiesti cosa sia una perla? E allora cosa la produce? Una ferita, l’unica ragione di tanta bellezza e rarità. Una lesione all’interno di un minuscolo essere marino: un mollusco. Un granello di sabbia intorno al quale si avvolge una spirale di madreperla a proteggersi, per non soffocare, di fronte alla microscopica intrusione nel suo mondo di esattezza. Aveva ragione Darwin dunque? Il più debole viene schiacciato, annientato, e il più forte, fiero della propria prepotenza, la spunta sempre oppure l’umanità stessa sopravvive perché animata da qualcosa di più profondo della cinica meccanica delle molecole chimiche? Ci contraddistingue altro, emozioni o valori, certezze o forse solo illusioni che sembrano allontanarsi sempre di più dalla sfera affettiva per precipitare nell’abisso della vanità? La risposta nasce dalla voce di una bambina di soli sei anni, protagonista dell’omonimo romanzo di Carmen Pistoia, scrittrice fasanese al suo secondo lavoro, Perla (Schena editore, pp.176, € 15,00).
La purezza e la brutalità
«È l’alba. Mio padre ci sveglia di soprassalto incitandoci a vestirci. Dobbiamo partire. […] Nelle notti insonni, trascorse a cullare il mio fratellino Fabio, li ho sentiti litigare per le ragioni più disparate. Non sono mai d’accordo su nulla». Parole semplici descrivono con delicatezza e innocenza l’intimità di questioni confidenziali. La storia di una famiglia come tante. Una partenza programmata da tempo e finalmente giunta, il cambiamento, una nuova vita e una casa, nuova anch’essa, eppure spoglia. Un edificio desolato, svuotato di tutto, dentro e fuori, come gli stessi personaggi, cui la penna dell’autrice dà vita. Disperati carnefici, burattini e burattinai in un teatrino dell’orrore che è la brutalità cieca del loro stesso agire. Eppure, chi ci presenta il dramma della violenza nelle sue multiformi sfaccettature è una fanciulla pura, stretta ai suoi tre fratellini, chiusa in un abbraccio candido, serrata come le valve del mollusco da cui proprio la perla prende vita. Sola creatura pronta a difendere i suoi amati con disperazione e sgomento, malauguratamente, dai suoi stessi genitori, “i padroni”. Non ricchi, non colmi di cose o affettività ma, al contrario, miseri. Per tutto il racconto li vediamo, “i padroni”, agitarsi inconcludentemente come piccoli granelli di sabbia sparpagliati dal vento, che vivono la loro bieca esistenza noncuranti delle circostanze. La narrazione è in prima persona: seguiamo così la vita di Perla dall’infanzia agli studi, sino alla maturità.
Rossella, Luca, Giulia, Fabio, questi sono solo alcuni dei nomi dei protagonisti del libro e piccole vittime di assurde torture. Bambini indifesi, spaventati, scoraggiati offesi dal loro stesso sangue. Una confidenza: «Mi ha raccontato che, rientrando a casa, suo padre l’aspettava sull’uscio con aria minacciosa, era furente ed ubriaco, e cercava di molestarla». La violenza di cui Rossella, amica di Perla, come tanti altri personaggi del libro, è vittima da parte della sua stessa famiglia è sconcertante. Il racconto prosegue, difatti, così: «Il padre l’ha inseguita in giardino imprecando come un matto, l’ha raggiunta e l’ha intrappolata nel capanno degli attrezzi, qui l’ha scaraventata in terra, picchiandola selvaggiamente».
Un percorso difficile dalla solitudine all’amicizia
L’intenzione della autrice, Carmen Pistoia, è dunque quella di presentarci una storia delicata e commovente che, a partire dalla brutalità di genitori aguzzini, arrivi a toccare anche altri temi sociali quali bullismo, violenza psicologica e carnale, e infine incesto. Sono proprio le voci terrorizzate dei “piccoli” a presentarci le più crude e toccanti realtà, e non si può non vedere a quel punto, non si può voltare il viso, non si può fare finta di niente, perché la loro forza si insinua dentro e mette tutto in disordine. Come sa fare uno dei tanti racconti: «Nel pomeriggio di ieri sua madre ha tentato il suicidio recidendosi le vene dei polsi e l’hanno dovuta ricoverare d’urgenza presso una struttura psichiatrica. Al rientro dalla clinica suo padre ha cominciato a bere fino ad ubriacarsi e, in preda all’alcol, ha abusato di lei senza nessuna pietà fino all’alba». Uno sconforto troppo grande e insuperabile, per alcuni di loro, come per il fratello di Perla, Fabio, che prima di togliersi la vita scrive così: «Sono stanco di vivere, il male che mi ha sempre circondato pesa come un macigno sulla mia intera vita. […] Tutto mi è contro: i compagni di classe, i miei genitori e l’incompatibilità con questo mondo che non mi è mai appartenuto». Attori-artefici, crudeli, soli, inermi spettatori, i genitori-padroni di Perla vivono un’esistenza apatica intorno ai loro stessi figli, inconsci della rarità autentica che essi stessi hanno generato. Nonostante tutto, la piccola perfetta perla non piegherà mai il capo, non si arrenderà, appassionerà il lettore alla sua vita e saprà sopraffare le proprie angosce lottando con disperazione, facendo perno sulla sua indistruttibile fermezza.
Sarà, dunque, l’amicizia un elemento di evasione e rinascita interiore? «Rossella non riesce a trattenere una profonda e sincera commozione. Il mio gesto d’amicizia per il suo compleanno l’ha lasciata senza parole». O sarà l’arrivo dell’amore a far cambiare le cose? «Probabilmente Dario ha notato il mio repentino cambio d’espressione e mi ha avvolto con un abbraccio, tenendomi stretta a sé senza proferire parola. […] Lui è in grado di interpretare correttamente ogni mio pensiero, e tutto ciò mi mancherà quando saremo lontani!».
Un romanzo che ci chiama ad ascoltare e riflettere
Da non trascurare, da custodire gelosamente, questo libro-scrigno colmo di delusioni raccontate e di acuti spunti di riflessione. Quando tutto ci è avverso, Perla ci suggerisce: «Non arrenderti alle difficoltà che ti riserva la vita. Vai alla ricerca della tua dimensione interiore. Non nutrire risentimento né rimorsi. Contrasta l’ignoranza». Da una donna coraggiosa ed emotivamente complessa, una grande lezione di audacia quando la regola dell’homo homini lupus inghiotte anche il più radicato perbenismo.
Pamela Quintieri
(direfarescrivere, anno VII, n. 67, luglio 2011)
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