Anno XX, n. 225
novembre 2024
 
La recensione libraria
“Recluso” per scelta: il sofferto diario
di un direttore di carceri per 50 anni
nell’Italia cupa degli “anni di piombo”
La difficile situazione dei penitenziari italiani,
ma anche una lezione di umanità. Da Infinito
di Maria Assunta Carlucci
Una sorta di diario autobiografico è quello che ci propone Luigi Morsello, un diario che ci racconta tutto ciò che ha caratterizzato i suoi quarant’anni di devoto lavoro come direttore di carceri; e non solo: La mia vita dentro. Le memorie di un direttore di carceri (Infinito edizioni, pp. 208, €14,00) attraversa anche un pezzo di Storia della nostra penisola negli “anni di piombo”, del terrorismo, dell’azione delle Brigate rosse. Un periodo storico molto delicato per la nostra Italia, un periodo in cui l’autore ha avuto un ruolo attivo tramite la sua professione di direttore di carceri.
L’autore – che ha scoperto la sua vena letteraria grazie all’amico Roberto Ormanni, direttore della rivista Diritto e Giustizi@, nella quale sono stati pubblicati numerosi articoli che portano proprio la firma di Morsello – è un uomo straordinario che ha trascorso quasi mezzo secolo, dal 1969 al 2005, a viaggiare tra le carceri italiane, da Eboli a Varese, con mansioni diverse, che variano dalla direzione alla missione (tutti gli incarichi che ha ricoperto sono chiariti all’inizio del testo, con l’aiuto di una cartina geografica che mostra la collocazione dei vari penitenziari). Il tutto contornato dalla sua esperienza, dai problemi incontrati lungo il suo operato, dal continuato impegno e dalla tenacia che hanno caratterizzato la figura di Luigi Morsello.

Difficoltà, sacrifici e “male oscuro”
La seconda edizione de La mia vita dentro. Le memorie di un direttore di carceri «Da ex magistrato di sorveglianza, tra il 1976 e il 1981, posso ben comprendere le difficoltà insormontabili che quotidianamente un onesto direttore di carcere, a due passi dal suicidio, ha dovuto affrontare.», annota nella sua Prefazione Aldo De Chiara, procuratore della Repubblica aggiunto presso il Tribunale di Napoli.
Queste pagine descrivono ritagli di Storia e di vita che si sono incrociati e intersecati nella persona di Luigi Morsello.
La sua particolarità risiede nell’essere sempre riuscito a vedere nei detenuti e/o internati dei vari istituti in cui ha prestato servizio dei semplici uomini e nel cercare sempre, con spirito di sacrificio e attraverso numerose difficoltà, di offrire una sistemazione dignitosa a ciascuno di loro, tenendo conto delle loro diverse personalità. Certo è che il suo lavoro non è stato per niente facile, in quanto, nel suo lungo periodo di operato, egli ha incontrato non poche complicazioni: condizioni igieniche spesso disperate degli istituti penitenziari, edifici fatiscenti e cadenti, vecchi conventi poi adibiti a prigioni (questi ultimi bisognosi di non poco lavoro per poter essere usati dignitosamente, efficacemente ed efficientemente), impianti per nulla funzionanti. Ma Morsello, con grande dedizione, ha sempre perseguito il suo principale scopo: quello di rieducare il detenuto (perché questo è ciò che vuole la nostra Costituzione), non solo tramite la disciplina, ma anche attraverso l’umiltà e l’umanità del suo spirito. A riprova delle difficoltà incontrate nel suo impegno, vanno annoverate le evasioni, i tentativi di evasione, le varie rivolte, non per ultimo, l’ammutinamento della casa penale “San Doria” di Alessandria; episodi che hanno segnato così a fondo la persona di Morsello da condurlo a ciò che egli stesso definisce “il male oscuro”, una sofferenza che lo ha accompagnato sino alla fine della sua carriera, e anche oltre.

L’emozione dello scrittore è quella del lettore
Il testo è curato, con moltissimi riferimenti biografici delle personalità – comunque – note che Morsello ha incontrato, di persona o meno, nella sua vita lavorativa; figurano cenni biografici di Paolo Borsellino, Renato Curcio, Carlo Alberto Dalla Chiesa e Giovanni Falcone (tanto per citare alcuni nomi). Il susseguirsi delle vicende è intramezzato da ricordi, che permettono di cogliere appieno un determinato stato d’animo che l’autore tenta di condividere, una specifica situazione, una circostanza che, senza quel particolare ricordo, non assumerebbe e non trasmetterebbe quella veste importante che possiede per l’autore. La lettura è scorrevole, gradevole, dà l’impressione di essere quasi immersi in ciò che l’autore descrive, ricorda, cita. Il tutto è accompagnato da descrizioni minuziose di ciò di cui Morsello ha esperienza in prima persona, così che il lettore possa viaggiare insieme con l’autore, vedere ciò che egli sta vedendo e descrivendo, provare le stesse emozioni e sensazioni che l’autore sta sperimentando.
Il libro è interessante da leggere, ricco com’è di riferimenti storici, biografie, delucidazioni di tutto ciò che un comune lettore, forse, non ha nel suo bagaglio culturale in quanto, magari, non si intende di carceri, leggi giuridiche che le regolano, norme che vigono all’interno del penitenziario, elementi che Morsello, prontamente, spiega. Inoltre, lo squarcio di Storia che compare nel susseguirsi delle vicende citate nel diario ci permette di approfondire (o di apprendere) determinate circostanze che il nostro paese ha vissuto e di conoscere le personalità che hanno avuto un ruolo fondamentale in quegli anni.
Non c’è miglior modo di comprendere il mondo che sta di là dalle sbarre di un penitenziario se non leggendo e assaporando il diario di un’esperienza concreta che Morsello ha deciso di condividere nel suo “gioiello” La mia vita dentro.

Maria Assunta Carlucci

(direfarescrivere, anno VII, n. 65, maggio 2011)
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