Anno XX, n. 225
novembre 2024
 
La recensione libraria
Scientology, una religione, una setta
o solo una macchina per fare soldi?
I racconti di chi è riuscito a uscirne
Da Paoline editoriale libri i racconti di 14 vite
distrutte da un’esperienza assoluta e devastante
di Francesca Rinaldi
Cos’è Scientology? Una chiesa o una setta? Un movimento o una filosofia? Un gruppo di auto-aiuto o un’associazione a fini di lucro? La definizione, o forse l’ontologia di Scientology è argomento di dibattito nei vari paesi, tant’è che in Germania è stata riconosciuta come organizzazione non compatibile con la Costituzione e finora soltanto Australia e Stati Uniti le hanno attribuito lo status di religione. I suoi seguaci sono molti nel mondo, si parla di milioni di persone, ma perché è così controversa?
Secondo il sito checose.scientology.it, la parola “scientology” «coniata da L. Ron Hubbard, deriva dal latino scio, che significa “sapere” o “distinguere”, e dal greco logos, che significa “ragione” o “pensiero interiore”. Dunque significa lo studio del sapere o della conoscenza. Significa sapere come sapere. Scientology, comunque, è definita come lo studio e la cura dello spirito in relazione a se stesso, agli universi e alle altre forme di vita». La definizione ci viene fornita dal medesimo sito: «Scientology è una religione del ventesimo secolo. Comprende un vasto insieme di conoscenze derivanti da alcune verità fondamentali, la principale delle quali è questa: l’uomo è un essere spirituale dotato di capacità che vanno ben oltre di quelle che egli considera di avere normalmente. Egli non solo è in grado di risolvere i propri problemi, di raggiungere le mete che si è prefisso e di conseguire una felicità duratura, ma può anche raggiungere nuovi stati di consapevolezza mai sognati prima».

Dianetics, inizio della storia
Dal sito apprendiamo anche che il fondatore è Lafayette Ron Hubbard, uno scrittore nato nel 1911 e morto nel 1986. Hubbard ha avuto una vita avventurosa e piena di interessi e per lo più ha scritto molti romanzi e racconti popolari di svariati generi, dal western al giallo, dall’avventuroso al fantascientifico. Fino a quando nel 1950 dà alle stampe Dianetics: la forza del pensiero sul corpo. Questa volta non si tratta di un romanzo, ma di un saggio che spiega le origini dell’uomo, le sue potenzialità e soprattutto il modo attraverso il quale riuscire a cancellare il contenuto della propria “mente reattiva” a favore della propria “mente analitica” per entrare così nello stato di “Clear”.
«Lo stato di Clear è uno stato che non era mai stato possibile raggiungere in precedenza, nella storia dell’uomo. Un Clear possiede attributi fondamentali e innati, ma non sempre disponibili in uno stato non reso Clear; attributi insospettati nell’uomo e che non sono inclusi nelle passate discussioni sulle sue capacità e il suo comportamento».
Il “Clear” in sintesi è un uomo libero e non represso, libero di usare le proprie emozioni, mentalmente stabile ma anche fisicamente più sano, soprattutto libero da malattie psicosomatiche.
I detrattori, o i critici, però sostengono altro, che Hubbard fosse un bugiardo patologico, che le sue teorie non hanno alcuna base scientifica e che Scientology sia una sorta di grande macchina per fare soldi.
Le critiche si basano sui racconti dei fuoriusciti dall’organizzazione che sono ormai un numero considerevole e scrivono libri, rilasciano interviste e animano newsgroup, in tutto il mondo e anche in Italia. L’imprenditrice italiana Maria Pia Gardini è una di loro. Già autrice di un libro-intervista attraverso il quale raccontava dei suoi nove anni trascorsi da scientologist, ora raccoglie, come curatrice, le storie di altre quattordici persone che sono state “risucchiate” in questa esperienza totalizzante, ma che a fatica e a caro prezzo sono riuscite a uscirne. Il coraggio di parlare. Storie di fuoriusciti da Scientology (Paoline editoriale libri, pp. 168, € 16,50) di Alberto Laggia è nato proprio grazie a lei, che con il suo primo libro ha aperto una breccia e dunque o è poi stata contattata da altri che hanno vissuto un’esperienza simile alla sua, o ha rintracciato lei stessa chi sapeva aver compiuto quel medesimo percorso.

Vivere nel mondo di Scientology
Le storie sembrano avere quasi tutte un denominatore comune. Entrare per caso in Scientology, per migliorare se stessi con le tecniche di “potenziamento della mente” o per seguire il percorso “Narconon”, al fine di uscire dalla tossicodipendenza, perché un proprio familiare li ha conosciuti e ne parla entusiasticamente o perché si sta attraversando un periodo difficile e si legge su un volantino una frase che attira l’attenzione e poi trovarsi ingoiati nell’euforia dell’effettivo miglioramento e del raggiungimento dei primi obiettivi prefissati (sempre dietro pagamento di ingenti somme di denaro) con l’incalzante susseguirsi dei vari livelli e la completa entrata nell’organizzazione che è proporzionale alla totale esclusione del “mondo non-scientology”.
Le testimonianze raccontano di decine di anni spesi in giornate lavorative per l’organizzazione anche di tredici ore, di contratti firmati per Scientology per milioni di anni, di una comunità che si sostiene vedendo come un nemico il mondo esterno e tutti coloro che non fanno parte della “chiesa”.
Tutto è finalizzato al raggiungimento della “libertà totale”, step by step, ma come ci fa ben capire Enrico Costantini, nel capitolo a lui dedicato, oltre a essere passato da una dipendenza a un’altra l’organizzazione richiede uno sforzo economico che aumenta con l'avanzare del livello che si vuole raggiungere: «Mi chiedevo: che cosa succederà quando raggiungerò la “libertà totale”? […] Allora, davanti alla continua richiesta di denaro dei solerti membri dello staff, io rispondevo puntualmente facendo una pressione proporzionale a quella da me subita, sulla mia famiglia riducendola quasi sul lastrico a forza di assegni con molti zeri.
In fondo, in questa “filosofia religiosa”, mi sentivo a mio agio, come fossi ancora in “piazza”: come “tossico” ero costretto alla continua richiesta di soldi dalla necessità fisica di iniettarmi la “roba”; come scientologist avevo bisogno di denaro per la necessità “spirituale” di liberarmi non so ancora bene da che cosa.
Non cambiava molto. Di certo, però, l’eroina costava molto meno».

Francesca Rinaldi (direfarescrivere, anno VI, n. 58, ottobre 2010)
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