Anno XX, n. 225
novembre 2024
 
La recensione libraria
L’ambigua storia della Contessa Lara:
tra amore, scandalo, passione e morte
nell’Italia perbenista di fine Ottocento
Una donna che divise il Belpaese in due parti:
con lei o contro di lei. Pubblicato da Garzanti
di Maria Ausilia Gulino
L’amore, nelle sue sfaccettature, negli scandali delle corti, nella gelosia e persino nella morte, questa volta viene testimoniato da un personaggio tanto discusso nella Roma di fine Ottocento: la Contessa Lara, pseudonimo di Evelina Cattermole.
Così nella Storia della letteratura italiana viene ricordata una figura poco conosciuta nei nostri libri scolastici, ma la cui vita ha fatto scalpore. Le vicende della nota ammaliatrice, il cui fascino irresistibile ha sconvolto maschi e femmine di tutte le età – ma soprattutto ha fatto parlare di sé molti uomini −, vengono richiamate alla memoria nel testo della giornalista Brunella Schisa Dopo ogni abbandono (Garzanti, pp. 328, € 17,60).
Si parte da un colpo di pistola che rappresenta il movente di tanto clamore, e la causa della rivelazione di tutto ciò che rappresentò Evelina Cattermole, dal delirio all’esperienza ante mortem: lo stesso colpo di pistola destinatole dal suo ultimo e geloso amante che non desiderava altro che averla tutta per sé.
«Un’anima furiosa sotto le spoglie di una seducente signora bionda», dicevano di lei. Odiata e ammirata, contestata e difesa, nel giorno della sua morte l’Italia si divise giudicandola colpevole o vittima. Ma chi era in realtà Evelina?
La sua storia diventò nota quando il marito, il capitano Eugenio Mancini, troppo preso dai suoi numerosi impegni mondani e trascurandola impietosamente, la spinse involontariamente al tradimento e per difendere il proprio onore uccise in un duello l’amante, tra l’altro suo amico fedele. Da allora la vita di Evelina subì un cambiamento notevole e repentino, tanto che decise di ribattezzarsi Contessa Lara, usando cioè lo stesso nome con cui firmava gli articoli e gli elaborati che pubblicava. Giornalista, scrittrice e poetessa, rappresentò l’emancipazione e la libertà femminile, la donna indipendente nel lavoro e nell’amore, anche se agli occhi dei benpensanti dell’epoca era semplicemente una libertina che con il suo comportamento minava i buoni costumi della società.

Una donna libera, vittima e colpevole
Il romanzo della Schisa ripercorre la Roma e l’Italia di fine Ottocento in forte espansione, con i suoi tribunali, i suoi politici, i suoi intellettuali, da Luigi Capuana a Matilde Serao che frequentavano la Contessa, da Gabriele D’Annunzio a Mario Rapisardi, i quali erano soliti dedicarle versi sensuali e incandescenti; ma è attraverso la testimonianza del giovane medico che la soccorse quando venne ferita, Fabrizio Parboni, che la giornalista dà vita a questo affascinante personaggio, forse tradito dagli uomini o probabilmente ingannato da se stesso. È proprio attraverso Fabrizio che vengono alla luce elementi inediti mai sospettati, verità per sempre mascherate e mai punite, ma che si rivelano solo alla fine, probabilmente per liberare la coscienza o per mettere definitivamente un punto a questa storia. Dopo le adulazioni e gli screzi che riempirono le pagine dei quotidiani più famosi d’Italia, dopo il funerale, dopo l’asta degli oggetti e dei gioielli appartenuti alla Contessa, dopo il processo che condannò l’amante assassino, dopo il placarsi e l’attutirsi delle chiacchiere, dopo il velo di oblio imposto dalla sentenza, ecco che viene inaspettatamente alla luce un altro dei segreti sulla «circe divoratrice di anime belle», un segreto che la protagonista in questione non è riuscita a seppellire con sé nella fossa comune che fu la sua ultima destinazione.
Nel libro dunque viene riassunta l’immagine che Evelina volle dare della sua personalità e ciò che le donne e gli uomini del suo tempo videro in lei: dalle passioni all’ammirazione, alle invidie pesanti e senza ritegno, fino all’assassinio mascherato dal colpo di pistola ma in realtà provocato da altro. Ancora oggi le affidiamo il famoso punto di domanda in sospeso: fu vittima oppure colpevole? Vittima dell’amore e della solitudine interiore, oppure colpevole di aver persuaso e ammaliato giovani uomini per puri piaceri voluttuosi?

Maria Ausilia Gulino

(direfarescrivere, anno VI, n. 52, aprile 2010)
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