Oliviero Beha torna su uno degli argomenti che conosce meglio: lo stato dell’informazione nell’Italia di oggi. Giornalista di carta stampata, radio e televisione, poeta, autore teatrale e televisivo, nel suo ultimo libro I nuovi mostri, quasi la continuazione del precedente Italiopoli, Beha trae spunto da due funerali, uno reale e l’altro mediatico, del giornalista di Rai Tre Sandro Curzi e di Eluana Englaro, per dare il via alle riflessioni delle pagine seguenti, in cui ce l’ha «praticamente con tutti, o quasi», come ammette nella Prefazione, definendosi «un avventato free climber in solitario con frequenti e rovinose cadute».
Due morti molto diverse tra loro, quelle di Curzi ed Englaro, unite, però, dal filo conduttore delle polemiche e delle dichiarazioni ipocrite di un numero indefinito di politici e intellettuali al servizio del potere. «Perché cominciare da qui, da un funerale e segnatamente dal funerale di Sandro Curzi, questo rapido pamphlet sulla “morte della ragione” e la scomparsa/tradimento/compravendita/corruzione degli intellettuali italiani?», si chiede Beha, per poi rispondersi e rispondere al lettore spiegando come il «punto di vista della bara» sia quasi ottimale per cogliere la superficialità e l’ignoranza di chi non ha più un bagaglio culturale di riferimento. I nuovi mostri (Chiarelettere, pp. 280, € 13,60) sono quelli che vivono all’interno del residence del potere di pasoliniana memoria (e fanno di tutto per rimanerci), una classe dirigente divenuta modello di riferimento dal punto di vista politico, istituzionale e della leadership incontrastata. «Siamo di fronte al devastante fenomeno del karaoke degli intellettuali, laddove in giapponese karaoke è alla lettera “orchestra vuota” e invece da noi vuoto è il significato delle parole e delle posizioni di chi ripete canzoni altrui a orecchio, per ignavia o convenienza. Servendo.» Quella che l’autore dipinge è una realtà dove gli intellettuali non fanno più scandalo e non cercano di essere coscienza critica del potere o del sistema sociale. «C’era una volta. C’era una volta chi si dava come compito quello di incalzare il potere e di controllarlo: un’élite temuta e ascoltata. C’erano una volta i “maestri”, i Pasolini, i Moravia, gli Sciascia, i Calvino, ma anche i Bobbio, i Galante Garrone, gelosi custodi del libero pensiero. E ora?»
Il ruolo del sistema politico nella censura dell’informazione ]
Anche in politica l’opposizione ha cambiato forma e non è più il contraltare della maggioranza, ma quasi un’ombra di quest’ultima. Duro l’accento del giornalista sul “Mattarellum”, la legge sul sistema elettorale maggioritario che costringe politici, giornalisti, uomini di cultura a schierarsi nell’ambito di quello che è diventato un sistema solo apparentemente democratico.
Un “maggioritario” che si riflette nell’intellighenzia e nell’informazione, che da cane da guardia del potere si trasforma in cane da riporto. Così si processano pubblicamente e istituzionalmente, quasi per una legge del contrappasso, i magistrati chiamati a giudicare i politici di destra e di sinistra: emblematici i casi di Clementina Forleo e Luigi De Magistris.
Mentre il giornalismo d’inchiesta o le denunce pubbliche (da Report a Beppe Grillo) vanno avanti con molte difficoltà e non sempre sono ascoltati. Un potere che conosce l’importanza del controllo dell’informazione, del tono e della gerarchia delle notizie che, giorno dopo giorno, dai telegiornali entrano nella quotidianità dei cittadini, creando un’abitudine mentale e condizionando la vita degli italiani e soprattutto dei più giovani.
Così si arriva alla censura. «L’unico episodio caldo o addirittura bollente ha visto protagonista sul principale canale tv, Rai Uno, anni fa, quell’accattivante cialtrone “extraordinario”, vera star dello spettacolo contemporaneo, che risponde al nome di Adriano Celentano. Nello show Rockpolitik l’autodefinitosi “re degli ignoranti” ha parlato ripetutamente di censura, ma ovviamente alla sua maniera, trasmutandola come un Cagliostro del palcoscenico in epidermica merce televisiva destinata a dissolversi nell’attenzione e nelle coscienze pur di milioni di telespettatori in una nuvola di fumo, come infatti è avvenuto nel giro di qualche giorno...»
Superare il generale clima di dissoluzione culturale ]
Tutto questo accade mentre il paese si trova in una profonda crisi economica, sociale, politica e culturale. «Il magma d’intorno è totale, essendo diventata l’Italia la retroguardia sia dell’Occidente più sviluppato (!) sia ormai perfino dell’Unione Europea, raggiunti (e nel frattempo superati?) dalla Grecia e a tiro della Turchia».
E non manca un duro attacco al presidente del Consiglio. «Tra i primi c’è ovviamente Berlusconi che non fa mistero di puntare a un presidenzialismo popolare che gli permetta di concludere al Quirinale, ma non da pensionato super partes bensì da dominus nei confronti dell’Azienda Italia, la sua fenomenale carriera politico-economica».
Un contesto nazionale, sociale e mediatico preoccupante, che però, secondo Hans Georg Gadamer, non coinvolge solo il nostro paese: «Siamo spettatori universali: il dissolvimento delle democrazie in oligarchie mediatiche è all'opera non solo in Italia ma in tutto il mondo». Problematiche serie che Beha mette in luce per spronare giornalisti e intellettuali a riprendere la propria funzione critica, reagendo allo status quo e seguendo l’esempio di molte associazioni di liberi cittadini.
Clara Sturiale
(direfarescrivere, anno V, n. 48, dicembre 2009)
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