La presenza di Hegel all’interno di una redazione giornalistica, a primo acchito, potrebbe sembrare strana e alquanto inappropriata, ma andando a guardare in maniera più approfondita scopriremmo che la sua posizione non è poi così scomoda, anzi, si potrebbe definire “di casa”. È questa l’immagine che ci propone l’autore del libro Hegel in redazione. Istruzioni per l’uso (e l’abuso) della filosofia (Rubbettino, pp. 160, € 14,00) Giancristiano Desiderio, giornalista e conduttore di Walk-show su Rai Futura.
Hegel, infatti, si trova perfettamente a proprio agio all’interno di una redazione e la prova inconfutabile è il fatto che lavorò per ben due anni come caporedattore del quotidiano Bamberger Zeitung. E se avesse deciso di intraprendere la carriera giornalistica, piuttosto che quella filosofica, sarebbe stato un grande titolista grazie al suo impressionante senso della notizia. Tale capacità derivava dal fatto che egli riusciva a dare significato alle cose e a porsi dal punto di vista del concetto, «cosa strana per un filosofo che […] dovrebbe avere la testa fra le nuvole».
L’autore, senza utilizzare troppi formalismi, indubbiamente vuole evidenziare un binomio chiaro e non così insolito, ovvero il legame che lega la filosofia al giornalismo: infatti, abbandonando retaggi e tradizioni, la filosofia si è trasferita nelle redazioni giornalistiche, permettendo di dimostrare, a chi è in grado di filosofare, la sua ben sviluppata capacità di approccio alle cose pratiche della vita, attuando un fortunato connubio fra i due ambiti del sapere.
La filosofia è oramai divenuta un ottimo argomento per i quotidiani, che sempre più spesso si trovano a disquisire sull’essere, sullo spirito o sull’esistenza. Insomma, essa si adagia comodamente fra le pagine dei giornali!
L’improduttività filosofica
Ma qual è il ruolo della filosofia? A tale domanda si è ampiamente risposto spesso screditando, ma a volte anche ironizzando, sul carattere non propriamente “tecnico” di tale attività. Anche il nostro autore gioca molto su questa mancanza di competenza specifica del campo filosofico, proponendo alcune definizioni che, di questa, si è tentato dare: «la filosofia è la traduzione spiritosa dell’inspiegabile nell’incomprensibile» (Hans Clarin), o ancora, «un uomo cieco in una stanza buia che cerca un cappello nero» (J. Bowen). Termini del tutto metafisici!
In ogni definizione che ci fornisce Desiderio è evidente il fatto che spesso ci si burli della filosofia e si tenda a metterla in ridicolo, ma forse, non così tanto! Basti solo pensare che l’autentico ruolo interpretato dalla filosofia è proprio quello che parte dai banchi di scuola e che di generazione in generazione trova terreno fertile fra gli studenti alle prime armi, ovvero: «la filosofia è quella cosa con la quale o senza la quale il mondo rimane tale e quale».
Eppure, prendendo così apertamente in giro tale sapere, in qualche modo, si sta già filosofando, ne era del tutto certo il filosofo Pascal che affermava: «burlarsi della filosofia è veramente filosofare».
Quando si suole cercare di denigrare la sua peculiare inutilità in realtà le si sta rivolgendo un complimento!
La morte del pensiero
La filosofia non vuole modificare il mondo, ma esclusivamente pensarlo. Se è in grado di pensarlo è anche in grado di trasformarlo. Quindi bando a tutti gli insegnamenti marxisti in merito!
Quando definiamo un pensiero “profondo” non stiamo certamente denunciano la straordinaria capacità che esso ha di penetrare il baratro della nostra psiche, anzi, con tale affermazione stiamo letteralmente decretando la morte del pensiero!
Nella maggior parte dei casi un pensiero viene etichettato come “profondo” solo perché, semplicemente, si vuole evidenziare il fatto che non sia un pensiero banale, ma che, a differenza di altri, abbia un qualcosa di vero e che sia direttamente in relazione con la nostra emotività. Tale è il compito della filosofia, ovvero, centrare i nostri interessi in superficie, poiché ogni qual volta vogliamo addentrarci nel profondo ci incamminiamo per strade vaghe e fallaci, lontane dal nostro compito.
La nostra esperienza fonda il nostro modo di essere e questo ci permette di pensare e di essere liberi e non si potrebbe immaginare nulla di più superficiale, di vacuo e leggero… Ma è anche l’unico ente dotato di concretezza e l’unico ad essere vero oggetto del nostro interesse.
Noi esseri umani viviamo dell’esteriorità, viviamo delle apparenze derivanti dalla nostra vita pubblica e privata. La scienza, al contrario, vuole andare “fino in fondo”, penetrare la superficie, ma così facendo la nostra stessa vita è a rischio.
A parere del filosofo inglese Roger Scruton: «la filosofia è l’ultima spiaggia per reincantare il mondo e “salvare le apparenze”».
Roberta Santoro
(direfarescrivere, anno III, n. 19, 20 luglio 2007) |