«Un giallo anomalo estremamente colto e nello stesso tempo estremamente attraente per la sua divertente, felice fluidità narrativa»: sono le parole con cui Andrea Camilleri definisce il romanzo Tè per un cammello (Forum, pp. 120, € 14,00) nella sua Prefazione. L’autore è Jarosław Mikołajewski, uno dei maggiori personaggi del panorama culturale polacco.
Il titolo, con la sua aria indefinita e misteriosa, attrae il lettore. Il solo nome del prefatore, poi, è già di per sé una garanzia. Ecco come incuriosito il pubblico, in pochi istanti, lo si costringe a sfogliare il libro. È da quel momento che diventa impossibile staccarsene, non appena entrati nell’atmosfera dei ventotto assassini in quattro anni a danno di donne bionde e trentenni, che pervade la prima pagina del romanzo.
Il protagonista, Steven McCoy, poliziotto, è fin dal terzo rigo subito pronto ad accogliere il lettore. Bastano sole tre pagine per assistere al suo licenziamento e scoprirne la causa: il suo vizio per l’alcol. McCoy ha perso la moglie ormai da diverso tempo e ha una figlia di quindici anni, Marta. Lasciato il posto in polizia e ottenuta la licenza dall’ispettore capo Follet, decide di aprire un’agenzia investigativa e inizia a curarsi. È nel preciso momento in cui McCoy trova un ufficio per il suo nuovo lavoro che entra in scena una presenza chiave all’interno del romanzo: i libri.
Carlo Ferrucci, il proprietario, scrittore di ritorno in Italia, gli affida il locale e la sua biblioteca per il periodo della sua assenza. Ha per lui un monito preciso e misterioso nello stesso tempo: «Le parole che leggerà in questa biblioteca... se le prenda a cuore, profondamente. Perché tutto quello che lascio qui è gran letteratura, scritta per una profonda necessità... Lei deve pensare che quelle parole saranno rivolte solo e soltanto a lei, e che la potranno non solo incuriosire o divertire ma anche salvare. Perché a ogni passo la vita ha bisogno di aiuto...».
Si tratta di un passaggio molto importante. Da qui in poi, infatti, libri numerosi e diversi accompagneranno la lettura del romanzo, che risulta sempre ricco di citazioni e riferimenti, a volte espliciti, altre no, a storie, autori e personaggi. Tra i tanti come non citare Il nome della rosa di Umberto Eco? Mentre ci si chiede insistentemente che legame possa esservi tra la vicenda narrata e La vita nuova di Dante.
Sette donne e tre uomini rinchiusi nel circolo dei “Canottieri Preraffaelliti”
Dopo i primi casi portati a termine, McCoy si trova, all’improvviso, ad affrontare un grave problema. Uno tra i membri del gruppo degli alcolisti anonimi, Malcom, presentatosi in studio, minaccia di raccontare le confidenze personali e professionali dell’investigatore. Il suo silenzio ha un prezzo: pretende ventimila dollari per il giorno successivo.
McCoy rivela tutto pubblicamente durante la seduta e a salvarlo giungono, inaspettate, delle foto scattate inspiegabilmente dal suo stesso ufficio. Immagini che incastrerebbero palesemente Malcom.
La spiacevole esperienza lo spinge, grazie al prezioso aiuto della giovane figlia, ad organizzare un gruppo di settore per investigatori affetti da alcolismo.
Ecco che sette donne e tre uomini, con un chiaro riferimento a Giovanni Boccaccio, si ritrovano in un antico convento, per affrontare e superare insieme i loro comuni problemi. In quello stesso luogo era stato fondato nel 1930 il circolo dei “Canottieri Preraffaelliti”.
Solo a questo punto il lettore penetra completamente nella vera atmosfera di Tè per un cammello. Durante i colloqui ciascuno racconta le sue peggiori viltà. Marc ha ucciso un suo amico vendicandosi per aver violentato e picchiato Charlene, un ragazzino di soli quindici anni. Hugo ha collaborato con un gruppo di spacciatori di droga, il cui capo, un messicano, era capace di provocare strane visioni attraverso la somministrazione di particolari sostanze. Un misterioso elemento in comune con l’assassinio di Beatrix, la moglie di McCoy, rimasto ancora irrisolto, che inquieta profondamente l’investigatore.Così come narrato in Sotto un vulcano di Malcom Lowry...
Nella stanza di McCoy sei ritratti di una stessa donna, datati dal 1933 al 1938, attirano l’attenzione di Lisa, uno dei personaggi. Dopo un attento esame vi riconoscono Mary Dorn da giovane, la moglie del proprietario, raffigurata in diverse versioni: da angelo a satana. E scorgono uno strano legame con La Belle Dame sans Merci di Keats.
Una morte, però, inaspettata scuote il loro soggiorno presso il circolo dei “Canottieri Preraffaelliti”. Subito dopo, un triste sequestro dall’incomprensibile motivazione e un’intima confessione. La disperata ricerca di una soluzione per riottenere la libertà e il ritorno a casa. Una strana scoperta dietro la libreria dello studio dell’investigatore McCoy che risponde a vecchie domande.
Gli eventi si susseguono con un ritmo incalzante che lascia senza fiato il lettore. In una prosa sempre nitida e scorrevole. In un intreccio tra letteratura e fantasia. In una storia impreziosita da altre mille storie che donano ampiezza e profondità culturale al racconto.
Un piacevole viaggio, insomma, in un libro, come definito da Camilleri, «fuori da ogni regola del romanzo poliziesco» che, si può affermare senza alcuna remora, ha la forza di una calamita!
Carolina Leonetti
(direfarescrivere, anno III, n. 15, maggio 2007) |