L’anno più bello (La Rondine edizioni, pp. 208, € 14,90) è un romanzo autobiografico scritto da Pier Vincenzo Gigliotti, scrittore, avvocato e responsabile, a partire dal 2018, dei Progetti speciali dell’Us Catanzaro calcio 1929. L’autore ha già esperienza per i romanzi autobiografici poiché, nel 2019, ha pubblicato Radici nel vento (per Local Genius), che orbita intorno alla figura di un grande calciatore che militò nella squadra del Catanzaro: Massimo Palanca.
Anche questo secondo romanzo appartiene al genere autobiografico e parla di sport e della realtà – calcistica ma non soltanto – della città di Catanzaro negli anni Ottanta. Tutto ciò viene descritto attraverso gli occhi e i lucidi ricordi di chi scrive.
Di seguito, dunque, ci accingiamo a recensire questo interessante testo autobiografico che ha per protagonista una “squadra” di giovani amici che inseguono un sogno come si insegue un pallone nella partita più importante di sempre: la vita.
Adolescenza
La trama si sviluppa a partire dal racconto dell’esperienza scolastica, tra le mura della scuola media “Giovanni Pascoli”, dell’autore e dei suoi inseparabili amici. Sono dunque gli anni Ottanta quelli in cui le vicende si svolgono e, in particolare, il 1982, un anno particolarmente importante sia a livello nazionale che locale. Infatti fu l’anno della vittoria dei mondiali di calcio per la nostra nazionale di calcio e, allo stesso tempo, qullo in cui il Catanzaro ottenne dei risultati storici. Nella stagione 1981/1982 la formazione calabrese si piazzò settima in classifica nel campionato di Serie A e nella coppa nazionale, la Coppa Italia, raggiunse l’ambitissima semifinale. I sogni dei giovani amici del “Club delle giovani aquile” spiccano così il volo, in uno stato di gioia e entusiasmo che travolge il lettore pagina dopo pagina.
Ma l’anno più bello, oltre a poter essere identificato con un anno specifico, può essere interpretato anche come un periodo dell’esistenza, vale a dire quello dell’adolescenza, una fase della vita in cui le aspirazioni e i sogni sono più luminosi e tutto appare possibile.
Il calcio come aggregazione sociale
La Catanzaro descritta da Gigliotti non è soltanto una città, un luogo fisico. Basta cambiare l’articolo con il maschile “il” e diviene sport, in particolare calcio. E quello che sembra un gioco si tramuta in molto altro: diventa passione e, soprattutto, aggregazione sociale. Nel capitolo intitolato Da una valigia all’altra, infatti, leggiamo: «stavo comprendendo il significato di un’espressione che a scuola gli insegnanti pronunciavano più volte e che, per noi studenti, forse ancora un po’ ignoranti, aveva sempre avuto poco significato: “senso di appartenenza”».
Quindi, con il raggiungimento di un obiettivo comune, l’io narrante racconta del momento in cui ha «scoperto cosa significasse riconoscersi in qualcosa, farne parte, sentire come proprio un traguardo raggiunto attraverso la partecipazione collettiva di tutti coloro che credono davvero in un ideale». Il momento di cui stiamo parlando è quello della qualificazione del Catanzaro alla semifinale di Coppa Italia del 1982 e tra le quattro squadre rimaste in gara quella giallorossa era l’unica rappresentante meridionale del nostro Paese. Dunque, l’appartenenza legata al riscatto; sentire finalmente possibile quel riconoscimento della propria voce sognato da anni e giustamente rivendicato.
La passione che va oltre le sconfitte
Purtroppo per il Catanzaro e per i ragazzi della scuola media “Giovanni Pascoli” il sogno termina nello spettacolare doppio incontro con l’Inter che comporterà l’eliminazione della squadra calabrese. Eppure non traspare assolutamente alcun tipo di negatività. Certo, c’è del rammarico e una piccola dose di frustrazione per aver sfiorato l’ingresso nelle competizioni europee, ma qualcosa di molto più forte riesce a far superare anche la “batosta” di un sogno che si infrange: la passione.
Già tenendo in mano il libro per la prima volta, la copertina arancione evoca chiaramente le tematiche che verranno trattate. Osservandola, infatti, ci possiamo immediatamente accorgere che il bambino seduto su un muro in mattoni osserva l’orizzonte. Guarda il mare che fa da sfondo e, addirittura, sembra guardare oltre. Il messaggio che vogliono trasmettere la copertina e il contenuto del libro è proprio questo: la passione, in questo caso incarnata dal calcio, sconfigge ogni cosa, anche la sconfitta stessa.
D’altronde, come possiamo leggere già in quarta di copertina, «Nella vita un po’ si vince e un po’ si perde, ma le passioni, quelle forti, sono indistruttibili e restano per sempre».
Emiliano Peguiron
(direfarescrivere, anno XVIII, n. 203, dicembre 2022)
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