Anno XX, n. 225
novembre 2024
 
La recensione libraria
25 luglio 1943: tutto ciò che accadde
dai documenti di una spia al Quirinale.
Emergono nuovi e curiosi particolari
In un saggio di Paolo Palma edito da Rubbettino
una puntigliosa descrizione di importanti eventi
di Paolo Acanfora
Il 25 luglio 1943, come è ben noto, una drammatica riunione del Gran consiglio del fascismo, decretando la fine del governo Mussolini, aprì la via al progressivo superamento del regime e pose le condizioni per il pieno dispiegarsi degli avvenimenti successivi, culminanti nell’annuncio dell’armistizio di Cassibile firmato il 3 settembre del medesimo anno. Il valore ed il significato che ricopre questa data nella storia d’Italia sono stati ampiamente documentati sul piano storiografico, tuttavia una ricostruzione puntuale e condivisa degli avvenimenti è ancora da scrivere.
L’ampia memorialistica esistente sull’argomento non permette, infatti, l’esatta determinazione di quanto accaduto in quel giorno, né di quanto accaduto in quelli precedenti, in cui il colpo di stato venne preparato. Ciò è dovuto prevalentemente alla contraddittorietà dei dati forniti dagli autori e alla problematicità insita nello strumento stesso del documento memorialistico, inevitabilmente segnato dalla parzialità della memoria e, assai spesso, dalle necessità contingenti dell’autore.
Il lavoro di Paolo Palma Il telefonista che spiava il Quirinale. 25 luglio 1943 (Rubbettino, pp. 150, € 12,00) fornisce nuovi elementi per una più puntuale rappresentazione di quel percorso che portò al rovesciamento del governo Mussolini e rimise al centro della scena politica nazionale il ruolo e la figura di Vittorio Emanuele III. Gli inediti documenti rinvenuti presso le carte personali di Rodolfo Pacciardi – leader repubblicano e futuro ministro della Difesa nell’Italia repubblicana – in una busta con l’intestazione War Department, riguardano le trascrizioni di un telefonista assegnato al centralino del Quirinale ed in realtà (è questa la convinzione dell’autore) spia per conto del Sim (Servizio informazioni militare).

La ricerca dei documenti
Tra le carte trovate spiccano per indiscutibile interesse quelle relative al 25 luglio. É da notare che l’identità della spia (il noto sceneggiatore Giuseppe Mangione), le valutazioni circa l’istituzione presso cui svolgeva il suo servizio, l’autenticità dei documenti e la loro attendibilità costituiscono parte non marginale del lavoro in cui si è cimentato Palma.
La difficoltà di reperire notizie certe ha costretto l’autore ad avanzare alcune ipotesi la cui attendibilità viene prevalentemente avvalorata da una certosina ricerca d’archivio e dalla corrispondenza con le ricostruzioni proposte dai testimoni nei loro diari e nelle loro memorie.
Le stesse modalità con cui questi documenti finirono nelle mani di un antifascista come Pacciardi costituiscono oggetto di analisi ed impongono conseguentemente una verifica dei legami esistenti tra Sim e servizi segreti anglo-americani nonché tra il leader repubblicano, i servizi segreti americani (Pacciardi aveva legami con diversi uomini dell’Office of strategic service) ed il generale Carboni (ex capo del Sim). Si tratta, dunque, di una fitta rete di relazioni che offre uno spaccato – certamente parziale – sul numero degli attori in gioco e sulla complessità delle vicende trattate.
Tuttavia nel suo lavoro Palma non propone una rilettura dei rapporti correnti tra i diversi servizi segreti italiani (tra i quali l’Ovra ed il Sim ebbero senz’altro i ruoli più rilevanti), né fornisce un quadro delle funzioni e del peso di coloro che, in campo storiografico, sono stati indicati come le “spie del regime”. I mancati riferimenti a storici, quali ad esempio Mauro Canali e Mimmo Franzinelli, che si sono occupati a lungo e con profitto di questo tema indica chiaramente come l’intenzione dell’autore sia di una sostanziale limitazione dei confini dell’oggetto della ricerca alle sole vicende del 25 luglio ed ai suoi protagonisti.

Un arresto premeditato
Lo scopo esplicito che egli si propone è quello di fornire ulteriori elementi sulle modalità con cui fu preparato e messo in atto l’arresto di Mussolini. Le trascrizioni del telefonista del Quirinale tenderebbero su questo punto a confutare la tesi di una sostanziale “improvvisazione” dell’operazione, che ha dominato molte delle ricostruzioni avanzate nel corso degli anni, e viceversa, ad avvalorare l’idea di una puntuale e metodica preparazione del piano, che coinvolse diversi uomini ed ebbe nel duca Pietro d’Acquarone l’indiscusso stratega.
Nell’analisi proposta da Palma, Acquarone viene descritto non solo come un uomo di grande ingegno ma come un ministro regio capace di influenzare profondamente Vittorio Emanuele III. Il ritratto dipinto è quello di un uomo divenuto gradualmente «l’eminenza grigia di corte, l’uomo di fiducia del re anche per gli affari politici e al momento opportuno l’artefice del grande intrigo».
Questo giudizio espresso sul rapporto tra il re ed il duca è sensibilmente diverso da quello avanzato dal noto storico del fascismo Renzo De Felice, il quale ha definito in modo più marginale la personalità di Acquarone negando l’esistenza di un reale potere di influenza da questi esercitato su Vittorio Emanuele III. A partire da questo assunto è evidente che nel giudizio di De Felice la caduta e l’arresto di Mussolini sono da ascrivere in modo inequivocabile alla sola volontà (per quanto caratterizzata da un sensibile grado di indecisione) del monarca.
Tuttavia proprio i documenti analizzati da Palma confermerebbero il ruolo decisivo svolto da Acquarone e la legittimità di un’interpretazione tendente ad assegnare al duca quella funzione di “eminenza grigia” del piano messo in atto il 25 luglio ma scrupolosamente preordinato e niente affatto determinato – come ancora affermato da De Felice – da “circostanze impreviste”.
Il riferimento esplicito a delle liste stilate diversi giorni prima della straordinaria riunione del Gran consiglio, in cui venivano indicati i nomi dei gerarchi fascisti da arrestare, non lascia dubbi sulla premeditazione del piano e sulla sua puntuale ed accurata preparazione. Luogo, orari, uomini e segnali di riconoscimento dei cospiranti sono dunque determinati con esattezza in modo da rendere l’operazione veloce e sicura, evitando nel contempo le situazioni più rischiose e drammatiche – come, ad esempio, l’ipotesi di uno scontro a fuoco con la scorta di Benito Mussolini.
Diversi punti della vicenda sono probabilmente ancora da chiarire ed alcune domande rimangono inevitabilmente eluse. È ad ogni modo utile il contributo portato dall’autore per una migliore e più esaustiva comprensione delle vicende relative al 25 luglio. Lo stile di scrittura di Paolo Palma, inoltre, permette una buona fruibilità del lavoro consentendo così la lettura anche ad un pubblico non specialistico, nonostante l’estrema delimitazione dell’oggetto della ricerca. Il libro è ulteriormente arricchito da un’appendice documentaria in cui vengono riproposte alcune delle ricostruzioni che apparvero sulla stampa negli anni immediatamente successivi agli avvenimenti in questione.

Paolo Acanfora

(direfarescrivere, anno III, n. 12, febbraio 2007)
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