Anno XX, n. 226
dicembre 2024
 
La recensione libraria
Lo stile Liberty a inizio Novecento
tra architettura, scatti fotografici
e la vita di un grande artista
Per Mohicani edizioni
un architetto di gran pregio
di Rosita Mazzei
Un saggio critico ha la missione di illustrare in maniera ragionata un determinato tipo di argomento, che sia un autore, un movimento artistico o un evento storico. Esso è in grado di dare delle chiavi di lettura che, altrimenti, difficilmente sarebbero venute in mente al lettore. I saggi, infatti, hanno l’arduo compito di portare alla luce determinate sfaccettature, analizzarle e snocciolarle quanto più possibile in modo da dare al pubblico nuovi punti di vista.
Questo è il compito che si è assunto anche lo scrittore che stiamo per presentare. Girolamo Alagna Cusa, infatti, ci regala l’opera Girolamo Manetti Cusa. Architetto, Ingegnere, Fotografo (1883-1970) dal Liberty alla Ricostruzione (Mohicani edizioni, pp. 164, € 18,00) per meglio far conoscere la figura poliedrica di un uomo che fu protagonista della scena Liberty e della ricostruzione postbellica di Palermo.

Uno stile come rappresentazione di un tempo
Ci sono alcuni stili, architettonici e artistici, che sono cuciti in maniera sartoriale sulla pelle di alcuni periodi storici. Lo stile Liberty è uno di quelli. Conosciuto anche con l’appellativo francese Art Nouveau, esso fu un movimento artistico in grado di nascere e prolificare tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento e che segnò inevitabilmente quella magnifica era che fu la Belle Époque. Era in cui gli uomini credevano lontani gli orrori della guerra e per questo si davano al godimento della vita in ogni suo aspetto, da quello più raffinato a quello più godereccio.
Uno studio monografico come quello ivi presentato, quindi, serve a rimettere in luce artisti che sono stati in grado di rappresentare a pieno lo spirito della propria epoca e della propria terra. Nulla, però, è eterno e infatti «a questo momento entusiasmante, caratterizzato da prosperità imprenditoriale, da ricchezza artistico-architettonica e positive dinamiche sociali e culturali si passò ad un ridimensionamento delle prospettive negli anni successivi alla Grande Guerra».
Negli anni Venti, in Sicilia come altrove, alle vecchie classi sociali di aristocratici e proprietari terrieri si andarono ad affiancare nuovi elementi quali la piccola e media borghesia.
L’autore apre questo saggio con le note biografiche di Girolamo Manetti Cusa per aiutare il lettore a meglio comprenderne la figura e a contestualizzarlo. L’architetto nacque, infatti, a Palermo nel 1883 dal barone Salvatore Cusa-Amari e da Agata Camilla Manetti Orsini. Veniamo inoltre informati che «l’ambiente familiare in cui si formò il giovane Manetti Cusa fu senz’altro culturalmente stimolante sotto la guida del padre Salvatore, noto arabista e professore di Paleografia presso la Regia Università di Palermo, fondatore dell’Archivio di Stato a Palermo e che nel 1873, con Isidoro Carini e Raffaele Starrabba, diede inizio alla realizzazione dell’Archivio Storico siciliano». In tale contesto era inevitabile che il giovane artista facesse comprendere ben presto le sue reali capacità all’interno della società in cui era immerso.

Una vita dedicata al bello
Come si può vedere scorrendo le pagine di questo saggio, la vita di Girolamo Manetti Cusa fu una vera e propria raccolta di successi e avvenimenti importanti, immerso in una società facilmente identificabile. Dopo la Prima guerra mondiale, infatti, la cultura architettonica di Palermo iniziò a vivere un certo declino, mentre in precedenza era riuscita a farsi espressione di un Modernismo di stampo internazionale. Di conseguenza «occorreva quindi riannodare i fili di una nuova storia, un mutato punto di vista, sostanzialmente difforme da quello che aveva caratterizzato tutta l’esperienza modernista. Era necessario, per progredire, comprendere l’utilizzo delle nuove tecnologie e guardare la realtà della nuova condizione umana». In tutto ciò Manetti Cusa si erse come nuovo interprete della novella corrente artistica che stava per sorgere nell’ambiente siciliano.
Vi fu comunque un processo evolutivo in tale artista che dovette rapportarsi contemporaneamente con più elementi e Manetti Cusa tentò di dare un risposta a tutte le parti in campo attraverso l’istituzione della Società “Parva Domus” e di altre iniziative come la Società Cooperativa “La Vittoria”. Sia la vecchia borghesia che la nuova aspiravano, infatti, ad abitazioni degne del loro stato che rimarcassero in maniera significativa il loro tenore di vita. Si avviò così a un inizio di carriera relativo alla progettazione e alla realizzazione di costruzioni residenziali.
L’autore del saggio critico in questione non solo ci accompagna, con una scrittura chiara e comprensibile, attraverso la vita dell’artista, ma ci mostra anche quanto ha costruito nella sua carriera, grazie alle fotografie e disegni storici. Le descrizioni biografiche si amalgamano a quelle artistiche e tecniche per dare un quadro completo al lettore che si avvicina a questo personaggio.

L’architettura come espressione di sé
Il catalogo presenta molti dei progetti che vennero assegnati nel corso dei decenni al maestro siciliano. Tra le opere da lui progettate e/o realizzate troviamo Palazzo della Cooperativa “La Vittoria”, Cottage dalla Società belga “Les tramwais de Palerme” a Mondello, Palazzo Manetti Cusa in via Pignatelli Aragona 94, Palazzo in P.za S. Francesco di Paola e davvero molti altri. Anche qui, Girolamo Alagna Cusa accompagna il lettore passo passo nella descrizione di tali edifici, con dovizie di particolari, con fatti storici, il tutto corredato da foto e mappe dell’epoca che arricchiscono in maniera esemplare una monografia che fa del dettaglio il proprio tratto caratteristico.
Manetti Cusa, però, non fu solo un architetto in grado di dare espressione alla cultura vigente della sua epoca. Egli fu anche in grado di stare al passo con i tempi e di prevedere quelli futuri, come ogni uomo di ingegno sa fare, come comprese perfettamente l’importanza che avrebbe rivestito in futuro la tecnologia. Da qui la sua passione per la fotografia attraverso cui lanciò il suo sguardo sul mondo. La sua espressività artistica, dunque, si mostrò nei visi di chi fotografò: i volti femminili, gli ambienti di classe, l’operaio, il contadino, i paesaggi della sua terra, ma anche il paesaggio urbano. Il Novecento, dunque, venne narrato da questo artista sotto varie prospettive. La scelta di utilizzare il mezzo della fotografia per compiere questi intenti risultò indispensabile. Lo strumento è in grado di catturare minuziosamente tutti gli aspetti di cui, di volta in volta, l’autore in questione volle rappresentare. Certamente la produzione di Manetti Cusa donò e, dona tuttora, spunti di riflessione anche sulla forza esercitata dalla fotografia intesa come forma d’arte.
La copiosa Appendice presente nel testo ci permette di ammirare le opere architettoniche e fotografiche del maestro siciliano, mentre la bibliografia finale ci aiuta meglio a comprendere le fonti da cui attinge lo stesso. Un’opera da leggere con cura per conoscere un autore che avrebbe meritato molta più fama di quanto il trascorrere del tempo gli abbia in realtà attribuito.

Rosita Mazzei

(direfarescrivere, anno XVIII, n. 194, marzo 2022)
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