Tra le pubblicazioni dedicate alla settima arte si distinguono, per la cura nella veste grafica e la validità dei contributi, quelle della casa editrice romana Gremese a cui si devono due recenti monografie su Nanni Moretti. Nella prima, intitolata proprio Nanni Moretti (pp. 128, € 20,00), apparsa nella collana I grandi del cinema, Jean A. Gili, firma della rivista francese Positif, si sofferma sulla produzione di questo regista, produttore, nonché talent-scout del cinema italiano. Completano il libro alcune interviste a Moretti, relative ad una serie di incontri avvenuti dal 1986 ad oggi, ed un ricco repertorio iconografico con immagini scattate su vari set dei suoi film o “rubate” alla vita privata di questo protagonista del mondo cinematografico.
Nel saggio Il cinema di Nanni Moretti – Sogni e diari (pp. 192, € 15,00), invece, l’indagine di Ewa Mazierska e Laura Rascaroli, entrambe docenti di Storia del cinema, presso, rispettivamente, l’University of Central Lancashire in Inghilterra ed il Cork University College in Irlanda, ha il pregio di non farsi ingabbiare dall’autoreferenzialità del suo cinema, visto come uno specchio fedele, anche se ironico, del nostro tempo. Ed ecco che il personaggio autobiografico di Moretti, Michele Apicella, viene analizzato alla luce della crisi della famiglia e della mascolinità verificatasi in Italia a partire dagli anni Settanta. Fortemente satiriche, le “tragicommedie” morettiane sottolineano l’importanza sempre maggiore del linguaggio nella politica odierna in quanto anch’esso strumento di potere, come è mostrato nell’ultima fatica del regista, Il caimano, di cui le due autrici discutono nell’interessante Postcritto.
Ettore Scola e la versatilità di Vittorio Gassman
Altro cineasta di rilevanza internazionale, fedele agli ideali di sinistra, è Ettore Scola, indagato da Stefano Masi – esperto di Storia cinematografica, in particolare di Cinema sperimentale –, in un’altra monografia, facente parte della già citata collana, intitolata ancora una volta con il nome dell’artista (pp. 128, € 18,50), che ne segue passo per passo la folgorante carriera. Irpino di nascita, questo intellettuale dal carattere riservato manifestò ben presto un’aperta insofferenza per le commedie all’italiana, di cui riprese solo il carattere sociologico e l’importanza attribuita alla sfera sessuale.
Dopo aver esordito come sceneggiatore negli anni Cinquanta, Scola girò una trentina di film in cui si schierò dalla parte dei perdenti della società del benessere, divertendosi a stravolgere l’immagine codificata delle star da lui utilizzate in ruoli inediti (si veda la coppia Loren-Mastroianni in Una giornata particolare). Nelle pellicole più recenti, Scola ha affrontato il tema dello scontro generazionale (Che ora è, Il romanzo di un giovane povero), ammantando di disillusione la rappresentazione delle utopie libertarie.
Presenza ricorrente nel cinema di Scola è Vittorio Gassman, capace con il suo trasformismo di calarsi nei ruoli più disparati come il personaggio dell’industriale vittima della solitudine in C’eravamo tanto amati. Forte non solo di uno straordinario talento ma anche di questa duttilità, è riuscito a primeggiare, incontrastato, in altri campi, dal cinema, al teatro, alla televisione. Ne sono una testimonianza i numerosi premi e riconoscimenti attribuitigli, a riprova di quella vitalità che nemmeno la depressione, di cui soffrì a più riprese, riuscì ad arrestare. Anzi, proprio per combatterla, Gassman si dedicò alla scrittura, pubblicando racconti, diari e poesie, spesso autobiografiche.
A ripercorrere il lungo viaggio artistico ed umano di questo grande mattatore è Giacomo Gambetti, critico cinematografico nonché amico dello stesso attore, in un saggio, Il teatro e il cinema di Vittorio Gassman (pp. 128, € 20,00), agile e praticamente “esaustivo” al tempo stesso, corredato dalle dichiarazioni dello stesso attore.
Aldo Fabrizi tra cinema e casa, attore e padre
Dalla saggistica si passa alla biografia per celebrare un’altra personalità trascinante, quella di Aldo Fabrizi, raccontato da suo figlio Massimo, musicista. In Aldo Fabrizi, mio padre (pp. 192, € 15,00) scopriamo un’immagine inedita di questo artista dal carattere notoriamente difficile, insofferente ed esuberante.
Le memorie prendono l’avvio dal ritorno di Massimo Fabrizi nella vecchia casa di famiglia dove, tra vecchi sapori ed odori, viene ricostruita la vita trascorsa accanto a questo padre famoso, temuto per il suo carattere dispotico e per l’umorismo pungente che non risparmiava né gli estranei né gli stessi familiari. Incolto per non dire analfabeta, autodidatta, Fabrizi detestava i copioni ed aveva una passione per la scrittura poi confluita in volumi quali La pastasciutta, Nonna minestra e Nonno pane, da lui anche collezionati.
Dalla testimonianza, commossa e sincera al tempo stesso, emergono particolari sulla vita di Fabrizi di dominio pubblico, quali la decisione da parte dell’attore di lasciare la famiglia, negli anni Quaranta, per trasferirsi in albergo. Meno noto il fatto che recitasse con una mano infilata nella tasca per un’ernia non curata. Non mancano poi i riferimenti al calvario da lui vissuto in età avanzata quando, a causa dell’eccessivo aumento di peso e della dipendenza dalle pillole, faceva la spola dal Policlinico “Gemelli” al “Fatebenefratelli”, privo del conforto di una visita da parte dei colleghi, forse intimoriti dalla sua indomita vis verbale.
Tra luci ed ombre, il ritratto veritiero di un maestro del cinema generoso ed onesto, amatissimo dal pubblico come dagli intimi.
Monica Florio
(direfarescrivere, anno III, n. 11, gennaio 2007) |