In questi anni di cronica sfiducia verso i partiti e le istituzioni non sono mancate pubblicazioni di ogni tipo rivolte a descrivere e screditare “la casta” al potere: politici mediocri intenti solo a garantire la loro posizione e il tornaconto personale. Parlamentari pronti a difendere i loro veri e presunti privilegi e ad arroccarsi nelle torri dorate dei palazzi del potere. Visioni come queste, giustificate o meno, hanno rappresentato il substrato culturale di alcune delle forze politiche tutt’oggi al governo, nonché il cuore pulsante di alcune riforme, anche di livello costituzionale. Altrettanto spesso si sono alternate voci, provenienti dagli addetti ai lavori o da chi meglio conosce l’universo della politica romana e delle sue logiche bizantine; voci che confermavano un sospetto più volte aleggiante: per capire chi comanda davvero, per comprendere chi appartiene alla “vera casta”, per individuare i veri depositari del potere bisogna guardare altrove. Io sono il potere. Confessioni di un capo gabinetto (Feltrinelli, pp. 284, € 18,00), è il libro retroscena di un anonimo ma potentissimo “gabinettista”, regista del deep state e di quel confine labilissimo tra politica e amministrazione che rappresenta il palcoscenico del potere autentico.
L’importanza del Capo dello staff
Il Capo di gabinetto è il funzionario alla guida dell’ufficio di diretta collaborazione di un politico, ne rappresenta il vertice dello staff ed è scelto in base a criteri fiduciari. Il capo gabinetto di un ministro è la sua ombra, il suo più fedele collaboratore, il primo a essere interpellato e l’ultimo ad avere la parola. L’anonimo autore di Io sono il potere, supportato dalla penna di Giuseppe Salvaggiuolo, giornalista de La Stampa, è un capo gabinetto di lungo corso della Prima, Seconda e dell’attuale Terza Repubblica e ci svela i meandri più profondi del potere.
Un mondo di grand commis, alti funzionari che quasi sempre provengono dalle solite e altolocate scuderie della Repubblica: il Consiglio di Stato, l’Avvocatura dello Stato, la Corte dei Conti e i Tribunali amministrativi regionali. Una cerchia ristretta di uomini in bilico tra politica e amministrazione, veri e propri maestri nel mantenersi in mezzo a questi due mondi senza mai confonderli o confondersi con essi. È il terreno di caccia e di lotta dei “gabinettisti”, ristretto gruppo di uomini e (ancora troppo poche) donne dal quale vengono selezionate le future ombre del ministro. Funzionari da decenni legati al potere ancor più dei politici che li nominano: questi passano, “trombati” alle elezioni o caduti in bassa fortuna, i veri “gabinettisti” rimangono in gioco, servendo il ministro di turno, spesso di colore politico diverso dal precedente. Io sono il potere segue passo dopo passo la vita di un capo gabinetto, svelandoci le astuzie, le bassezze, i lampi di genio e di tenacia che riempiono le giornate campali a Roma. Ed è proprio la Capitale a essere coprotagonista, sempre sullo sfondo: una città fatta di relazioni e soffiate, sottili equilibri invisibili ai più ma anche logiche ferree; non comprendere e non adeguarsi a esse significa inevitabilmente finire nel dimenticatoio, non venire più selezionati per un incarico fiduciario e uscire dal radar di quelli che contano davvero.
I trucchi del mestiere
Un capo gabinetto deve essere pronto a ogni richiesta del suo ministro, anche la più assurda: anche quella di recuperare il suo cappotto dimenticato in aeroporto. Ma il ruolo non si riduce a questo, è qualcosa di più. Io sono il potere riesce, con un tono irriverente e a tratti corsaresco, a delineare con accuratezza il ruolo del capo dello staff, ricorrendo a una serie di aneddoti e retroscena coinvolgenti e mai banali. Il lettore si trova così con un compendio di scienze politiche applicate, oltre a un bestiario di ottimo livello su tutti gli elementi che compongono la fauna romana, ministeriale e politica. L’anonimo autore ci guida, dalla formazione del governo e dalla scelta degli uomini chiave dello staff del ministro, fino alla ricerca di nuovi e più sicuri appoggi, in vista di un futuro cambio ai vertici.
Non manca una cinica e disincantata descrizione sul procedimento di approvazione delle leggi e degli atti normativi in generale, senza mai scendere nel qualunquismo e nella banalità. Il dietro le quinte funziona e appassiona proprio perché non intende lanciare messaggi moralizzanti o crociate contro la politica e i grandi burocrati. Al contrario: l’autore si compiace del suo ruolo, dell’essere chiamato con deferenza signor Capo di Gabinetto dal personale del ministero; l’anonimo funzionario vuole farci da guida in un mondo sconosciuto ai più ma estremamente vitale e competitivo. Un’arena con regole ben precise e personalità di spicco.
Il lettore viene quindi a conoscenza di figure fondamentali, spesso determinanti, sebbene di rado sotto i riflettori dei mezzi di informazione. Uomini di Stato che tendono quasi a identificarsi con esso. Si tratta del temutissimo Segretario Generale della Presidenza della Repubblica, dei fondamentali Capo Dipartimento per gli Affari Giuridici e Legislativi e il Ragioniere Generale dello Stato, del solerte Capo del Cerimoniale di Stato e di tanti altri ancora. A essi si aggiunge la schiera dei direttori generali dei ministeri, temutissimi dallo stesso capo gabinetto proprio perché a tempo indeterminato, non soggetti all’alternanza dello spoil system e al mutare delle nomine politiche.
Alle pagine più descrittive, atte a presentare al lettore i personaggi e il palcoscenico della quotidianità dei palazzi del potere, si accompagnano interessanti e sfiziosi trucchi del mestiere. L’autore anonimo, evidentemente frequentatore di lungo corso di quegli stessi palazzi, svela le regole taciute e i segreti inconfessati che muovono il vero potere; nel far ciò, quasi sembra divertirsi spiegandoci come è riuscito a far inserire nella legge di bilancio quelle quattro righe fondamentali per il suo ministro o come ci si comporta a un Consiglio dei Ministri (o a un Preconsiglio). O come bisogna comportarsi a un colloquio con sua eminenza Gianni Letta, potentissimo ex Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri dei governi Berlusconi.
La lista è lunga, mai ridondante e sempre in grado di sollecitare la curiosità, a volte anche critica, del lettore.
Un tema da riprendere
Io sono il potere non è certo il primo libro che intende scavare nelle retrovie della politica italiana e delle sue istituzioni, né ha la pretesa di essere unico nel suo genere. Eppure, è in grado di fornire alcune chicche non indifferenti che, anche quando possono apparire non particolarmente originali, stuzzicano il lettore con astuzia. Il merito va anche, e forse soprattutto, allo stile scelto dagli autori: veloce, canzonatorio, volutamente provocatorio. Una raccolta di storielle che spesso gioca a sentirsi House of Cards ma che mantiene una vena tipicamente italiana, romana. Un libro necessario, che rappresenta una piacevole sorpresa in un panorama letterario piuttosto carente sul tema. Eppure, non dovrebbe essere così, anzi. Opere sul potere politico meno di nicchia, ma in grado di coinvolgere l’attenzione di un pubblico più ampio, sono necessarie e possono essere utili. Specie quando poi quello stesso potere dovrà essere correttamente giudicato.
Alessandro Milito
(direfarescrivere, anno XVII, n. 180, gennaio 2021)
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