Nel corso del tempo molte sono state le opere dedicate alla figura di Leonardo da Vinci: inventore, pittore, architetto, botanico e scienziato toscano, è considerato, a pieno titolo, uno dei più grandi geni che l’umanità abbia mai potuto vedere. Fondamentale ricordarne le opere e l’importanza soprattutto ora dato che, nel 2019, si è celebrato un anniversario di una certa importanza: sono trascorsi, infatti, cinquecento anni dalla morte del Maestro.
«Acquista cosa nella tua gioventù che ristori il danno della tua vecchiezza. E se tu intendi la vecchiezza aver per suo cibo la sapienza, adoprati in tal modo in gioventù, che a tal vecchiezza non manchi il nutrimento»: con questa citazione proprio di Leonardo da Vinci, Massimo Gregori Grgič apre il suo romanzo Il mio nome è Leonardo (Edizioni il Ciliegio, pp. 368, €18,00), volume dedicato proprio alla figura del genio rinascimentale, a metà strada tra la realtà e la fantasia.
La vita del Maestro
L’autore ci accompagna con una scrittura elegante e mai banale all’interno della vita del genio toscano: come premette al lettore, per la stesura di questo romanzo si è documentato molto sulla storia di Leonardo perché era importante basarsi su fatti realmente accaduti anche quando la fantasia avrebbe prevalso sulla cronaca. I risultati di questa ricerca sono tangibili e davvero molto apprezzabili. Mediante la narrazione, lo scrittore ci accompagna attraverso la nascita e la crescita, sia umana che artistica, di Leonardo da Vinci.
Tramite le sue parole scopriamo, infatti, che il grande genio era nato da un’avventura tra ser Piero, notaio di un certo calibro con una lunga tradizione familiare alle spalle, e da Caterina Rinucci, una donna di umili origini. Nonostante Leonardo da Vinci fosse nato da una relazione non contrassegnata da un matrimonio, cosa assai grave per l’epoca, il padre decise di riconoscerlo e l’intera famiglia dell’uomo accoglierà ben volentieri il bambino.
Ser Piero, accortosi del talento del figlio per il disegno, decise di recarsi dal maestro Verrocchio, che in quegli anni aveva una delle botteghe più importanti di Firenze, per mostrargli le illustrazioni del ragazzo: saranno decisive per l’accettazione del fanciullo come apprendista. Qui la storia, naturalmente, si intreccia con le abilità narrative di Gregori Grgič: gli studiosi ritengono sia improbabile che Leonardo sia stato preso come apprendista a un’età così precoce, intorno ai dieci o dodici anni come affermano alcuni, ma è vero che Verrocchio lo prese con sé accortosi del suo innato talento e che non fu il solo genio che introdusse nel mondo dell’arte. Tra i suoi allievi si possono difatti contare nomi d’eccezione come Sandro Botticelli, Perugino, Domenico Ghirlandaio (che, nel romanzo, al momento dell’arrivo di Leonardo e di suo padre era in bottega proprio insieme al suo maestro) e Lorenzo di Credi.
L’opera continua spedita nella narrazione della vita di Leonardo da Vinci, alle prese con la famiglia, soprattutto con il padre – troppo freddo e distante per essere affettuoso in maniera genuina con il figlio, “colpevole” di essere nato al di fuori del matrimonio –, le difficoltà del proprio lavoro in bottega, mentre intorno a lui emergono artisti e personaggi che hanno fatto la storia di Firenze e non solo: Lorenzo de’ Medici e Botticelli primi fra tutti.
La storia e l’arte
L’autore, documentatosi degnamente sulla vita e sulle opere del genio toscano, non esclude nessuna delle notizie riguardanti l’esistenza piena e avventurosa di Leonardo da Vinci. Non tralascia nemmeno di narrare le accuse volte contro il maestro scaturite da una denuncia anonima nel 1476, in cui venne accusato di sodomia insieme ad altri quattro suoi amici, due di loro appartenenti alle famiglie patrizie dei Santarelli e dei Tornabuoni, che solo per fortuna non portò a tragiche conseguenze (all’epoca a Firenze si rischiava di essere mandati al rogo se accusati di questi reati). Degne di nota sono anche le passeggiate e i dialoghi che Massimo Gregori Grgič imbastisce tra l’artista e Lorenzo il Magnifico, il quale non può far altro che riconoscere la bravura e la creatività del pittore in questione. A questo proposito la componente pittorica non può essere certamente tralasciata ed ecco come il nostro genio viene descritto mentre spiega ai propri amici e colleghi i motivi delle proprie scelte artistiche e del significato che vuole celare all’interno dei suoi quadri: il tutto affermato attraverso il volgare fiorentino, ennesima riprova dell’attenzione ai dettagli rivolta verso l’opera.
La pittura come la filosofia
«Con debita lamentela si duole che la pittura per essere lei scacciata dal numero delle arti liberali; conciossiaché essa sia vera figliuola della natura, ed operata da più degno segno»: queste le parole pronunciate dallo stesso Leonardo da Vinci all’interno della propria opera Trattato della pittura. Nella società medievale l’artista veniva visto come un artigiano e come tale doveva sottostare alle limitazioni imposte da chi commissionava un determinato lavoro, causando non poche crisi di coscienza nell’animo di chi viveva per l’arte e attraverso essa.
Nel romanzo, infatti, non sono pochi gli artisti che rifiutano di continuare un’opera precedentemente commissionata a causa dei forti ostacoli a cui andavano incontro. Da qui l’esigenza stessa di Leonardo di sganciarsi da questa visione utilitaristica dell’opera pittorica e non solo. L’artista, difatti, riesce a strappare dalle braccia della precarietà quella bellezza che la natura abbandonerebbe nelle mani del tempo assassino e vendicativo.
Un romanzo che ha la voglia di accompagnare il lettore attraverso un’esistenza colma di arte e avvenimenti, dalla progettazione dei primi disegni, alla creazione di grandi opere come La dama con l’ermellino, fino al suo stabilirsi in Francia. Proprio il quadro menzionato ci dimostra ancora una volta come Leonardo da Vinci fosse perfettamente calato nelle vicende storiche del proprio tempo: la donna ritratta è Cecilia Gallerani, un’amante di Ludovico il Moro dopo che quest’ultimo ebbe ricevuto, dal re di Napoli, il titolo onorifico di cavaliere dell’Ordine dell’Ermellino. L’ermellino era difatti simbolo di purezza, ma era anche un’allusione al cognome della giovane donna dato che tradotto in lingua greca risultava come galḗ.
Un romanzo e, allo stesso tempo, un saggio storico che ha il pregio di avvicinare a sé qualsiasi tipo di lettore e di regalare vere e proprie perle culturali su un artista che ha segnato non solo un’epoca, ma l’intera storia d’Italia. Questo libro ci ridà Leonardo da Vinci sotto una nuova veste: egli non fu semplicemente un artista dalle mille sfaccettature, ma anche e soprattutto un essere umano con il proprio bagaglio emotivo da voler condividere con il prossimo.
Rosita Mazzei
(direfarescrivere, anno XVI, n. 170, marzo 2020)
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