Anno XXI, n. 230
aprile 2025
 
La recensione libraria
Grazia, eleganza e spontaneità
in una stella del cinema americano:
l’indimenticabile Audrey Hepburn
Margherita Lamesta Krebel per Tabula Fati
scrive dell’attrice e dei suoi ruoli più iconici
di Maria Chiara Paone
«L’eleganza è la sola bellezza che non sfiorisce mai»; un pensiero che descrive perfettamente la personalità e il naturale charme della donna che lo ha espresso: la celebre Audrey Hepburn.
Una donna che, nonostante una fisicità inusuale per quel mondo dominato da bellezze prorompenti – come quella delle altrettanto famose Marilyn Monroe o Sophia Loren – è riuscita a trovare la propria strada e a conquistare il mondo grazie alle sue magistrali interpretazioni che l’hanno consacrata come una delle più grandi attrici del grande cinema.
È di questo e di molto altro che si occupa Margherita Lamesta Krebel nel suo Audrey Hepburn. Immagini di un’attrice (Tabula Fati, pp. 140, € 12,00).

L’attrice e i suoi ruoli
Nel saggio si ripercorre la carriera attoriale della Hepburn, secondo precise parole chiave riprese nei titoli dei capitoli: una catena di eventi (e di film) che, nonostante tengano in considerazione una linea cronologica, sembrano sempre far parte della profonda essenza dell’attrice e dei suoi personaggi, come se fosse permeata da un eterno ciclo di cambiamenti.
Innanzitutto l’innocenza, presente di primo acchito nel suo viso da donna-bambina e che le è valsa la definizione di anti-diva che – come ci tiene a ricordare l’autrice – «rivoluzionò lo star-system e il sex appeal degli anni Cinquanta», grazie a ruoli come quello della principessa Anna in Vacanze romane, che le fece ricevere il premio Oscar. Tuttavia l’innocenza non è sinonimo di ingenuità o almeno non completamente, ma è sapientemente miscelata con una leggera malizia che viene meno quando tornano a far leva le insicurezze della giovane ragazza.
Ma la favola di Cenerentola, classica o a parti invertite che fosse, non poteva durare in eterno.
Così si arriva alla metamorfosi dell’eroina-attrice, un passaggio presente anche nei film precedenti di cui si può trovare l’apice nel personaggio di Eliza Doolittle in My fair lady e la celeberrima Holly Golightly di Colazione da Tiffany, spartiacque della sua carriera cinematografica. Infine si giunge alla maturità, sempre ambivalente, nei quali si trovano ruoli di un determinato spessore e adatti alla sua età, come in Vita di una monaca e Gli occhi della notte, film in cui, come sottolinea la Krebel, «è la performance dell’attrice a tenere insieme la pellicola».

Modella per caso
Un capitolo a parte – anche se qui in posizione centrale per il suo stretto legame con il cinema – è quello dedicato alla moda, amatissima dalla Hepburn, che si trovò a collaborare con molti costumisti. Ma ciò che più si ricorda di questo particolare aspetto della sua vita è il sodalizio con Givenchy, che ha saputo aiutarla a trovare la sua naturalezza anche nello schermo. Infatti, per utilizzare le parole dell’autrice, «il segreto di Audrey stava nel fatto che le piaceva ciò che indossava» determinando così in maniera autentica la sua personalità».

Gli omaggi
Di grande pregio e originalità sono le Appendici, che guidano il lettore attraverso altre dimensioni: una visione più personale e umana della donna dietro al mito, mediante l’intervista al professor Andrea Dotti, il secondo marito di Audrey Hepburn, grazie al quale, inoltre, si sono ricevute delle informazioni inedite sullo svolgimento di alcune produzioni cinematografiche; e l’influenza che ha avuto come icona pop nei modi più inaspettati, come dimostra il dialogo che l’autrice ha avuto con Giancarlo Berardi, fumettista italiano che vent’anni fa, ideando la serie Julia – Le avventure di una criminologa, decise di utilizzare come modello per le fattezze della sua protagonista proprio la celebre attrice.
Inoltre il testo è corredato di illustrazioni in bianco in nero che mostrano la Hepburn alle prese con i suoi innumerevoli personaggi e lo fa in modo meravigliosamente realistico; lavori realizzati appositamente per quest’opera da Valerio Piccioni, disegnatore ufficiale sia di Julia che di Dylan Dog.

Lo stile
La materia trattata è certamente molto vasta, ma l’autrice riesce con successo a non disperdersi, grazie a descrizioni molto particolareggiate ma concise e creando così dei collegamenti chiari e condivisi dall’intero universo-libro, proiettore di quello cinematografico che va a narrare.
Non si può fare a meno di notare l’immensa cultura professionale dell’autrice – che, oltre ad essere una giornalista, si è misurata nella scrittura di sceneggiature per il cinema – unita alla semplicità con cui si esprime, rendendo il suo lavoro adatto ad avvicinare sia un gruppo di neofiti “addetti ai lavori” sia, perché no, semplici appassionati della thin girl. Un personaggio sicuramente colmo di sfaccettature e che ancora oggi viene riconosciuto come icona e modello non solo nel mondo dello spettacolo ma come ispirazione per ogni ragazza che vorrà, tramite il suo esempio, emergere come giovane donna.

Maria Chiara Paone

(direfarescrivere, anno XIV, n.147, aprile 2018)
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