È il 2008 quando Rachel, una ragazzina kosovara, rapita con l’inganno da una famiglia rom, viene irrimediabilmente ridotta in schiavitù. In realtà non si tratta di un incidente, ma della decisione imposta al padre della giovane, costretto a “vendere” la figlia allo scopo di aiutare la propria famiglia, caduta in ristrettezze economiche. Rachel accetta pertanto di partire con alcuni conoscenti alla volta dell’Italia, con la promessa di un lavoro in cambio di soldi che serviranno per le cure mediche di un fratellino gravemente ammalato. Da qui comincia per lei un viaggio allucinante caratterizzato da violenze, sopraffazioni e brutalità.
Il fiore dei gitani è l’ultimo testo di Nicolò Angileri (Città del Sole Edizioni, pp. 176, €12,00), basato su una vicenda realmente accaduta a Bagheria Palermo.
Nicolò Angileri: il poliziotto-scrittore
Forse è bene partire dall’autore, che non è uno scrittore di professione ma un poliziotto che presta servizio presso la sezione specializzata in danno ai minori della Squadra mobile di Palermo. Abbiamo avuto modo di conoscere Angileri durante la presentazione di questo libro al Comune di Cinisi, presso il Palazzo dei Benedettini, e di capire, dopo un breve colloquio, che il suo lavoro ha fortemente influenzato la sua scrittura ed è soprattutto uno degli stimoli che ha motivato le scelte dei suoi racconti.
Non è la prima volta che l’attenzione dell’autore è rivolta a raccontare storie di violenza e abusi su minori, e certamente le sue esperienze professionali e umane sono state fonte di ispirazione.
La necessità di cogliere gli aspetti sociali predominanti
L’intenzione di chi scrive è qui di evidenziare quanto sia importante ancora oggi cogliere certe urgenze della società per trasmetterle con determinazione e semplicità disarmante, così come fa Angileri con la sua scrittura.
Lo stile del testo è scorrevole, diretto e asciutto. Ci si aspetterebbe, data la materia trattata, maggiore spazio a giudizi negativi nei confronti degli aguzzini; ma emerge nettamente in Angileri più il bisogno di sottolineare gli aspetti sociali della questione che l’interesse a dilungarsi in valutazioni riguardanti i violentatori. L’autore, così, non si sofferma nella descrizione delle scene scabrose che vengono invece descritte con sobrio distacco.
Il lettore è sicuramente trascinato dall’evolversi dei fatti e il pathos è talmente forte da scatenare una grande curiosità per quanto riguarda la risoluzione della vicenda che, fortunatamente, volgerà al lieto fine. Anche la conclusione della storia vede protagonisti i buoni sentimenti, a partire dall’impegno della casa famiglia che accoglie e tutela Rachel seguendo con sollecitudine le sue sorti fino al rientro a casa, in Kosovo.
Testimonianza di un impegno sociale e civile
Il libro ha una cifra essenziale ed è certamente testimonianza di un impegno sociale e professionale da apprezzare, soprattutto nella nostra contemporaneità, in cui i princìpi di solidarietà, uguaglianza e democrazia che costituiscono le fondamenta di un popolo civile sembrano, purtroppo, clamorosamente messi in discussione.
L’autore pone in netta contrapposizione i sentimenti negativi da una parte e le istanze costruttive di chi opera con coscienza e sensibilità dall’altra, ma il suo sguardo è più rivolto alle energie positive che fanno la differenza nella nostra società.
Il libro, nonostante non abbia velleità intellettualistiche, ha il merito di entrare nel cuore del lettore e contribuisce a fare acquisire maggiore coscienza e consapevolezza su argomenti considerati banalmente scontati e nei confronti dei quali, nell’immaginario collettivo, si ha una certa resistenza, per non dire intolleranza.
Altro input da cogliere tra le righe è un invito a superare le barriere della diffidenza e della paura per la diversità che, per quanto siano stati d’animo istintivi soprattutto in assenza di conoscenza, a lungo andare rischiano di incancrenirsi e provocare situazioni esplosive.
Angileri manifesta in ogni pagina coinvolgimento emotivo mentre, al contempo, dalla scrittura emerge chiaramente la sua partecipazione civile nell’ambito della collettività. Ciò, insieme al senso del dovere e ai principi di libertà che il libro trasmette, costituisce il valore aggiunto a Il fiore dei gitani .
Maria Antonietta Mangiapane
(direfarescrivere, anno XIII, n. 133, febbraio 2017)
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